censura

La censura è lo strumento attraverso il quale i detentori del potere – nelle sue varie possibili configurazioni – tentano di controllare sistematicamente la comunicazione di informazioni e idee all’interno di una collettività di persone, vincolandone così il comportamento a determinate regole (i “censori” erano nell’antica Roma i magistrati incaricati di vigilare sui costumi). Scopo della censura è impedire che vengano diffuse opinioni di qualunque natura che, a giudizio delle autorità in campo politico, religioso, morale, artistico e scientifico, possano mettere in dubbio le convenzioni su cui si basa un equilibrio stabilito. La censura si presenta quindi ovunque come un elemento di stabilità nella convivenza. Nelle società in cui prevale la comunicazione orale la censura si esercita attraverso l’espulsione fisica del colpevole. Nelle società più evolute, invece, la censura colpisce di norma le forme di comunicazione scritta e le rappresentazioni pittoriche (e, nel nostro secolo, filmiche) in quanto manufatti. Solo in subordine, e nei regimi fortemente autoritari, l’autore stesso viene colpito con la detenzione, l’espulsione o la soppressione fisica. L’invenzione della stampa a caratteri mobili intorno alla metà del XV secolo moltiplicò le opportunità di comunicazione e quindi di formulazione di opinioni non convenzionali. Ciò indusse i due poteri fondamentali dell’Europa moderna, lo stato e la chiesa, a organizzare forme di censura preventiva sulla stampa. Particolarmente efficace fu la collaborazione tra le monarchie assolute e la chiesa cattolica uscita rafforzata dalla Controriforma. Tra la metà del XVI e la metà del XVIII secolo, la censura sugli scritti politici e religiosi fu sistematica nei paesi cattolici e il rispetto dell’Indice dei libri proibiti (emanato dalla chiesa cattolica nel 1564, e rivisto e aggiornato fino alla sua abolizione nel 1966) influì profondamente sull’evoluzione della cultura europea. Fu un’eccezione l’Inghilterra, dove a partire dal 1695 la censura preventiva scomparve lasciando il posto a un’ampia libertà di stampa. Molto ampio fu anche il regime di libertà di stampa nelle Province Unite nell’età moderna. Le rivoluzioni americana e francese abolirono la censura in quanto contraria al diritto imprescrittibile dell’uomo di esprimere liberamente le proprie opinioni. Il XIX secolo vide però un ritorno al principio e alle pratiche della censura, che fu applicata in modo assai oppressivo in particolare per impedire la diffusione di idee democratiche e rivoluzionarie e per controllare l’evoluzione della moralità pubblica. Nel XX secolo il rifiuto della censura è diventato patrimonio di ogni concezione liberale e tollerante della vita politica e intellettuale e ha spinto a mettere in discussione e riformare il controllo statale sulla comunicazione. La censura sistematica, volta alla repressione totale della trasmissione e della discussione di idee e conoscenze non conformi all’ideologia dominante, è stata praticata in forme totalizzanti dai regimi fascisti, nazisti e comunisti, grazie all’impiego di un’ampia burocrazia statale specializzata. Un’eccezione alla libertà di stampa è costituita, anche nei paesi liberali, dalla censura di guerra, attraverso la quale il potere militare e politico intende impedire la circolazione di informazioni e opinioni che possono mettere in pericolo il successo dello sforzo bellico: praticata severamente durante le due guerre mondiali, la censura di guerra è stata in parte superata dall’affermarsi dei più recenti sistemi di trasmissione. [Edoardo Tortarolo]