Sri Lanka

Stato attuale dell’Asia orientale. Fino al 1972 denominato Ceylon. Grande isola posta a sud-est della penisola indiana. Abitato originariamente, a quanto si ritiene, da popolazioni australoidi, dal VI secolo a.C. venne popolato dai singalesi, provenienti dalla baia del Bengala, a cui si aggiunsero successivamente i tamil, popolazione di ceppo dravidico proveniente dall’India meridionale. Dal III secolo d.C. l’isola conobbe una progressiva diffusione del buddhismo, che è tuttora la religione dominante. Le dinastie singalesi, a partire dal XIII secolo, dovettero affrontare numerosi conflitti con i sovrani regnanti sulla costa del Malabar per mantenere il dominio dell’isola. Nel 1505 giunsero i portoghesi che nei decenni successivi si impadronirono di Ceylon ma, dopo un lungo conflitto, furono costretti a cederla all’Olanda (1658). Gli olandesi sfruttarono intensamente le risorse agricole dell’isola, sviluppando in particolare le piantagioni di tè. Nel 1795, dopo un anno di guerra, Ceylon cadde sotto il controllo della Compagnia inglese delle Indie e, nel 1835, divenne colonia della corona britannica. Come nella vicina India, anche a Ceylon nei primi decenni del Novecento si sviluppò il movimento indipendentista, animato soprattutto dallo Sri Lanka Freedom Party. Nel 1947 l’isola ottenne l’indipendenza nell’ambito del Commonwealth britannico. Condizionata da un insufficiente sviluppo economico, quasi esclusivamente basato sull’agricoltura e in particolare sulla produzione del tè, nonché da gravi tensioni etniche tra i singalesi e la minoranza tamil, Ceylon conobbe dopo l’indipendenza varie fasi di grave instabilità politica. Dopo l’assassinio del primo ministro Solomon Bandaranaike (1959), si susseguirono negli anni Sessanta governi conservatori del Partito nazionale unito o progressisti dello Sri Lanka Freedom Party. Nel 1970 quest’ultimo partito, sotto la guida di Sirimavo Bandaranaike costituì un governo di coalizione con comunisti filosovietici e trockisti. Nel 1971 Bandaranaike dovette proclamare lo stato d’assedio per fronteggiare un tentativo di insurrezione dell’estrema sinistra filocinese e, dal 1974, dovette affrontare i crescenti disordini fomentati dai tamil. Nel 1977 tornò al potere il Partito nazionale unito di J.R. Jayawardene che tentò di risolvere i conflitti etnici riformando la costituzione in senso autoritario e deportando i tamil nel nord del paese. Questo però provocò lo sviluppo, dal 1979, di un movimento separatista tamil nelle regioni settentrionali, responsabile negli anni successivi di numerosi atti di guerriglia e attentati. Né i ripetuti ricorsi allo stato d’emergenza, né la concessione di una limitata autonomia amministrativa alle regioni del nord (1988) portarono a una soluzione del conflitto etnico, che assunse anzi le dimensioni di una vera guerra civile. Il nuovo presidente Ranasinghe Premadasa, salito al potere nel 1988 battendo alle elezioni Sirimavo Bandaranaike, tentò di porre fine alla guerriglia delle Tigri del Tamil chiedendo l’aiuto militare dell’India. Nemmeno questo tentativo però ebbe successo e, dopo il ritiro del contingente indiano nel 1990, si susseguirono fragili tregue e violente riesplosioni del conflitto. Dopo l’assassinio nel 1993 del leader dell’opposizione e del presidente Pemadasa, le elezioni legislative del 1994 furono vinte dall’Alleanza popolare, che così estromise dal potere dopo diciassette anni il Partito nazionale unito. Le elezioni presidenziali videro una netta vittoria del primo ministro Chandrika Bandanaraike Kumaratunga, che cedette la guida del governo alla madre Sirimavo Bandaranaike. Nel gennaio 1995 le Tigri del Tamil decisero una tregua, che però fu poco dopo violata con la ripresa di attentati terroristici susseguitisi in un crescendo di violenze per tutta la seconda metà degli anni Novanta fino al principio del 2000. Nelle elezioni legislative anticipate del dicembre 2001 il partito al potere (Alleanza del popolo) fu sconfitto dal Fronte nazionale unito. Il nuovo governo, guidato da Ranil Wickramasinghe, avviò nel 2002 negoziati di pace con i tamil. Dopo il devastante tsunami che colpì il paese (2004), il governo passò nelle mani di Mahinda Rajapakse, il quale, alla guida di un’ampia coalizione, pose fine alla tregua sancita nel 2002 con i ribelli tamil. Negli anni successivi le truppe regolari riconquistarono gran parte del territorio controllato dai tamil e nel 2009, dopo un’ultima offensiva, furono uccisi o catturati tutti i principali leader della guerriglia.
Alle elezioni presidenziali del 2010 Rajapakse fu riconfermato per un secondo mandato e il suo partito, l’Alleanza per la libertà e l’unità del popolo (UPFA), ottenne la maggioranza in parlamento. Nel settembre dello stesso anno fu approvato un emendamento costituzionale con cui furono concessi maggiori poteri al presidente.