crociate

Sono così chiamate le spedizioni militari verso la Siria e la Palestina che vari paesi dell’Occidente condussero nei secoli XI-XIII per liberare la Terrasanta dal dominio musulmano.

  1. Il problema
  2. Gli avvenimenti
  3. TABELLA: Le otto crociate
1. Il problema

Nel novembre dell’anno 1095 papa Urbano II lanciò ai prìncipi dell’Occidente l’appello alla crociata: partire in armi verso i luoghi santi caduti nelle mani dei turchi e riguadagnare libertà di accesso per i pellegrini al Sepolcro di Gerusalemme. In realtà le motivazioni ufficiali non spiegano l’avvenimento. Non pare che il pellegrinaggio fosse particolarmente ostacolato dalla presenza turca, né che la richiesta di aiuto da parte di Alessio I Comneno, imperatore di Bisanzio, rispondesse davvero a sollecitazioni di ordine religioso (era invece evidente il desiderio bizantino di coinvolgere forze occidentali nella difesa dell’Asia minore e nel recupero di Antiochia). Molti elementi spingono piuttosto a cercare la motivazione dello slancio crociato non in Oriente, bensì in Occidente, dove esso trovò le sue radici profonde. La stessa scelta della città di Clermont come luogo dell’appello papale salda l’ideale crociato alle vicende della cristianità occidentale. Da Clermont, infatti, partiva uno dei più frequentati percorsi di pellegrinaggio per il santuario di San Giacomo di Compostela, in Galizia. Proporre da quella sede la spedizione oltremarina significava indicare che la violenza poteva essere parte di una fede integralmente vissuta, e che il medesimo sentimento che spingeva i fedeli ad accorrere in Galizia li poteva a buon diritto portare armati in Terrasanta. Come si giunse a ciò? Appare evidente che l’impresa crociata costituì un punto di confluenza delle trasformazioni che, nel secolo XI, toccarono la società e la spiritualità dell’Europa occidentale. Furono fondamentali quattro fattori. Innanzitutto, il generale risveglio dell’Europa successivo all’anno Mille, che costituì lo sfondo strutturale dell’epopea crociata. La fine delle incursioni ungare, musulmane e vichinghe che avevano aggredito l’Occidente nel secolo X creò le condizioni di uno sviluppo immune da attacchi esterni e soprattutto non più ossessionato dall’insicurezza. Alla cessazione di un virtuale stato di assedio si accompagnò un generale addolcimento del clima che favorì l’estensione dei coltivi e i progetti di dissodamento, mentre il tutto fu alimentato da una progressione demografica indubitabile, ancorché fortemente squilibrata da zona a zona. L’Europa riprese a muoversi, e la mobilità coinvolse ogni ceto sociale, dai mercanti ai contadini in cerca di nuove terre, dai pellegrini in marcia verso le grandi reliquie al ceto dei milites, i combattenti di professione, creato dal nuovo assetto dei poteri signorili locali sorto sul disfacimento dell’organizzazione carolingia. Si crearono insomma le premesse di una dilatazione dell’Occidente cristiano alla ricerca di nuovi spazi. Sta qui il secondo fattore. Se il nome di “crociate” designa nella cultura corrente le campagne militari che ebbero come obiettivo le terre di Siria e di Palestina, occorre non dimenticare che esse furono un aspetto particolare di un più generale fenomeno di espansione armata della cattolicità, sì che i secoli XI-XIII furono in genere teatro di molte crociate. La Reconquista delle terre di Spagna fu l’occasione in cui l’Occidente misurò nel modo più ampio, prima delle spedizioni oltremarine, le proprie capacità militari di fronte all’Islam. Si trattò di un processo compiuto solo nel secolo XIII, ma proprio verso la metà del secolo XI esso conobbe la sua fase più significativa, quando da problema iberico la riconquista fu assunta come questione riguardante nel complesso il mondo cristiano: il papato promise protezione e benefici ai cavalieri che fossero accorsi in Spagna, il monachesimo cluniacense si impegnò nei territori recuperati, combattenti e colonizzatori affluirono in gran numero oltre i Pirenei. Fu una missione religiosa, un momento di affermazione delle aristocrazie di tradizione militare, un’operazione economica. Entrarono insomma in campo per la prima volta le tre componenti che innervarono il sogno crociato d’Oriente e che nei secoli XII-XIII guidarono un’altra espansione della cristianità, quella nelle terre slave e baltiche a est dell’Elba fino ai confini dei principati russi: di fatto una colonizzazione condotta con metodi crociati, e non a caso ne furono tra i protagonisti i monaci-cavalieri dell’Ordine teutonico, fondato in Terrasanta. Il sogno crociato ebbe poi un’innegabile dimensione di massa, che ci introduce al terzo fattore esplicativo. L’appello diretto alle armi fu rivolto agli aristocratici e ai prìncipi, ma coinvolse sempre masse ingenti di devoti, chierici, predicatori itineranti, insomma un popolo cristiano che nel pellegrinaggio armato trovava risposta alle sue inquietudini più profonde. L’idea di crociata trovò terreno fertile nei movimenti millenaristici che si svilupparono nell’Europa dei secoli XI e XII, ossessionati dall’attesa di una prossima fine del mondo e dal ritorno dell’Anticristo, gli eventi profetizzati dall’Apocalisse ai quali si doveva opporre una ricerca strenua della salvezza eterna (millenarismo). Già verso il 1033 (millenario della Passione) molti avevano marciato verso il Santo Sepolcro per trovarsi sui luoghi della Redenzione al momento del temuto avvento dell’Anticristo. Le successive spedizioni oltremarine, che nel recupero della Gerusalemme terrestre si riteneva schiudessero le porte della Gerusalemme celeste, fornirono a queste angosce una risposta concreta, e si intrecciarono infatti in modo confuso con spostamenti di popolo (le crociate dei poveri, dei fanciulli, dei pastorelli) che mai raggiunsero i luoghi santi, ma si distinsero per razzie e atti di antisemitismo. Infine, la crociata siro-palestinese costituì, in modo quasi paradossale, il culmine di un processo di pacificazione interno all’Occidente. Fin dalla fine del secolo X in Francia il movimento delle “paci di Dio” (poi “tregue di Dio”) aveva cercato di porre argine ai disordini dell’assetto signorile postcarolingio, imponendo la protezione della chiesa sugli inermi e la cessazione delle violenze, per periodi determinati, da parte del ceto dei milites. Era il segno che il problema della disciplina delle aristocrazie militari si andava imponendo all’attenzione degli ecclesiastici. A una questione insolubile sul piano culturale (la violenza era una componente ineliminabile degli stili di vita delle aristocrazie) si cercò nei secoli XI e XII di porre rimedio con l’elaborazione di ideali che rendessero la vita cavalleresca compatibile con l’ordine sociale. Agli aristocratici si additò il traguardo di una militia Christi, una vita di guerra in difesa della fede, e si indicò loro nei popoli islamici e negli slavi “pagani” il nemico da combattere. L’aggressività di un intero ceto sociale veniva così, almeno nelle intenzioni, convogliata verso l’esterno dell’Occidente cristiano, in un grande tentativo di controllo dei milites che trovò la sua realizzazione più originale proprio in Terrasanta, con la creazione degli ordini religioso-militari (Templari, Ospitalieri, Teutonici). La crociata d’Oriente, in questo contesto ampio, appare il momento di liberazione di energie da tempo depositate nella storia dell’Occidente europeo, che da assediato si fece conquistatore. In questo soprattutto risiede il suo interesse storico.

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2. Gli avvenimenti

È tradizione distinguere i due secoli dell’epopea crociata – dall’appello papale del 1095 alla liquidazione definitiva degli stati latini d’Oriente nel 1291 – in otto successive imprese. Non si fa rientrare nell’elenco la crociata popolare capeggiata dal predicatore Pietro l’Eremita, che nel 1096 guidò fino alla distruzione in Asia Minore una schiera raccogliticcia. L’individuazione di otto imprese è comunque convenzionale, e indica le spedizioni più organizzate, ma sottovaluta i continui passaggi oltremarini che assunsero in certi momenti cadenza quasi annuale, così come la possibilità di recarsi in Terrasanta individualmente o aggregati a piccoli gruppi (perciò si parla talvolta delle crociate come di una “istituzione permanente”). Se la prima crociata (1097-1099) raggiunse con la sanguinosa conquista di Gerusalemme il suo obiettivo e determinò la fondazione di organizzazioni territoriali in mano occidentale, come il regno franco di Gerusalemme, il principato di Antiochia, la contea di Edessa, più tardi la contea di Tripoli, le imprese successive mostrarono tutta la precarietà degli insediamenti cristiani, riducendosi per lo più a maldestre operazioni di difesa dei territori colonizzati. Alla caduta in mano turca della contea di Edessa seguì il bando della seconda crociata (1147-49), che impegnò re Luigi VII di Francia e l’imperatore Corrado III di Svevia e si concluse con un fallimento. Fu un insuccesso anche la terza crociata (1189-92), comandata da Riccardo I Cuor di Leone e da Filippo II Augusto di Francia allo scopo di recuperare Gerusalemme nuovamente conquistata dai turchi. L’imperatore Federico I Barbarossa vi trovò la morte annegato prima ancora di giungere in Terrasanta, Gerusalemme restò in mano turca, ma un accordo tra re Riccardo e il Saladino vi garantì il libero accesso per i pellegrini cristiani. Si chiuse così, con una presenza latina ridotta ormai a una sottile fascia costiera, una prima fase nella storia delle crociate. Nel periodo successivo la Terrasanta divenne una posta all’interno di un gioco di interessi e di scontri fra impero e papato, fra Oriente e Occidente. La quarta crociata (1202-1204), condotta da Baldovino di Fiandra e dai veneziani che perseguivano anche interessi commerciali, addirittura non toccò la Terrasanta. Fu sviata dai veneziani su Costantinopoli e dal conflitto fra greci e latini nacque un effimero impero latino d’oriente sulle rovine dell’impero di Bisanzio. La quinta crociata (1217-21) non approdò ad alcun risultato. Nella sesta crociata (1228-29) l’imperatore Federico II, scomunicato dal papa, ottenne per via di negoziati la restituzione di Gerusalemme. Ma la città tornò presto in mano islamica nel 1244, e a nulla valse la settima crociata (1248-54) di re Luigi IX di Francia, che sbarcò in Egitto e vi fu fatto prigioniero. Lo stesso sovrano morì di peste qualche decennio dopo a Tunisi all’inizio dell’ottava crociata (1270). La caduta di Acri nel 1291 segnò la fine di ciò che ancora rimaneva degli stati latini d’Oriente e concluse l’epopea crociata. All’Occidente cristiano rimase una misera eredità: scarsi vantaggi commerciali che ricadevano soprattutto su Genova e Venezia, una frattura insanabile con il mondo islamico, la disponibilità alla guerra santa per la difesa dell’ortodossia, utilizzabile nel caso anche all’interno stesso della cristianità, come già era accaduto con la crociata franco-papale contro gli albigesi che devastò nei primi decenni del Duecento il sud della Francia. [Enrico Artifoni]

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100. TABELLA: Le otto crociate

Prima Crociata (1097-1099)
Gerusalemme, Antiochia, Edessa, Sidone, Beirut (Goffredo di Buglione, Boemondo di Taranto, Tancredi d’Altavilla, Baldovino di Boulogne, Roberto di Normandia)
Seconda Crociata (1147-1149)
Assedio di Damasco (Luigi VII, Corrado III)
Terza Crociata (1189-1192)
Cipro, San Giovanni d’Acri (Federico Barbarossa, Filippo Augusto, Riccardo Plantageneto)
Quarta Crociata (1202-1204)
Zara, Costantinopoli (Baldovino IX di Fiandra, Bonifacio II di Monferrato, Filippo di Svevia)
Quinta Crociata (1217-1221)
Damietta (Andrea II d’Ungheria, Leopoldo d’Austria)
Sesta Crociata (1228-1229)
Gerusalemme (Federico II)
Settima Crociata (1248-1254)
Damietta (Luigi IX)
Ottava Crociata (1270)
Tunisi (Luigi IX di Francia, Carlo d’Angio)

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