Bulgaria

Stato attuale dell’Europa orientale.

  1. Dalle origini alla conquista ottomana
  2. La dominazione ottomana (1393-1878)
  3. Dalla costituzione del regno di Bulgaria alla seconda guerra mondiale
  4. La repubblica popolare
  5. Il crollo del regime
  6. La Bulgaria dopo il Duemila
1. Dalle origini alla conquista ottomana

Abitato sin dal paleolitico, come testimoniano i resti di Devetaki e della grotta di Bacho-Kiro, il territorio bulgaro fu relativamente popolato a partire dal neolitico (cultura di Karanovo). Nel I secolo d.C. il paese (corrispondente alla Tracia) fu ricompreso nella provincia romana della Mesia. In seguito entrò a far parte dell’impero romano d’Oriente. Intorno al VI secolo vi si insediarono gruppi slavi ai quali si sovrapposero, nel VII secolo, i bulgari, popolazione di origine turca che, sotto la guida del khan (o zar) Asparuch, raggiunse il corso del Danubio e sconfisse l’imperatore Costantino IV Pogonate costringendolo a riconoscerle il possesso del territorio conquistato (679). Nell’VIII secolo si creò quindi uno stato bulgaro indipendente, che nel IX secolo giunse allo scontro diretto con l’impero d’Oriente: guidati dal khan Krum (802-14), i bulgari sconfissero Bisanzio nell’811, conquistarono parte della Tracia e della Macedonia e giunsero ad assediare la stessa Costantinopoli. Nella seconda metà del IX secolo, durante il regno di Boris I (852-89), si convertirono al cristianesimo, ciò che permise loro di realizzare una maggiore coesione con gli slavi, dei quali adottarono la lingua e l’alfabeto cirillico. Durante il regno di Simeone I (893-927), definito il “Carlo Magno bulgaro”, il paese conobbe una fase di sviluppo politico-territoriale e di grande splendore culturale. Simeone I dichiarò guerra all’impero d’Oriente, conquistò Adrianopoli e giunse ad assediare Costantinopoli (897). Alla sua morte ebbe inizio una fase di lotte interne segnate anche dall’affermarsi del bogomilismo, eresia di ispirazione ascetica e improntata a un radicale egualitarismo. Dopo che i serbi riuscirono a riaffermare la propria indipendenza dalla Bulgaria (931), i bizantini, guidati da Giovanni I Zimisce, nel 972 riuscirono a riconquistare molti territori, a eccezione di parte della Bulgaria settentrionale e di quella occidentale. Nel 1014 l’imperatore Basilio II Bulgaroctono sconfisse lo zar bulgaro Samuele Comitopulo (987-1014): la feroce vendetta – l’accecamento di migliaia di soldati bulgari – segnò l’inizio della totale sottomissione della Bulgaria all’impero. Il paese rimase sotto il dominio bizantino sino al 1186 quando, con Pietro e Ivan Asen I, riconquistò la propria indipendenza. Si costituì allora il secondo regno bulgaro (1187-1396) con capitale Tarnovo, che raggiunse il massimo splendore con Ivan Asen II (1218-41). Valendosi dell’aiuto dei boiari e del primate della chiesa ortodossa, il sovrano riuscì a sventare i ripetuti tentativi di conquista da parte bizantina (1222, 1235 e 1236). L’invasione dei tartari del 1240 inaugurò una lunga fase di decadenza e di aspre lotte intestine. Si ebbero allora ripetuti scontri con la Serbia. Dopo che lo zar Ivan Sisman (1317-91) fu sconfitto dai turchi, la Bulgaria entrò a far parte dell’impero ottomano (1393).

Top

2. La dominazione ottomana (1393-1878)

La conquista comportò in un primo tempo alcuni effetti benefici per il paese quali una certa efficienza sul piano dell’amministrazione e una relativa ripresa economica, favorite dal clima di pace e dalla tolleranza mostrata dagli Ottomani (che permisero la sopravvivenza della religione ortodossa pur entro un quadro di generalizzata conversione della popolazione all’islam). Dal XVII secolo si registrò tuttavia un progressivo impoverimento economico e culturale dell’area bulgara, oppressa da un pesante fiscalismo. Gli effetti della Rivoluzione francese diedero avvio, agli inizi del XIX secolo, al risveglio della coscienza nazionale. Dalla seconda metà del XVIII secolo, a seguito dell’aggravarsi della crisi ottomana, iniziarono anche a manifestarsi le mire espansionistiche russe e asburgiche in Bulgaria come in tutta l’area balcanica e, a partire dagli anni Settanta, la Russia si schierò dalla parte dei popoli slavi. Agli inizi del XIX secolo si sviluppò un movimento indipendentistico bulgaro, che organizzò diverse insurrezioni antiturche culminate in quella del 1876, durante la quale l’esercito russo intervenne direttamente in difesa della popolazione bulgara. Ne seguì la guerra russo-turca del 1877, che si concluse con il trattato di Santo Stefano (3 marzo 1878): l’impero ottomano fu costretto ad accettare la creazione della Grande Bulgaria (formata dalla Bulgaria, dalla Macedonia eccetto Salonicco e dalla Tracia eccetto Adrianopoli) come principato formalmente autonomo (in realtà sotto la protezione russa). Il trattato del 13 luglio 1878 scaturito dal congresso di Berlino rese tuttavia impossibile la realizzazione del disegno egemonico russo: privata della Macedonia (che restava sotto il dominio turco) e dei territori vicini a Costantinopoli, la Bulgaria, fortemente ridimensionata sul piano territoriale, fu ancora divisa in un piccolo principato bulgaro meridionale (comprendente la Rumelia orientale) posto sotto la protezione ottomana e un principato settentrionale, cuore della futura Bulgaria, che si diede una costituzione liberale.

Top

3. Dalla costituzione del regno di Bulgaria alla seconda guerra mondiale

Durante il regno del primo sovrano Alessandro I di Battenberg (1879-86) la Rumelia insorse proclamando la sua unione alla Bulgaria. Seguì la guerra serbo-bulgara e la sconfitta dei serbi che si opponevano all’unificazione. L’unione dei due principati della Bulgaria e della Rumelia orientale fu quindi riconosciuta dai paesi occidentali dopo la pace di Bucarest (1886). Il fallimento del tentativo di liberare la Bulgaria dall’ingerenza russa costrinse tuttavia Alessandro I ad abdicare. Il nuovo sovrano Ferdinando I di Sassonia Coburgo-Gotha (1887-1918) cercò di stringere legami con l’impero austroungarico per ottenerne l’appoggio: nel 1908 si giunse così alla proclamazione della totale indipendenza della Bulgaria. Ferdinando I si proclamò allora zar. Dopo le due guerre balcaniche (1912-13), la Bulgaria vide riconosciuto il suo diritto a controllare solo parte della Macedonia e dovette cedere la Dobrugia meridionale alla Romania. La partecipazione alla prima guerra mondiale accanto agli imperi centrali (dal 1915) si risolse per la Bulgaria nella perdita della Macedonia e della Tracia bulgara (spartite fra greci e serbi) e della Dobrugia (passata nuovamente alla Romania), come venne stabilito con la pace di Neuilly (1919). Poco prima il re Ferdinando aveva abdicato a favore del figlio Boris III. Un primo dopoguerra ricco di sconvolgimenti politici – fra cui il tentativo rivoluzionario attuato dal capo del partito dei contadini, Stambolijnski – e la trasformazione del regime in senso dittatoriale da parte di Boris III portarono il paese entro la sfera d’influenza della Germania nazista. Occupato dai tedeschi nel 1940, esso partecipò al conflitto contro la Grecia e la Iugoslavia. Nel 1942, per iniziativa dei comunisti, si costituì il Fronte patriottico, antinazista.

Top

4. La repubblica popolare

Dopo l’invasione sovietica del settembre 1944 si giunse presto all’armistizio. Il trattato di pace del 10 febbraio 1947 stabilì il ritorno della Bulgaria alle frontiere prebelliche. Sin dal 1946, tramite referendum, la Bulgaria si trasformò in una repubblica, divenuta poi, nel 1948, “repubblica popolare”. Alla guida del paese si pose l’ex segretario del Comintern, G. Dimitrov, che grazie alla collaborazione con il presidente iugoslavo Tito operò per la formazione di una federazione comunista balcanica. La rottura fra Tito e Stalin costrinse tuttavia Dimitrov ad abbandonare il progetto federalista e a rassegnare infine le dimissioni nel 1949. Primo ministro divenne allora Cervenkov, stalinista, che soppresse le opposizioni bollandole come titoiste. Fu instaurato un rigido controllo sull’economia (nel 1949 il paese entrò a far parte del Comecon) e, coerentemente con i dettami sovietici, il paese fu indirizzato verso l’industrializzazione forzata e la collettivizzazione delle campagne. Dopo la morte di Stalin (1953) ebbe inizio un cauto processo di destalinizzazione, pur entro il quadro della ribadita fedeltà all’URSS (come dimostrò l’adesione del 1955 al Patto di Varsavia). Dopo la sostituzione di Cervenkov con A. Jugov nel 1956 quest’ultimo, nel 1962, venne a sua volta sostituito da T. Zivkov, che divenne presidente del consiglio continuando anche in seguito a mantenere la carica di segretario generale del Partito comunista. Dopo aver attuato una riforma costituzionale nel 1971, Zivkov assunse la carica di capo dello stato e fu sostituito alla guida del governo da S. Todorov. Il lungo periodo di preminenza politica di Zivkov fu caratterizzato sul piano internazionale dal mantenimento della più assoluta fedeltà all’URSS (tanto che contingenti bulgari parteciparono, nel 1968, all’invasione della Cecoslovacchia) e da rapporti alquanto tesi con la Iugoslavia (con la quale rimaneva aperta la questione macedone). Vennero instaurate relazioni più distese con la Grecia (soprattutto dopo la formazione del governo del socialista G. Papandreu) e con la Turchia. In politica interna il paese mantenne una rigida ortodossia politico-ideologica e non si manifestarono fenomeni di aperto dissenso. Nel 1981 il presidente del consiglio Todorov venne sostituito da G. Filipov. Nel 1984 si accelerò il processo, già iniziato nel secondo dopoguerra, di “bulgarizzazione” forzata della minoranza di origine turca, che provocò la rottura delle relazioni diplomatiche fra la Bulgaria e la Turchia.

Top

5. Il crollo del regime

Nonostante le caute riforme economiche attuate da Zivkov a partire dal 1986 – per fronteggiare la grave crisi economica e per adeguarsi al nuovo corso sovietico – il clima politico interno continuò a essere dominato dalla repressione del dissenso, dall’intolleranza nei confronti delle minoranze (in particolare quella turca) e dal rifiuto di qualsiasi apertura in senso pluralistico. Il 10 novembre 1989 Zivkov fu arrestato dai riformatori del suo partito, appoggiati dall’esercito e dai servizi segreti. Sorsero allora, in un clima convulso, numerosi gruppi politici anticomunisti (i principali entrarono poi nell’Unione delle forze democratiche) e nel gennaio 1990 il Partito comunista perse la funzione di guida del paese, che si avviò così sulla strada del pluripartitismo nel quadro più generale della crisi del comunismo in Europa centro-orientale. Il primo ministro Lukanov, comunista gorbacëviano, pose fine alla politica di discriminazione contro la minoranza turca e avviò una fase di relativa tolleranza, pur in un difficile contesto di ostilità verso i comunisti, di insorgenti nazionalismi e soprattutto di grave crisi economica. Nel 1990 il partito comunista si riorganizzò assumendo il nome di Partito socialista bulgaro. Le elezioni del 1991 videro la vittoria dell’Unione delle Forze Democratiche, ma il nuovo governo non riuscì ad affrontare con successo la gravissima crisi economica, segnata da una elevata inflazione e dalla disoccupazione dilagante, così da determinare la vittoria del Partito socialista nel 1994. Il nuovo governo non fu a sua volta in grado di migliorare la situazione, che anzi peggiorò ulteriormente, provocando una serie di agitazioni nel 1996. Le elezioni presidenziali del 1996 determinarono la vittoria del candidato dell’Unione Peter Stoyanov; e quelle per il Parlamento del 1997 una nuova vittoria della stessa Unione.

Top

6. La Bulgaria dopo il Duemila

Alle politiche del giugno 2001 si affermò un movimento populista guidato da Simeon Sakskoburggotski, re della Bulgaria tra 1943 e 1946 con il nome di Simeone II, che assunse la carica di primo ministro, mentre alle presidenziali del novembre 2001 si affermò Georgi Parvanov, candidato del Partito socialista. Nel 2004 la Bulgaria divenne membro della Nato e nel 2007 entrò ufficialmente a far parte dell’Unione Europea.


Le elezioni legislative del 2005 videro il partito socialista riconfermarsi alla guida del paese. Sergei Stanishev divenne così primo ministro e formò un governo di coalizione con il partito liberal-conservatore di Simeon Sakskoburggotski e il partito della minoranza turca. Nel 2009 il partito socialista fu nettamente sconfitto da un nuovo soggetto politico, Cittadini per lo sviluppo europeo della Bulgaria, il cui leader, l’ex sindaco di Sofia, Bojko Borisov, assunse la carica di nuovo primo ministro.

Top