bulé

Fin dal periodo monarchico il termine designò in Grecia il consiglio dei nobili convocato dal sovrano per consultazione; passò in seguito a indicare la più importante istituzione amministrativa della polis che assisteva, preparava e coordinava il lavoro dell’assemblea dei cittadini. Presente in alcune città dell’antica Grecia sin dalla fase monarchica, in particolare ad Atene, divenne poi, nella polis aristocratica, il Consiglio di Stato, centro del potere politico e contrappeso dell’assemblea. Ne fecero parte cittadini nobili ed eminenti, nonché alti magistrati che, a conclusione del loro incarico, entravano a farne parte e di solito mantenevano poi a vita la funzione di buleuti. Fu dotata di ampie competenze: la funzione probuleutica (formulazione dei decreti preliminari, poi discussi dall’assemblea), la funzione giudiziaria (esame dei casi giudiziari più gravi, quali i reati contro lo stato) e la funzione di controllo amministrativo e finanziario. Tipiche bulé aristocratico-oligarchiche furono la gherusia spartana, l’areopago ateniese e il sinedrio di Massalia. Talora all’interno di questa istituzione si creava un consiglio minore. Le riunioni erano giornaliere e normalmente pubbliche; ai pritani spettava il compito di preparare l’ordine del giorno e di mediare i rapporti fra il consiglio stesso e i cittadini. Con l’evoluzione delle istituzioni politiche verso forme più democratiche, al vecchio consiglio di impianto aristocratico se ne affiancò un secondo, cui spettarono competenze sempre maggiori. Significativi a questo proposito i casi di Chio, dove fin dalla metà del VI secolo a.C. operò un secondo consiglio accanto a quello tradizionalmente legato all’aristocrazia, e soprattutto di Atene, dove Solone introdusse il consiglio dei Quattrocento e Clistene il consiglio dei Cinquecento. Salvo brevi parentesi, l’istituzione sopravvisse fino alla tarda età romana.