burocrazia e burocratizzazione

Il termine “burocrazia” (dal francese bureau, scrittoio, e, per estensione, ufficio o luogo dove lavorano i funzionari) venne coniato in Francia intorno alla metà del XVIII secolo. Fu utilizzato polemicamente dai circoli fisiocratici (fisiocrazia) per denunciare il peso crescente dei funzionari statali nella vita pubblica e il delinearsi, nella pratica, di una nuova forma di governo, accanto a quelle classiche di monarchia, aristocrazia e democrazia, caratterizzata, appunto, dal governo tramite l’ufficio. In questa accezione chiaramente peggiorativa il termine si diffuse in Europa nella prima metà dell’Ottocento e passò poi nel linguaggio comune, dove divenne sinonimo di rigidità, di formalismo, di immobilismo e, in ultima analisi, di inefficienza. Nello stesso periodo andò delineandosi un’altra concezione, nata all’interno della scuola tedesca di studi giuridici e di scienza dell’amministrazione, secondo la quale la burocrazia, indicata inizialmente con il termine meno compromesso di Bureausystem, stava a indicare una prassi amministrativa basata su criteri di efficienza e di razionalità. Richiamandosi a questa tradizione, Max Weber elaborò, nella sua opera Economia e Società, uscita postuma nel 1922, la prima, e per molti aspetti insuperata, elaborazione sistematica del concetto di burocrazia. Nella definizione weberiana – formulata in termini idealtipici e oggi quasi universalmente accettata – si intende per burocrazia l’apparato amministrativo di ogni grande organizzazione, privata o pubblica, in quanto caratterizzato da una stabile divisione del lavoro tra uffici gerarchicamente ordinati, cui si accede sulla base di conoscenze specialistiche comprovate da un titolo di studio e la cui condotta è regolata da criteri univoci generalmente fissati per iscritto. Nell’amministrazione burocratica il funzionario è personalmente libero e viene assunto mediante un contratto liberamente istituito; esercita la sua autorità nell’ambito delle competenze stabilite secondo regole impersonali e all’interno di una ben definita gerarchia d’ufficio; tiene rigorosamente separata la sfera privata dall’attività d’ufficio che è la sua unica o principale professione e viene retribuita con uno stipendio e con prospettive di carriera. Apparati amministrativi simili, per alcuni aspetti, a quello burocratico si incontrano in epoche e luoghi diversi. Tra gli esempi più significativi si possono ricordare l’Egitto del Nuovo Regno, il tardo impero romano, lo stato bizantino e la Cina a partire dall’unificazione dell’impero. In nessuno di questi casi, però, essi hanno assunto tutte le caratteristiche tipiche della burocrazia, che si sviluppa per la prima volta nell’Europa occidentale, soprattutto in relazione alle esigenze di consolidamento all’interno e di affermazione all’esterno dello stato moderno e quindi del capitalismo. Tale processo si compie in Europa tra il XVI e il XVIII secolo, con tempi e modalità diverse in ciascun paese. Nei grandi stati continentali, la creazione di un moderno apparato burocratico fu in gran parte il risultato della lotta fra i sovrani e la nobiltà, feudale prima e poi anche di toga. Per contrastare le tendenze centrifughe insiste nel sistema feudale e nelle concessioni in beneficio delle funzioni amministrative, i sovrani ricorsero dapprima all’utilizzazione di personale ecclesiastico. In seguito, anche per l’insorgere frequente di conflitti tra lo stato e le autorità ecclesiastiche, il reclutamento avvenne sempre più tra laici addestrati nel diritto e nelle lettere, assunti mediante un contratto col quale si stabilivano prestazioni e compensi. Costoro costituirono il primo corpo di funzionari in senso moderno, che accrebbe col tempo, in concomitanza con l’ampliarsi delle funzioni dello stato, la propria consistenza numerica e il proprio peso nella vita politica e sociale. In Inghilterra, per contro, per condizioni particolari, quali la posizione insulare, la mancanza di un forte esercito permanente e l’esistenza di un vasto ceto di proprietari terrieri colti e di notabili urbani, sopravvisse più a lungo un sistema di self-government a mezzo di notabili: soltanto a partire dalla prima metà dell’Ottocento si ebbero le prime riforme amministrative culminate con l’introduzione del principio del reclutamento dei funzionari in base al merito (1870). Il secolo XX ha conosciuto una forte intensificazione del processo di burocratizzazione che ha investito le istituzioni fondamentali della società sia nei regimi di democrazia liberale sia nei paesi del socialismo reale, dove la burocrazia del partito-stato è diventata la classe dominante, sia infine nei paesi in via di sviluppo. L’universalità di tale processo ha riproposto con forza alcuni interrogativi, già largamente presenti nella pubblicistica politica dell’Ottocento, circa le conseguenze del fenomeno burocratico. Due, soprattutto, i temi dibattuti: quello dell’efficienza dell’amministrazione burocratica e quello della sua compatibilità con i principi democratici, sia all’interno delle organizzazioni sia nei rapporti tra stato e cittadini.