Canada

Stato attuale dell’America settentrionale.

  1. Dalle origini alla fine della colonizzazione francese
  2. La conquista e l’organizzazione del paese sotto il dominio inglese fino al 1867
  3. La costituzione in dominion
  4. La prima guerra mondiale e il dopoguerra
  5. La seconda guerra mondiale
  6. Il secondo dopoguerra
  7. Il Canada del secondo millennio
1. Dalle origini alla fine della colonizzazione francese

Prima dell’arrivo e dell’insediamento degli europei il territorio corrispondente all’attuale Canada fu abitato, nella zona settentrionale, da gruppi di indigeni di origine asiatica, gli eschimesi, distribuiti in piccoli gruppi di cacciatori e pescatori. Accanto a essi, lungo la fascia costiera occidentale, vi erano tribù appartenenti a famiglie linguistiche diverse, generalmente indicate con il nome di indiani del Salmone. Alle famiglie linguistiche degli algonchini e degli athabaska appartenevano invece i gruppi di indigeni stanziati rispettivamente a est e a ovest della baia di Hudson. Le zone costiere nordorientali furono raggiunte dai vichinghi norvegesi già intorno al Mille, tuttavia solo tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo i viaggi di esplorazione compiuti da Giovanni e Sebastiano Caboto e dal portoghese G. Corte-Réal, cui seguirono i primi tentativi di penetrazione verso l’interno da parte di Giovanni da Verrazzano e di J. Cartier, diedero agli europei la coscienza dell’esistenza di questa parte del Nuovo Mondo. Furono i francesi a iniziare l’esplorazione e la colonizzazione di alcune zone del Canada (allora denominato Nuova Francia) anche se gli insediamenti risultarono frutto di un processo lungo e disomogeneo: alla presa di possesso, nel 1541, di vaste aree del Labrador e del bacino del fiume San Lorenzo da parte di J. Cartier per conto del re di Francia, seguì solo nel 1600 la formazione del primo insediamento permanente a Tadoussac. Nel 1604 e nel 1608 Samuel de Champlain fondò, rispettivamente, Port Royal e Québec. Iniziò allora anche il processo di cristianizzazione delle popolazioni native, affidato soprattutto ai gesuiti. L’opera di colonizzazione francese, spesso attuata in aperto contrasto con gli inglesi che occuparono Québec nel 1629, si espresse pienamente nel corso del XVII secolo: nel 1627 il cardinale Richelieu fondò la Compagnia della Nuova Francia, e nel 1663 J.-B. Colbert trasformò la Nuova Francia in una vera e propria provincia francese. Tuttavia, nonostante gli sforzi del governo, la presenza di coloni francesi in territorio canadese rimase pur sempre un fenomeno piuttosto limitato e poco consistente. Presto si delinearono anche gravi tensioni tra i coloni francesi dell’area canadese e quelli inglesi della Nuova Inghilterra, riflesso di quella rivalità fra le due madrepatrie che si sarebbe poi risolta con la totale sconfitta francese. Se già la pace di Utrecht (1713) costrinse la Francia a cedere agli inglesi l’isola di Terranova, la Baia di Hudson e la Nuova Scozia, le vicende della guerra dei Sette anni (1756-63) portarono infatti alla completa cessione del Canada all’Inghilterra, definitivamente sancita dalla pace di Parigi del 1763.

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2. La conquista e l’organizzazione del paese sotto il dominio inglese fino al 1867

Dopo la fase della conquista militare (1760-64), gli inglesi procedettero alla riorganizzazione politico-amministrativa del paese, introducendo un’assemblea generale e corti giudiziarie sul modello della madrepatria. Seguì, nel 1774, l’approvazione del Québec Act, che significativamente riconosceva agli abitanti della colonia, ancora a maggioranza francofona, la libertà di professare la religione cattolica e, pur adottando il diritto penale inglese, lasciava in vigore le leggi civili francesi. Il Canada veniva a costituire un’unica provincia, denominata Québec, a capo della quale venne posto un governatore di nomina regia coadiuvato da un consiglio di una ventina di membri. Garantita così la coesistenza degli elementi cattolici di origine francese con quelli protestanti anglosassoni, l’Inghilterra ottenne la fedeltà del Canada durante la guerra d’indipendenza americana. In questa fase il paese vide inoltre un consistente afflusso di popolazione anglofona: significativo fu soprattutto l’insediamento di esuli lealisti, rimasti fedeli alla corona inglese dopo la proclamazione dell’indipendenza delle colonie americane e favoriti ora in terra canadese da una legislazione che li incoraggiava a stabilirsi nelle aree più settentrionali. Il mutato rapporto fra la componente francofona e anglofona della popolazione venne sancito dal Canada Act del 1791, con cui si suddivideva il nucleo principale del territorio in Canada inferiore o Basso Canada (Québec), a maggioranza francese, e Canada superiore o Alto Canada (Ontario), con popolazione per lo più inglese, posti ripettivamente a est e ovest del fiume Ottawa. Accanto a queste due province vi erano poi quelle della Nuova Scozia, dell’isola Principe Edoardo, del New Brunswick e di Cap Breton. Anche l’assetto politico subì un radicale mutamento: in ognuna delle province il potere esecutivo venne affidato a un governatore e a un consiglio esecutivo, mentre la funzione legislativa fu affidata a un consiglio legislativo o Camera Alta (anch’esso di nomina regia come gli organi del potere esecutivo) e a un’assemblea rappresentativa o Camera Bassa eletta a suffragio quasi universale. Proseguiva frattanto, per opera soprattutto di sir A. Mackenzie, l’esplorazione delle zone nordoccidentali del paese. Respinto nel 1813 a Chateauguay il tentativo di invasione delle forze americane durante la guerra angloamericana (1812-14), non tardarono però a manifestarsi contrasti fra l’Alto e il Basso Canada, divisi dalla componente linguistica e religiosa e da diversi interessi economici; ma incominciò a delinearsi anche una certa comune aspirazione nazionale nei confronti dell’Inghilterra. Nel 1837 scoppiò l’aperta ribellione dell’elemento francofono nel Basso Canada e, in misura minore, fu investito da disordini anche l’Alto Canada. Emersero in questa fase le figure di L. Papineau e di W.L. Mackenzie, leader, rispettivamente, dei ribelli francofoni del Basso Canada e anglofoni dell’Alto Canada, la cui principale richiesta era quella della creazione di un governo canadese dotato di larga autonomia. Nel 1838 la costituzione venne sospesa e fu instaurato un regime militare sotto il controllo dell’alto commissario J. Durham, le cui soluzioni di politica coloniale avrebbero avuto in seguito grande influenza sino alla creazione del dominion. Nel 1840 venne approvato il Reunion Act, che entrò in vigore l’anno seguente e prevedeva l’unificazione delle due principali province (Ontario e Québec) sul piano legislativo ed esecutivo, nonché la penalizzazione dell’elemento francese, la cui lingua non era più riconosciuta come ufficiale e che si vedeva meno rappresentato nella camera elettiva. Nel 1848 però sia il Canada Unito sia la provincia della Nuova Scozia ottennero dal governatore inglese Elgin il riconoscimento del principio della responsabilità ministeriale (l’esecutivo diveniva così responsabile verso l’assemblea elettiva della rispettiva provincia), e il loro esempio fu poi seguito dalla provincia del New Brunswick e dall’isola del Principe Edoardo; al tempo stesso vennero revocate le misure che penalizzavano l’elemento francofono. Si poté quindi giungere, nel 1864, all’elaborazione di un progetto di federazione canadese.

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3. La costituzione in dominion

Nel marzo 1867 il governo inglese emanò il British North America Act, con il quale si riconosceva la struttura federale dello stato sorto dall’unificazione delle quattro province dell’Ontario, del Québec, del New Brunswick e della Nuova Scozia. Entrato in vigore il 1° luglio 1867, esso stabiliva che il governo centrale e il parlamento, le cui competenze riguardavano le questioni di interesse generale, avevano sede a Ottawa, ma alle diverse province veniva riconosciuta larga autonomia. Si costituiva così il Dominion of Canada, in cui il potere esecutivo veniva affidato alla regina, rappresentata dal governatore generale e dal Consiglio privato; il potere legislativo era invece affidato al parlamento, costituito dal Senato – i cui membri erano nominati a vita – e dalla Camera dei Comuni, i cui rappresentanti erano eletti ogni cinque anni. Seguì un periodo di grande espansione territoriale, con l’acquisto da parte del governo centrale dei territori della Compagnia della Baia di Hudson (che andarono a costituire la provincia di Manitoba nel 1870) e con l’aggregazione della Colombia britannica (1871), dell’Isola del Principe Edoardo (1873), dell’Alberta e del Saskatchewan (1905), e più tardi di Terranova (1949). Proseguiva quindi quell’avanzata degli europei verso le zone occidentali che relegò gli indiani e i meticci nell’area delle Montagne Rocciose e che provocò le rivolte del 1869 e del 1884-85, capeggiate da L. Riel. Negli anni compresi fra il 1867 e la prima guerra mondiale fu importante anche lo sviluppo economico del paese, a sua volta favorito dal miglioramento delle comunicazioni: questo fu rilevante soprattutto nel campo delle ferrovie, come è testimoniato in primo luogo dalla presenza sul suolo canadese della più lunga linea ferroviaria del mondo, la transcontinentale “Canadian Pacific Railway” da Montréal a Vancouver, ultimata nel 1887. In ambito politico invece si affermò il bipartitismo tipico dei regimi anglosassoni, imperniato sull’alternanza fra conservatori e liberali: i primi, la cui personalità più influente era quella di J.A. Macdonald, detennero il potere dal 1867 al 1896; i secondi, con sir W. Laurier, guidarono il paese dal 1896 al 1911, in una fase di grande espansione. Poi la maggioranza passò nuovamente ai conservatori, guidati da R. Borden.

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4. La prima guerra mondiale e il dopoguerra

Entrato in guerra a fianco del Regno Unito nel 1914, il paese fornì, con la costituzione di un vero e proprio esercito guidato dal generale A. Currie, contingenti che si impegnarono in alcune fra le principali battaglie combattutesi sul fronte occidentale, quali la seconda battaglia di Ypres (1915), quella della Somme (1916), quella di Arras (1918). Contemporaneamente il Canada vide maturare una chiara coscienza nazionale, non disgiunta però da rivendicazioni autonomistiche da parte dell’elemento francofono: l’introduzione della coscrizione obbligatoria nel maggio 1917 provocò infatti disordini in Québec, costringendo il governo alla repressione militare. Le spinte autonomistiche portarono a significativi riconoscimenti quando, nel 1919, il Canada ottenne la possibilità di avere una propria rappresentanza alla conferenza di pace di Versailles; lo stesso avvenne nel 1921 in occasione della conferenza internazionale di Washington per il disarmo. Frattanto il paese poté godere di una congiuntura economica largamente favorevole: l’accresciuta domanda di cereali sul mercato mondiale favorì infatti lo sviluppo agricolo; al tempo stesso si intensificarono la produzione di legname, quella manifatturiera e lo sfruttamento del sottosuolo. Tornati al potere dal 1921 al 1930 i liberali, guidati da W.L. Mackenzie King, poterono quindi ridurre il carico fiscale e favorire l’afflusso di nuove correnti migratorie dall’Europa. Il processo di piena emancipazione dalla madrepatria conobbe poi una tappa decisiva nel 1926 quando, alla conferenza imperiale di Londra, il Canada ottenne, con gli altri dominions, il riconoscimento della piena sovranità (pur nel quadro del Commonwealth), che venne poi ufficialmente formalizzato dallo statuto di Westminster del 1931.

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5. La seconda guerra mondiale

A seguito della crisi mondiale del 1929, le cui ripercussioni si fecero notevolmente sentire nel paese, le elezioni del 1930 videro la sconfitta dei liberali e la guida del governo federale passò al conservatore R. Bennett, che rimase in carica fino al 1935. Dal 1935 al 1948 i liberali ritornarono al potere ancora con W.L. Mackenzie King riprendendo il loro tradizionale orientamento liberoscambista e rinsaldando, negli anni precedenti la seconda guerra mondiale, i legami economici e di difesa con la Gran Bretagna e soprattutto con gli Stati Uniti. Entrato in guerra il 10 settembre 1939 a fianco della Gran Bretagna, il Canada contribuì alla difesa della rotta atlantica e conobbe un considerevole sviluppo dell’aviazione, del settore delle costruzioni navali e dell’esercito. Forte impulso trassero nuovamente dal conflitto l’industria (siderurgica e meccanica in primo luogo) e l’economia canadese nel suo complesso: nel 1945 le esportazioni risultavano quadruplicate rispetto al 1939. Si intensificarono ancora i rapporti di collaborazione militare ed economico-politica con gli Stati Uniti: all’accordo di Hyde Park dell’aprile 1941 fecero seguito, nel 1945, la dichiarazione comune di Canada, Stati Uniti e Gran Bretagna sull’energia atomica. Ancora una volta però si manifestarono, nel corso del conflitto, tensioni fra le due principali componenti della popolazione, e l’elemento francofono si oppose nuovamente all’introduzione della coscrizione obbligatoria.

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6. Il secondo dopoguerra

Nel secondo dopoguerra la scena politica canadese fu dominata dal partito liberale, salvo i brevi intervalli in cui governarono i conservatori con J.G. Diefenbaker (1957-63) e J. Clark (1979-80). Alla guida del partito e del paese si succedettero quindi, L. Saint-Laurent (1948-57), L.B. Pearson (1963-68) e P. Trudeau (1968-84). Dalla fine degli anni Quaranta i ministeri guidati dai liberali realizzarono alcuni obiettivi del welfare state. Nell’immediato dopoguerra il Canada entrò alle Nazioni Unite (1945) e nel Patto Atlantico (1949). Gli anni Sessanta furono caratterizzati dal sorgere di formazioni politiche nuove quali il Crédit social; il Nuovo partito democratico, di ispirazione socialdemocratica e alleato dei liberali in parlamento dal 1963 al 1967; l’Unione nazionalista in Québec, la cui frazione estremistica, il Fronte di liberazione del Québec, ricorse apertamente al terrorismo nel tentativo di realizzare la secessione della regione francofona dalla federazione. Negli anni Settanta il nuovo primo ministro P. Trudeau dovette far fronte alla difficile situazione del Québec, dove il Partito del Québec (PQ) e il suo leader, R. Lévesque, miravano apertamente alla secessione. Affermatosi alle elezioni regionali del 1976, Lévesque introdusse come lingua ufficiale il solo francese e nel maggio 1980 indisse un referendum con il quale si chiedeva agli elettori di pronunciarsi sull’indipendenza politica del Québec. Bocciata dall’elettorato l’ipotesi della secessione, i liberali tornarono al potere dal febbraio 1980, dopo il breve intermezzo del ministero J. Clark (maggio 1979-febbraio 1980). Trudeau, di nuovo alla guida del governo dal febbraio 1980, si impegnò in un profondo sforzo di revisione costituzionale volto a superare il British North America Act del 1867: nell’aprile 1982 venne così promulgata la nuova costituzione canadese, in cui si dichiarava la totale indipendenza del Canada dal parlamento inglese e che conteneva la Charter of Rights, a difesa dei diritti delle minoranze. Nonostante ciò, i rappresentanti del Quebec votarono contro la riforma costituzionale. All’inizio degli anni Ottanta la crisi economica che investì il Canada portò a un calo di consensi per i liberali e Trudeau fu costretto a lasciare nel giugno 1984 la guida del partito e del governo a J.N. Turner. Alle elezioni per la Camera dei Comuni del settembre 1984 i conservatori ottennero una schiacciante maggioranza e il loro leader, M.B. Mulroney, divenne primo ministro: si chiudeva così un ventennio di quasi ininterrotto predominio politico del partito liberale. Anche le elezioni del novembre 1988 confermarono il successo dei conservatori, che poterono contare su una fase positiva per l’economia canadese, favorita dalle misure di privatizzazione, dall’afflusso di capitale straniero (soprattutto statunitense) e dal contenimento della spesa pubblica. Con questo risultato l’elettorato premiava in primo luogo l’intesa con gli Stati Uniti voluta dai conservatori per la completa liberalizzazione, prevista per il 1989, degli scambi commerciali fra i due paesi. Sempre nel 1988 il Québec aderì finalmente, seppure a condizione di venire riconosciuto come “società distinta”, alla Costituzione canadese del 1982: anche questo costituì un successo per i conservatori di Mulroney. Nel gennaio 1990 il paese entrò a far parte dell’OAS (Organizzazione degli Stati Americani). La firma nel 1992 del trattato di libero commercio con gli Stati Uniti e il Messico (NAFTA), che sarebbe entrato in vigore nel 1994, e la crisi economica misero in seria difficoltà il governo, sicché Mulroney diede nel 1993 le dimissioni, venendo sostituito da Kim Campbell, la prima donna divenuta primo ministro. Nelle elezioni del 1993 i conservatori subirono una severa sconfitta. Si giunse alla formazione di un governo presieduto dal liberale québécois Jean Chrétien, che mise un atto una politica di riduzione delle spese e di ridimensionamento degli interventi in materia di assistenza sanitaria e sociale. Il che, unitamente alla diffusa sensazione che Chrétien fosse unilateralmente favorevole alle spinte separatiste del Québec a maggioranza francofona e poco preoccupato della crescita della disoccupazione, ridusse il consenso al governo. Nel 1995 un referendum nel Québec respinse di stretta misura il progetto separatista. Alle elezioni del 1997 i liberali persero una parte dei loro seggi, ma furono ancora in grado di mantenere il potere. Nel 1998 un’importante sentenza della Corte Suprema stabilì che una eventuale secessione del Québec non avrebbe avuto validità se non in seguito a un accordo con il governo federale. Un nuovo Territorio autonomo, il primo a maggioranza indigena, fu costituito nel 1999 col nome Nunavut per consentire al popolo Inuit di autogovernarsi.

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7. Il Canada del secondo millennio

Il Partito liberale rafforzò la sua maggioranza in parlamento con le elezioni anticipate del 2000, riconfermando così, per la terza volta consecutiva, Chrétien alla guida del governo. Nel 2003, dopo aver negato l’appoggio canadese all’invasione dell’Iraq, questi cedette il posto di primo ministro al suo compagno di partito Paul Martin, il quale, nonostante lo scoppio di numerosi scandali finanziari interni alla compagnine di governo, portò i liberali a una nuova affermazione elettorale nel 2004. Nonostante l’estraneità personale di Martin rispetto agli scandali, nel 2005 il suo governo fu sfiduciato e nelle successive elezioni anticipate del 2006 si affermò il partito conservatore guidato da Stephan Harper, che divenne il nuovo primo ministro. Nel settembre del 2008, quest’ultimo sciolse il parlamento e indisse nuove elezioni, che registrarono l’ampia affermazione del partito conservatore.


A differenza degli altri paesi del G8, il Canada riuscì ad affrontare con maggiore successo la crisi globale iniziata nel 2008, soprattutto grazie al proprio rigoroso controllo sul sistema bancario. Nella primavera del 2011 una mozione di sfiducia presentata dal leader liberale Michael Ignatieff determinò la caduta del governo conservatore. Alle elezioni anticipate del maggio successivo, Stephan Harper riuscì tuttavia a riportare i conservatori alla guida del paese.

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