bolscevichi e menscevichi

Il termine “bolscevico” deriva dalla parola russa bolsinstvo (maggioranza), quello “menscevico” da mensinstvo (minoranza). Essi entrarono nell’uso a partire dal II congresso del Partito operaio socialdemocratico russo del 1903. Nel corso di questo congresso i menscevichi, guidati da Julij O. Cederbaum, detto Martov, si opposero alla concezione del partito teorizzata da V.I. Lenin nel Che fare? (1902) e considerata dai menscevichi antimarxista, secondo la quale soggetto primario del processo rivoluzionario era il partito guidato dalla sua élite dirigente e non già il proletariato in quanto classe, poiché quest’ultimo non aveva la capacità di pervenire autonomamente alla coscienza socialista. In conseguenza, Lenin voleva che il partito fosse una organizzazione di “rivoluzionari di professione” fortemente centralizzata; laddove Martov auspicava una organizzazione sia di attivisti sia di simpatizzanti. I seguaci di Lenin ottennero su questo problema cruciale la maggioranza e perciò vennero definiti “bolscevichi” (maggioritari) e quelli di Martov “minoritari” (menscevichi). Altro elemento decisivo di divisione era il modo di intendere i compiti della lotta contro lo zarismo. I bolscevichi ritenevano che dopo l’abbattimento dello zarismo sarebbe stato necessario, data l’impotenza storica della borghesia liberale russa, dar vita a una “dittatura democratica”, guidata sì politicamente dalle forze socialiste, ma avente il compito di favorire la modernizzazione capitalistica della Russia, in attesa che maturassero le condizioni della “dittatura del proletariato” e della rivoluzione proletaria anticapitalistica. Dal canto loro i menscevichi erano persuasi della necessità di una fase intermedia fondata sul potere politico della borghesia, guida naturale dello sviluppo capitalistico, sulla democrazia politica e sulle istituzioni parlamentari. I contrasti tra le due correnti emersero nettamente durante la Rivoluzione russa del 1905 e successivamente. Nel 1912 i bolscevichi costituirono di fatto, anche se non ancora formalmente, una propria organizzazione di partito indipendente. La prima guerra mondiale vide i bolscevichi in una posizione di decisa opposizione all’intervento russo, mentre i menscevichi si divisero tra “patriottici” e “internazionalisti”. Caduto lo zarismo nel febbraio del 1917, il menscevismo venne progressivamente travolto dagli eventi. Quando i bolscevichi presero il potere nell’ottobre del 1917 e poi sciolsero con la forza l’Assemblea costituente nel gennaio del 1918, i menscevichi denunciarono la rivoluzione di Lenin come un colpo di stato; quindi i loro più prestigiosi leader presero la via dell’esilio, mentre i menscevichi rimasti in Russia divennero oggetto di repressione. Nel 1918 i bolscevichi denominarono il loro partito Partito comunista (bolscevico).