Ucraina

Stato attuale dell’Europa orientale. Fa parte, sia pure con uno statuto particolare e mai del tutto chiarito, della Comunità degli Stati Indipendenti. Nell’antichità l’Ucraina fu abitata dai cimmeri, dagli sciti e poi dai sarmati. Nell’alto medioevo venne invasa da goti, unni e avari fino a che nel VII secolo i chazari non inglobarono gran parte della regione nel vasto impero che formarono tra il Volga e il Dniepr. Il processo di cristianizzazione ebbe inizio alla fine del X secolo. Nel IX secolo i vareghi, una popolazione proveniente dalla Scandinavia, chiamati dagli slavi rus, si stabilirono in Ucraina, dando vita a una vigorosa dinastia che eresse Kiev a sua capitale. La loro opera espansionistica, dopo aver posto fine alla dominazione chazara, portò alla formazione della “Rus’ di Kiev”, la quale unì popolazioni ucraine e bielorusse, costituendo il nucleo originario della civiltà slava. Il culmine della potenza di questa formazione venne raggiunto durante il regno di Jaroslav (1019-1054). Il declino iniziò con la spartizione dei suoi territori in diversi ducati. Nel XIII secolo l’Ucraina venne conquistata dai mongoli dell’Orda d’Oro. A metà del secolo seguente, l’espansione della Lituania portò quest’ultima a soppiantare i mongoli, così da favorire un notevole sviluppo culturale ed economico. L’unione dinastica tra Lituania e Polonia nel 1386 creò le condizioni di una crescente influenza polacca, che si trasformò in dominazione diretta nel 1569, quando l’Ucraina divenne quasi completamente un possedimento polacco. Negli ultimi decenni del XV secolo l’impero ottomano acquistò il controllo delle coste del Mar Nero. Fu allora che la regione prese la denominazione di Ucraina, vale a dire “terra di frontiera”, che finì poi per imporsi. La dominazione polacca ebbe effetti laceranti, poiché da un lato i contadini ucraini vennero ridotti in condizioni di servitù e dall’altro gli ortodossi vennero perseguitati da una Polonia erettasi nell’età della Controriforma a baluardo del cattolicesimo. In questo contesto la chiesa ortodossa ucraina procedette nel 1596 alla decisione di trasformarsi in chiesa uniate, mantenendo il rito ortodosso ma riconoscendo al tempo stesso il primato del papa. L’insofferenza verso la durezza del potere polacco indusse un numero crescente di ucraini a cercare la fuga e a stabilirsi a sud del basso Dniepr. Questi elementi, che si diedero un’organizzazione marcatamente militare, vennero chiamati “cosacchi” (dalla parola turca “kazahk” ovvero fuorilegge). Nel 1648-49 i cosacchi, guidati dall’ataman Bogdan Chmielnicki, riuscirono a battere i polacchi, ponendo poi nel 1654 l’Ucraina sotto la sovranità dello zar russo, pur preservando margini di autonomia, i quali però non furono rispettati dalla Russia. Il che indusse gli ucraini a cercare protezione presso la Polonia. Ne seguì una guerra russo-polacca, che nel 1667 ebbe come esito la spartizione dell’Ucraina tra Polonia e Russia. Quando la Russia di Pietro I il Grande si trovò coinvolta nella guerra con la Svezia di Carlo XII, l’ataman dei cosacchi Ivan Mazepa strinse alleanza con gli svedesi in nome dell’indipendenza ucraina. Ma le sue speranze vennero stroncate dalla vittoria russa di Poltava nel 1709. Durante il regno di Caterina II, che represse sanguinosamente la rivolta contadina guidata da Emel’ian I. Pugacëv (1773-74), i cosacchi vennero definitivamente soggiogati e nel 1775 l’Ucraina russa fu divisa in tre province. Le spartizioni della Polonia (1772-95) ebbero l’effetto di attribuire alla Russia anche la Bessarabia, la Piccola Russia e la Volinia, mentre la Galizia orientale, la Bucovina e la Rutenia andarono all’Austria. Nella seconda metà dell’Ottocento l’Ucraina conobbe un notevole sviluppo economico e anche industriale. Del pari si sviluppò un forte movimento nazionalistico diretto sia contro la politica di russificazione sia contro la dominazione austriaca e avente quale obiettivo la salvaguardia della cultura ucraina e l’unità del paese. La sconfitta sia dell’impero zarista sia dell’Austria-Ungheria nella prima guerra mondiale crearono in questo senso condizioni favorevoli. Dopo lo scoppio della rivoluzione in Russia nel 1917 l’Ucraina proclamò nel 1918 l’indipendenza delle parti già soggette all’impero zarista; nel 1919 seguì l’unione dei territori prima appartenenti all’impero austroungarico. Ebbe allora inizio un periodo di aspre lotte. Gli ucraini furono attaccati dai polacchi, dai russi bianchi e dai sovietici. Con la vittoria dell’Armata rossa l’Ucraina – cui però dalle potenze alleate vennero sottratti territori attribuiti alla Polonia, alla Cecoslovacchia e alla Romania – nel 1922 divenne parte dell’Unione Sovietica. Le risorse agricole del paese vennero intensamente sfruttate nel periodo staliniano, generando una condizione che provocò la morte per fame di milioni di persone. Stalin represse inoltre senza riguardo le aspirazioni ucraine all’autonomia. Una simile politica fece sì che, quando nel 1941 la Germania invase l’Unione Sovietica, i nazisti furono inizialmente accolti come dei liberatori dai contadini ucraini e che nel paese si sviluppasse il collaborazionismo. Ma l’implacabile politica dei nazisti contro tutti gli slavi ebbe l’effetto di rovesciare questa situazione, alimentando una vigorosa lotta partigiana collegata con i sovietici. Con la vittoria sovietica nella guerra l’Ucraina fu reintegrata nell’URSS. Nel 1954 Kruscëv inglobò nell’Ucraina anche la Crimea. Nel 1986 nella centrale di Chernobyl, in Ucraina, ebbe luogo il più grave disastro nucleare mai verificatosi fino ad allora. Quando l’Unione Sovietica entrò infine nella fase terminale della sua crisi, l’Ucraina, dopo aver proclamato la propria piena sovranità nel 1990, divenne indipendente nell’agosto del 1991, entrando poi a far parte della Comunità degli Stati Indipendenti come membro associato. In dicembre fu eletto presidente il leader ex comunista Leonid Kravchuk. Sul piano internazionale, un motivo di acuta tensione con la Russia fu legato alla spartizione della flotta già sovietica, per la quale una soluzione definitiva fu raggiunta solo nel 1997. Una seconda ragione di tensione con la Russia e gli USA fu quella relativa al disarmo dei missili e delle testate nucleari presenti in Ucraina. Un accordo raggiunto tra Kravchuk, Elsin e Clinton, il quale condizionò consistenti aiuti economici americani al disarmo nucleare totale, incontrò nel 1994 l’opposizione del Parlamento. L’elezione a presidente in quello stesso anno di Leonid Kuchma favorì un rovesciamento nell’atteggiamento del Parlamento sulla questione. Nel 1996 fu introdotta una nuova costituzione che rafforzò i poteri del presidente, stabilì i fondamenti giuridici di un’economia di mercato e introdusse come lingua ufficiale l’ucraino. Alla fine del XX secolo, le condizioni dell’economia, nonostante gli aiuti internazionali, restarono molto negative. Per far fronte alle tendenze separatiste della Crimea, nel 1995 l’Ucraina rafforzò il controllo diretto sulla penisola, ma le riconobbe al tempo stesso lo status di repubblica autonoma e ampi benefici economici. Negli anni successivi, nonostante lo sviluppo di rapporti cordiali con gli Stati Uniti e gran parte degli stati della regione, l’Ucraina ebbe frizioni con la Romania per questioni territoriali (la Bessarabia) e con la Bielorussia per via dell’orientamento fortemente filorusso di quest’ultima. Le elezioni presidenziali del 1999 confermarono al potere Kuchma, che favorì un’intensificazione dei rapporti con i paesi occidentali – nel 1995 l’Ucraina entrò a far parte del Consiglio d’Europa e nel 1996 rafforzò la cooperazione con la NATO – cercando al tempo stesso di fermare la grave crisi economica del paese. Nei primi anni Duemila, la stabilità politica del paese fu minacciata dalla forte opposizione guidata dall’ex primo ministro Viktor Yushchenko, il quale, dopo aver favorito la ripresa economica, divenne il principale antagonista di Kuchma. La situazione degenerò in occasione delle elezioni presidenziali del 2004, quando Yushchenko fu battuto dal primo ministro Viktor Yanukovych, filorusso e sostenuto da Kuchma. Le successive contestazioni popolari – la cosiddetta “rivoluzione arancione” – spinsero tuttavia la Suprema Corte a rovesciare il risultato delle elezioni e a dichiarare vincitore Yushchenko. Negli anni successivi la situazione politica restò instabile a causa della contrapposizione frontale tra Yushchenko, Yuliya Tymoshenko (ex leader del movimento arancione) e Viktor Yanukovych, che, in seguito a ripetute crisi di governo, si alternarono nel ruolo di primo ministro. Le elezioni presidenziali del 2010 decretarono l’uscita di scena di Yushchenko e portarono alla vittoria di Yanukovych, che, rinunciando all’ingresso dell’Ucraina nella NATO, contribuì alla distensione dei rapporti con la Russia.