carboneria

Società segreta operante in Italia e nell’Europa latina durante l’età della Restaurazione, con intenti liberali e patriottici (società segrete). Sulle sue origini sono state avanzate diverse ipotesi: secondo alcuni deriverebbe dalla “charbonnerie” settecentesca della Franca Contea, una società di mutuo soccorso di militari; secondo altri sarebbe nata da una scissione della massoneria; per altri ancora sarebbe stata voluta dai Borbone di Napoli e dagli inglesi in funzione antinapoleonica. È certo che, diffusasi nell’esercito napoletano sotto il regno di Giuseppe Bonaparte e di Gioacchino Murat, ebbe carattere antinapoleonico, con tendenze patriottiche e repubblicane. Fu perseguitata da Gioacchino Murat nel 1813, in Calabria e negli Abruzzi. Nel regno delle Due Sicilie, dove raggiunse il massimo della diffusione, recepì e organizzò il malcontento sociale nei confronti del governo borbonico, il cui immobilismo e protezionismo aveva paralizzato le attività della borghesia. Motivi di malcontento avevano anche le altre classi sociali e in particolare i nobili, da poco costretti a pagare l’imposta fondiaria, e il basso clero, ridotto in condizioni di povertà. La carboneria indirizzò la protesta verso la richiesta di un sistema politico costituzionale e di una politica economica liberista, vantaggiosa per lo sviluppo della borghesia commerciale. Non era chiara la scelta tra monarchia, repubblica e tra stato federale, secondo le richieste dei siciliani, e unitario, come generalmente preferivano i napoletani. Un limite dell’associazione era la totale estraneità ai problemi delle classi popolari urbane e, soprattutto, rurali. La sua base sociale era costituita dagli ufficiali dell’esercito, dalla piccola e media borghesia amministrativa e intellettuale e dagli studenti. Furono carbonari alcuni dei protagonisti della politica e della cultura italiana della prima metà del XIX secolo, come Silvio Pellico, Giovanni Berchet, Santorre di Santarosa, Gian Domenico Romagnosi, Federico Confalonieri, Guglielmo Pepe, Ciro Menotti e Giuseppe Mazzini. Come ogni società segreta, la carboneria aveva un rituale di iniziazione che comprendeva varie prove, un interrogatorio e un giuramento. Aveva inoltre segni di riconoscimento, un proprio gergo, un sistema rituale e una simbologia. Alla carboneria, inoltre, erano ammesse le donne, chiamate “giardiniere”, impiegate come messaggere perché meno controllate dalla polizia. La carboneria si proponeva di abbattere l’assolutismo (“liberare la foresta dal lupo”), mediante l’attività dei “buoni cugini”, suddivisi in 9 livelli gerarchici e organizzati in “vendite”, “monti”, “dipartimenti” e “province”, che pianificavano nel territorio gli interventi dell’associazione. Al vertice supremo vi era l’“Alta e Potentissima Assemblea”, da cui dipendevano le “assemblee provinciali” e i gradi inferiori dell’organizzazione, rigorosamente gerarchizzata. Oltre che nel regno delle Due Sicilie, ebbe diffusione nello stato pontificio, nel regno di Sardegna e negli altri paesi dell’Europa latina. Le singole carbonerie erano autonome e avevano programmi differenti a seconda delle realtà locali, anche se condividevano alcuni obiettivi comuni, come la libertà e l’indipendenza dei popoli. Molte società segrete, come gli adelfi piemontesi, erano sette carbonare che si mascheravano sotto altro nome per depistare la polizia, la quale, a sua volta, istituì proprie società segrete anticarbonare, come i calderari. Dopo alcune insurrezioni di minor importanza (tra cui quella di Macerata nel 1817), la carboneria organizzò i moti costituzionali del regno delle Due Sicilie (1820) e del regno di Sardegna (1821), entrambi falliti. Fallirono anche un tentativo di insurrezione nel Cilento nel 1828 e i moti del 1831 in Italia centrale. Tali fallimenti produssero una crisi profonda dopo il 1831. Giuseppe Mazzini, ex carbonaro, colse i limiti dell’associazione nelle incertezze dei programmi, nella debolezza organizzativa e in errori tattici e strategici che cercò di eliminare dando vita nel 1831 alla Giovine Italia. Dopo il 1830 la carboneria, riformata da Filippo Buonarroti che le diede programmi democratici ed egualitari, spostò il proprio centro operativo a Parigi. In declino già da alcuni anni, la carboneria ebbe ancora un ruolo, sebbene marginale, nelle rivoluzioni del 1848, per poi tramontare del tutto.