cristianesimo

  1. Nome, origine e primi sviluppi
  2. Cristianesimo, chiese e gruppi cristiani
  3. Idee centrali del cristianesimo dalle origini ad oggi
  4. Incontri del cristianesimo con diverse culture e interazioni reciproche
1. Nome, origine e primi sviluppi

Il termine “cristianesimo” deriva dal greco Christós, traduzione dell’ebraico Mashiah (in italiano Messia = unto del Signore), titolo riferito a Gesù di Nazareth in quanto riconosciuto e proclamato “Messia”. Il messianismo è una concezione religiosa progressivamente affermatasi in Israele nei tempi successivi alla cattività babilonese, in particolare sotto la pressione delle sventure toccate al popolo ebraico durante i periodi di dominazione straniera. Tale concezione si manifestò nell’attesa, talora spasmodica e in forme apocalittiche, di un liberatore politico e religioso. Solo in un secondo momento, dopo la morte di Gesù e l’affermarsi della sua glorificazione in quanto annunciato come “il Risorto”, i suoi seguaci furono chiamati, ad Antiochia di Siria, “cristiani” (Atti degli Apostoli, 11, 26), mentre prima erano detti “nazareni” (o “nazarei” o “nazorei”). Per quanto sappiamo il termine Christianismós è testimoniato solo agli inizi del II secolo d.C. (Ignazio di Antiochia, in tre sue lettere in opposizione a Ioudaismós), ma in Oriente il termine “nazarei” sopravvisse a lungo. La vicenda delle origini cristiane, quali che siano stati gli sviluppi storici della religione cristiana, ha e conserva un valore fondante per tutte le forme successive di cristianesimo. Gesù di Nazareth è una personalità storica (nato in una data incerta, approssimativamente fra il 4 avanti e il 6 dopo l’inizio dell’era volgare) anche se le informazioni a suo riguardo sono piuttosto scarse e inglobate nelle attestazioni di fede successive alla sua morte. La critica più recente ritiene tuttavia con buoni fondamenti che, al di là delle ricostruzioni che ne diede la tradizione cristiana antica (da parte di discepoli, apostoli, missionari, comunità di credenti presto diffusesi fra Palestina, Egitto, Asia Minore e Roma), alcuni tratti essenziali della personalità di Gesù, del contenuto della sua predicazione e della sua attività di taumaturgo siano sufficientemente definibili. La sua vita si svolse prima nel nord della Palestina (Galilea) quindi nel sud (Giudea), e si concluse con la sua messa a morte in croce (la pena infamante riservata a delinquenti e sobillatori politici) in base a un processo sommario da parte del governatore romano, preceduto da un giudizio di condanna sul piano religioso da parte della massima autorità giudaica (il Sinedrio di Gerusalemme). Impressionante fu comunque la rapidità con cui la nuova religione si diffuse: verso la fine del I secolo comunità cristiane di una certa consistenza sorsero in diverse zone dell’impero romano; cinquanta-ottanta anni più tardi comunità di cristiani si trovano tanto in Oriente (Osroene, Adiabene) quanto in Occidente (Africa, Gallia); agli inizi del IV secolo la diffusione raggiunse l’interno dell’Egitto, l’Arabia, la Mesopotamia, l’Armenia e zone più a est ancora; in Occidente, oltre che in Italia, il cristianesimo si diffuse nelle Gallie, in Spagna, nel sud della Britannia, nell’Africa proconsolare e in Numidia. Tale sviluppo fu altresì accompagnato da una serie di violente persecuzioni, promosse inizialmente da autorità locali per motivi di polizia (accuse di immoralità, di “ateismo”, col che si intende il rifiuto degli dei patrii, sospetto di trame segrete e di sedizioni), e quindi da parte imperiale (a partire dal III secolo) per fronteggiare i rischi di una crisi all’interno della compagine statale. L’ultima grande persecuzione si svolse durante il regno di Diocleziano, tra il 305 e il 311 (la cosiddetta “era dei martiri”).

Top

2. Cristianesimo, chiese e gruppi cristiani

Sin dai tempi più antichi la nuova religione si strutturò in gruppi o comunità chiamate “chiese” (ekklesìai = riunioni di credenti che si considerano “convocati” da Cristo), dapprima di carattere domestico, poi sempre più ampie: motivo per cui, secondo alcuni, la “storia del cristianesimo” non sarebbe che una “storia di chiese”. Il modello iniziale della chiesa cristiana fu la sinagoga giudaica (libera riunione di tipo “democratico” dedicata alla lettura della Bibbia e alla preghiera). A differenza della sinagoga – l’unica istituzione ebraica sopravvissuta alla distruzione del Tempio di Gerusalemme (70 d.C.) – la “chiesa” cristiana si diede un’organizzazione interna sempre più articolata. Ogni comunità-chiesa aveva a capo prima un gruppo di “anziani” (presbiteri, preti) e poi un sovrintendente chiamato epískopos (vescovo = sorvegliante), contornato da preti, da diaconi (diákonoi) a cui erano inizialmente demandati i servizi di assistenza ai poveri e dal popolo credente (l’insieme dei laikói). Le prime chiese furono fondate da Pietro (che appare aver assunto un ruolo di presidenza nel gruppo dei “dodici”, idealmente rappresentanti le dodici tribù di Israele), da Paolo di Tarso, voltosi essenzialmente alla missione presso i “gentili” (cioè i non ebrei, i pagani), e via via da altri apostoli e missionari. In ragione di questo fatto le chiese si affermarono come apostoliche, cioè fondate da apostoli o da loro emissari (uomini apostolici). Nelle riunioni di chiesa venivano fatte letture della Bibbia e si celebrava l’eucarestia o rinnovamento della cena del Signore. Chi presiedeva all’eucarestia (originariamente il vescovo) spiegava le Scritture, rivolgeva esortazioni ai presenti e distribuiva il pane e il vino consacrati. Da tali letture ed esortazioni e dalla celebrazione dell’eucarestia si sviluppò poi la “messa” (letteralmente: “invio, congedo” a conclusione di una cerimonia; termine antico: “frazione del pane”, klásis ártou). L’intensità di vita delle varie comunità cristiane antiche è testimoniata dal pullulare di scritti e di rivelazioni (per lo più presentantisi come segreti, apocrifi o favolosi e di tipo affabulatorio-popolareggiante), come pure dalla tendenza opposta di certi gruppi radicali e settari a rigettare non solo l’Antico Testamento, ma anche quanto di ebraico era presente negli scritti neotestamentari (così, ad esempio, Marcione intorno alla metà del II secolo). Per questo, dalla seconda metà del II secolo le chiese cristiane iniziarono a definire un catalogo (canone) degli scritti da prendersi in considerazione come ispirati e fondanti per la fede e l’etica cristiana. Il canone delle Scritture (46 scritti dell’Antico Testamento e 26 del Nuovo) diventò la base della fede e della tradizione cristiana successiva. La storia del cristianesimo nel suo sviluppo ha visto ben presto, accanto a quella che si definisce sempre più nettamente come la Grande Chiesa (cioè il complesso delle chiese variamente diffuse ma che riconoscevano, pur senza nessuna centralizzazione, un credo e un’etica comuni), il sorgere di gruppi minori per effetto di scissioni (“scismi”) o variazioni in materia di credo (“eresie” o dottrine giudicate tali dalla Grande Chiesa). Di qui la nascita di “nuove” chiese, variamente organizzate al loro interno, o di gruppi minori, alcuni sovente con marcata fisionomia settaria o indipendentista. Di fronte al sorgere di tali diversificazioni, già nel II secolo la chiesa di Roma – che si richiamava alla fondazione dovuta agli apostoli Pietro e Paolo – cominciò ad assumere una maggiore autorità. Accanto ad essa ebbero grande prestigio anche alcune antiche comunità o chiese: Alessandria, Antiochia e successivamente Costantinopoli (che costituirono poi con Roma i quattro grandi patriarcati, a cui se ne aggiunsero altri in epoche più recenti). Le maggiori chiese “nuove” o “diverse” (sorte cioè da eresie o scismi) furono nell’antichità quelle delle correnti dualistiche gnostiche e quelle che assunsero posizioni contrastanti rispetto alla maggioranza delle altre chiese su decisive questioni di carattere dogmatico (eresia). Con il crescente distacco della parte orientale dell’impero (capitale Costantinopoli, dal 330 d.C.) da quella occidentale (con capitale Roma, la cui chiesa, con i suoi vescovi, o papi, assunse un ruolo sempre più autorevole grazie al favore imperiale), i rapporti tra le due chiese si fecero sempre più tesi, dapprima all’epoca del patriarca Fozio (867-70) e poi con la completa rottura realizzatasi nel 1054, quando i legati papali depositarono la bolla di scomunica contro la chiesa di Costantinopoli. La chiesa greca si richiamava alla “ortodossia” (vale a dire, alla “vera fede”, avente come base i deliberati degli otto concili ecumenici dell’antichità). Essa si andò sempre più configurando come una costellazione di chiese, sulla base della sinodalità. Strettamente legata all’impero bizantino e poi, in Russia, all’autorità degli zar, si estese verso l’Oriente cristiano e svolse un’azione missionaria in direzione dei territori dell’impero bizantino e poi della Russia e verso l’Asia centrale e orientale. La chiesa romana invece, in cui l’autorità accentratrice dei papi fece grandi progressi, estese progressivamente la sua autorità sull’Occidente europeo, attraverso la conversione dei popoli barbarici (soprattutto franchi e longobardi) e i suoi rapporti con l’impero carolingio e poi ottoniano, di cui diventò anzi anima e ispiratrice, pur senza identificarsi con essi, rilanciando prima i concili di riforma interna e iniziando quindi una vasta azione di rinnovamento della chiesa stessa e della società nei confronti del potere imperiale, a cui era andata sempre più legandosi. Culmine di questa vicenda fu il concilio Lateranense IV (1215), sotto papa Innocenzo III, quando il papato si affermò come “arbitro del mondo”. Nel medioevo occidentale era già in atto a quel momento tutto un pullulare di movimenti che, sorti con intenti di riforma interna della chiesa, si trasformarono ora in ordini religiosi inglobati nella Grande Chiesa, ora in eresie e chiese eretiche. L’ultima grande scissione della cristianità occidentale si ebbe con la Riforma protestante (dal 1517) e con la successiva frammentazione del mondo riformato in chiese diverse: la luterana, la zwingliana, la calvinista, l’anglicana fino ai gruppi minoritari e settari del protestantesimo, che si riconoscono e si presentano quali forme ed espressioni autentiche di fede e di vita cristiana. In età moderna e contemporanea, al cristianesimo delle maggiori o minori chiese storiche si sono aggiunte correnti o movimenti cristiani che si vogliono indipendenti dalla “forma chiesa” (cristiani senza chiesa; cristianesimo aconfessionale; cristianesimo latente, ecc.), nonché “nuove religioni” in cui gli elementi dei vari “credo” cristiani convivono con forme sincretistiche di altre tradizioni religiose.

Top

3. Idee centrali del cristianesimo dalle origini ad oggi

Il cristianesimo come religione storica ha innanzitutto radici ebraiche, anche se non sono mancate nei tempi tendenze a espungere o minimizzare l’apporto dell’ebraismo nella sua predicazione. Il Dio cui si è rivolto Gesù di Nazareth è il Dio stesso dell’Antico Testamento. La pietà religiosa di Gesù si è nutrita della Bibbia ebraica (particolarmente i Salmi e gli scritti dei Profeti maggiori e minori, specie Isaia e Daniele) con un profondo rispetto per la legge dell’Antico Testamento, ma anche con la ferma convinzione di poter mettere le mani su di essa indicandone l’esatta interpretazione e, rispetto alle profezie antico-testamentarie, di rappresentarne il compimento. Il dato essenziale della predicazione di Gesù si riassume nell’annuncio dell’avvento del Regno di Dio e nell’invito a credere all’evangelo (buona novella annunciata) e a convertirsi. Le primitive comunità cristiane hanno riconosciuto a Gesù di Nazareth una serie di “titoli” o appellativi: da quello di “profeta” a quello di “Messia” (“Cristo”), da quelli più alti di Figlio di Davide, Figlio dell’Uomo (escatologico), Figlio di Dio, Signore, Giudice finale, Salvatore, fino a quello più tardo e supremo di Logos o Verbo-Parola di Dio incarnatasi. Nella concezione religiosa cristiana i due principi fondamentali dell’ebraismo, che fanno di Dio il Creatore e il Giudice finale, vedono il Verbo di Dio corresponsabile della creazione e il giudizio finale demandato a Cristo Figlio di Dio. Così si è sviluppata una “cristologia”, divenuta essenziale per la fede cristiana, di cui l’apostolo Paolo è stato uno degli iniziatori e dei più ferventi ispiratori, seguito dall’autore del quarto evangelo, attribuito a Giovanni. Inizialmente Gesù si è presentato ed è stato considerato prima di tutto come un taumaturgo (operatore di dynámeis o miracoli: guarigioni, esorcismi), vittorioso sulle potenze demoniache ostili alla divinità. La sua morte in croce è stata esaltata come il prezzo della salvezza dell’umanità; la proclamazione della sua resurrezione come la garanzia della resurrezione finale dei giusti. La sua “memoria”, da mantenersi viva da parte dei credenti, ha avuto nella celebrazione dell’eucarestia il suo riferimento essenziale e il suo rinnovamento. La diffusione del cristianesimo nella storia successiva ha, alla sua origine, la decisione della comunità primitiva di uscire dall’ambito religioso giudaico a cui i primi credenti, tutti ebrei, erano legati, per andare verso la “missione”, in base a quello che si ritenne essere un ordine del Cristo risorto (“da Gerusalemme, alla Giudea, alla Samaria e fino ai confini della terra”, Atti degli Apostoli, 1, 8; Matteo, 28, 19-20; Luca, 24, 47-48), annunciando l’evangelo e battezzando le genti, con il manifestarsi di segni spirituali “prodigiosi” ed effusioni dello Spirito. Ispiratore della missione è stato in effetti sempre più considerato, nella tradizione cristiana successiva, lo Spirito Santo (che nell’Evangelo secondo Giovanni è detto paràkletos, il “patrocinatore” della causa di Cristo, il suo “difensore e testimone”). Sulla base di tale idea si è sviluppata via via una teologia dello Spirito Santo (“pneumatologia”: pneuma haghion = Spirito Santo) che è divenuta parte integrante del credo cristiano. Lo statuto teologico dello Spirito Santo è stato formalmente riconosciuto nel cristianesimo con il concilio di Costantinopoli del 381, pur essendo stato già prima abitualmente evocato nel battesimo e nel culto. All’ispirazione diretta dello Spirito, anche in opposizione alle forme istituzionali assunte dalle chiese cristiane, hanno poi fatto soprattutto ricorso i movimenti carismatici e pentecostali, dall’antichità ai nostri giorni. Il completamento della dottrina cristiana è rappresentato dall’insieme delle dottrine “escatologiche” (tà éschata: le cose ultime) riguardanti la fine dell’uomo, il suo destino eterno di salvezza, di dannazione o di purgazione, così come la fine del creato. All’idea della risurrezione della carne si unì poi l’idea dell’immortalità dell’anima, già nota al tardo giudaismo, con la promessa di un’eterna felicità nel Paradiso, di un’eterna condanna nell’Inferno. Più tardi il cattolicesimo elaborò la definizione di un luogo di purgazione intermedia, il Purgatorio.

Top

4. Incontri del cristianesimo con diverse culture e interazioni reciproche

Il cristianesimo è sorto e si è sviluppato al principio nel contesto di una cultura giudaica per certi aspetti già entrata in contatto con l’ellenismo. A seconda delle aree geografiche in cui si è sviluppato e dei contatti e degli apporti ricevuti da nuove culture, esso ha poi integrato elementi culturali nuovi e per tale via ha a sua volta influito su culture diverse e contribuito a crearne di nuove e originali. Gli elementi giudaici si sono conservati più tenacemente nel cristianesimo delle aree orientali (Egitto, vicino Oriente, Siria, Persia, Georgia, ecc.). In Grecia, in Asia Minore, nell’Africa del Nord e nelle aree dell’Occidente in genere esso ha invece dato luogo a incontri religioso-culturali molto fecondi, destinati a definire il profilo delle chiese cristiane occidentali. L’ellenismo greco-romano ha agito in profondità ed è stato a sua volta influenzato fortemente dalle assimilazioni che ne ha fatto il cristianesimo. Questo è avvenuto soprattutto per quanto riguarda lo sviluppo dottrinale (ad esempio, l’idea biblica della sapienza di Dio identificata con il Logos-Verbo di Dio è all’origine dello sviluppo della teologia trinitaria e delle definizioni dogmatiche dei grandi concili di Nicea del 325 e di Costantinopoli del 381; l’antropologia classica, che distingueva nell’uomo un corpo, un’anima e uno spirito, è stata fondamentale per la difesa della piena umanità di Cristo, sancita nei concili di Efeso del 431, di Calcedonia del 451 e di Costantinopoli del 680-81). A livello di prassi religiosa con il confronto, che fu a lungo durissimo scontro, con l’impero romano, ma con un lento e tenace sforzo di dare dell’impero e della sua funzione un giudizio via via più positivo e riconoscendone il carattere provvidenziale, furono elaborati i criteri fondamentali a cui si ricorse innumerevoli volte in seguito per definire i rapporti fra cristianesimo e poteri statali e politici. Ciò che segnò una svolta decisiva fu la cessazione delle persecuzioni sotto Costantino, seguita dalla progressiva integrazione del cristianesimo nella compagine dell’impero, di Oriente come di Occidente. Con Teodosio, infine, si ebbe la condanna del paganesimo e il cristianesimo diventò l’unica religione riconosciuta dell’impero (391-92). La progressiva integrazione del cristianesimo in un mondo che era ancora largamente “pagano” fu d’altra parte contrassegnata dal venir meno di certi slanci creatori e innovatori e determinò, per contrasto, reazioni interne al mondo cristiano e l’aspirazione a ritornare allo spirito delle origini. In certe regioni, all’inizio soprattutto in Oriente e nell’Egitto, dove non erano spente esperienze ascetiche antecedenti, si diffuse un forte bisogno di superare le forme mondanizzate delle comunità con la ricerca di una vita religiosa più integrale e rigorosa. Ebbe origine così il monachesimo, come esperienza di rinnovata “fuga dal mondo”, che si diffuse ben presto sia in Oriente sia in Occidente. La professione monastica, espressa lungo i tempi in varie Regole, implicava l’impegno a votarsi a povertà, castità e obbedienza, unite a un’intensa preghiera personale e/o comunitaria, con l’obbligo, specie in certe esperienze, del lavoro manuale unito alla vita contemplativa. Le maggiori figure del monachesimo furono Sant’Antonio abate in Egitto, Pacomio in Oriente e, in Occidente, Martino di Tours e Benedetto da Norcia (a cui si rifece la vastissima famiglia benedettina nelle sue numerose ramificazioni e riforme interne tuttora vive e operanti). Il monachesimo ortodosso, da parte sua, accentuò i tratti di severità ascetica sia in forme comunitarie maggiori o minori (lavre; skete) sia in forme individuali (idiorythmiche), le une e le altre ancora attualmente presenti ad esempio in quella repubblica monastica che è il monachesimo del Monte Athos. L’incontro con i popoli barbari diede origine a una prima grande ondata missionaria e a un’intensa e sistematica opera di evangelizzazione delle popolazioni rurali che, pur lasciando sopravvivere elementi tradizionali e folklorici, realizzò lentamente – spesso al prezzo di feroci violenze – un’opera di elevazione dei costumi e di pacificazione delle tensioni entro la cristianità. Nel lungo periodo che va dalla seconda ondata delle invasioni barbariche fino all’inizio delle crociate, la vita cristiana delle popolazioni assunse fisionomie molto diverse. Nel frattempo il papato romano fu segnato da una forte caduta di prestigio, da innumerevoli casi di simonia e da feroci lotte interne. Un’altra grande stagione di creazione di cultura cristiana fu determinata dall’incontro con la rinascita dell’Europa nel XII secolo: in essa, col rilancio dei commerci e il sorgere delle università, il cristianesimo assunse un ruolo culturale di primo piano, in particolare con la canonistica e la teologia scolastica, la quale fece tesoro della riscoperta del pensiero aristotelico, assurto a canone del metodo scientifico in ogni campo. Su un altro versante, gli ordini mendicanti diffusero – anche fra le classi più umili – le istanze di una vita religiosa più autentica, con la predicazione di penitenza e la valorizzazione della povertà, senza peraltro rifiutare l’istruzione e l’apporto della teologia mistico-spirituale. Fenomeni come i movimenti laicali, il trasferimento della centrale della cristianità occidentale ad Avignone, la crisi della chiesa culminata con il cosiddetto scisma d’Occidente e lo sviluppo delle teorie conciliari con rivendicazioni di libertà all’interno della società ecclesiastica e contestazioni del principio di autorità, fecero assumere al cristianesimo tratti nuovi rispetto a quelli dell’età altomedievale. Al tempo stesso influenzarono anche il mondo esterno: l’Umanesimo e il Rinascimento – in cui il papato romano entrò come elemento promotore rivendicandone in certi casi persino la guida e la realizzazione – si aprirono la via in mezzo a questo complesso di tensioni, liberarono una gran quantità di energie nuove, riscoprirono i valori di un’antichità che il cristianesimo medievale aveva per così dire occultato o rigettato, stimolarono ulteriori ricerche, si caricarono di forti polemiche a riguardo dei metodi ermeneutici tardomedievali, mirarono a ripresentare antico e “moderno” sotto un segno cristiano nuovo, garantito dal rigore filologico, e alimentarono forti critiche verso la decadenza del costume ecclesiastico. Cominciarono sempre più di frequente a farsi sentire aspirazioni a una maggiore indipendenza religiosa e vigorose contestazioni dell’autorità fondata sul solo principio della tradizione. La Riforma protestante, che fece echeggiare nel mondo religioso cristiano l’appello intransigente alla Scrittura in quanto norma fondamentale della vita di fede, ebbe effetti dirompenti anche sul quadro europeo: il nuovo credo religioso arrivò fino alle masse contadine che giunsero alla rivolta aperta, determinò sconvolgimenti politici che segnarono la crisi di quell’impero cristiano che agli inizi del regno di Carlo V (1519-56) era ancora una realtà storica significativa, spinse i prìncipi ad assumersi la responsabilità della vita religiosa cristiana, mentre si sviluppavano le grandi potenze europee che canalizzavano a fini politici la rivolta religiosa. Questo grande mutamento spinse per contrasto il papato romano e l’intero cattolicesimo a un’intensa opera di riorganizzazione, repressione e restaurazione che ebbe anche una vasta portata sociale (Controriforma). Una certa restaurazione sul lato opposto fu praticata dal protestantesimo come reazione alle “nuove eresie” che spiriti inquieti, sovente di origine italiana, diffusero nelle loro peregrinazioni sfuggendo alle persecuzioni tanto dei cattolici quanto delle chiese uscite dalla Riforma e dei prìncipi che le sostenevano. L’epoca delle scoperte geografiche dischiuse al cristianesimo spazi territoriali nuovi e immensi e determinò una sua inedita espansione, che avvenne sotto il patronato delle grandi potenze, cattoliche prima – Spagna e Portogallo – e protestanti poi (ma solo assai più tardi). Le missioni svolsero una vasta opera di acculturazione di popoli sino allora rimasti estranei al cristianesimo, non senza l’uso di metodi spesso brutali e impositivi. In Europa, per contro, le guerre di religione fecero emergere forme di cristianesimo che segnarono un ritorno all’indietro rispetto ai livelli di civiltà e di vita religiosa precedenti, dal momento che si giunse fino alla distruzione reciproca più esasperata da parte di opposti gruppi e chiese cristiani. Emersero peraltro, nei due campi in contrasto, istanze di libertà e di reciproca tolleranza che già erano state proclamate dai movimenti ereticali, antitrinitari e latitudinari precedenti e che contribuirono a mettere in crisi le forme dell’assolutismo confessionale rivelatosi alla lunga votato all’autodistruzione. Con il manifestarsi della “crisi della coscienza europea” lo stesso assolutismo politico, che pure conservò in se stesso tendenze alla persecuzione delle dissidenze religiose interne (si pensi, nel periodo dell’egemonia francese, alle persecuzioni contro gli ugonotti), venne a temperare il principio fino ad allora indiscusso della unità confessionale come bene politico: con l’evoluzione delle situazioni, si superò di fatto il principio della controversia e dell’imposizione della religione, dovendosi tener conto che certe forme di cattolicesimo e di protestantesimo (dai giansenisti ai gallicani in campo cattolico, dai pietisti ai gruppi settari in campo protestante) fecero emergere il profilo di cristianesimi molto vari e per certi aspetti simili fra loro, al di là delle barriere confessionali formalmente non rifiutate. Con l’Illuminismo non solo si andò al di là della critica del confessionalismo assolutistico e dell’autoritarismo ecclesiastico, ma si arrivò alla ben più radicale critica dei fondamenti ultimi del cristianesimo e della stessa religione trascendente e rivelata a favore di una religione naturale (che considerava il cristianesimo come la “religione della ragione”). In certi casi si giunse fino all’ateismo e alla denuncia dell’“impostura” delle religioni. Le chiese cristiane erano altresì ormai sovente pervase di sensibilità illuministica, e presentavano notevoli tracce di “religiosità ragionevole”, sia in campo cattolico sia in area protestante, qui soprattutto in forme spiritualistico-mistiche. I grandi rivolgimenti prodotti dalla Rivoluzione francese – durante la quale si produssero numerose forme di vera e propria scristianizzazione accompagnate dal sorgere di culti ed espressioni di religiosità nuove anche se effimere (culto della Dea Ragione, culto dell’Essere Supremo, culti patriottici) – portarono per reazione, nel periodo della Restaurazione e del Romanticismo, a ritorni di cristianesimo come religione positiva, ma anche ricca di fermenti universalistici, teosofici, simbolistici, contrastati ovviamente dalle chiese cristiane più istituzionalizzate, ma che ebbero forte influenza sulle classi intellettuali e persino, in certi casi, su illustri uomini di stato e di governo. Con l’affermarsi poi del liberalismo si svilupparono correnti di cristianesimo liberale, soprattutto nell’area del protestantesimo. Durante tutto l’Ottocento grande importanza andò assumendo la teologia protestante liberale (il cui capostipite è considerato Friedrich Daniel Schleiermacher) che fece proprio il metodo storico-filologico, con radici filosofiche soprattutto hegeliane, applicandolo allo studio della Bibbia, con risultati che, diffondendosi e volgarizzandosi, apparvero sconvolgenti per la fede tradizionale sia cattolica sia protestante o riformata. Tale metodo passò poi dallo storicismo romantico al positivismo. Nella cultura francese le idealità cristiane in senso universalistico presero forma di “religione dell’Umanità” (con August Comte, che finì per concepirla come una religione positiva esemplata su quella cattolica) o di ideali umanitari ispirati a un cristianesimo etico, scettico e alieno da ogni forma istituzionale (esempio classico il modello di religiosità di cui la Vita di Gesù di Ernest Renan appare come il manifesto). In area cattolica il liberalismo ebbe anch’esso un suo sviluppo cristiano, anche se assai più ridotto e, per la particolarità delle situazioni politiche dei paesi in cui si affermò, essenzialmente volto a chiarire i problemi del rapporto dei credenti, attenti alla formazione degli stati nazionali, con le forti resistenze delle chiese a ogni forma di liberalismo in cui si vedeva solo la continuazione della Rivoluzione. Si determinarono così, per reazione, movimenti e correnti di cristianesimo intransigente, marcatamente ecclesiastico, autoritario, centralizzatore. In seno al cattolicesimo ciò si tradusse in una sottolineatura sempre più forte del potere papale (fino alla proclamazione del dogma dell’infallibilità papale, e più tardi al rigetto di ogni forma di cristianesimo “modernista”), a cui corrispose peraltro, in analogia a quanto era avvenuto con la Controriforma, un forte rilancio delle missioni (non solo cattoliche), strettamente legato allo sviluppo del colonialismo delle potenze europee, alla conquista di spazi e di zone di influenza sia in Asia sia in Africa. All’invadenza e alle chiusure delle forme di cristianesimo ecclesiastico gli stati soprattutto europei reagirono con misure propagandistiche vigorose e soprattutto con provvedimenti di più o meno radicale “separazione” delle chiese dagli stati, già sancite dalla Rivoluzione francese, e con vaste iniziative di secolarizzazione, che le gerarchie ecclesiastiche condannarono con vigore, ma che non pochi cristiani andarono via via riconoscendo come veramente liberatrici anche per l’autenticità della religiosità cristiana (laicismo). Situazioni totalmente nuove si manifestarono con la prima guerra mondiale (1914-18), la quale, per il suo carattere di universalità, venne a interessare a fondo l’universalità specifica del cristianesimo sia pure nella situazione di opposizione reciproca in cui vennero a trovarsi le varie chiese schierate su fronti diversi. La rivoluzione bolscevica del 1917 e successivamente i totalitarismi – che assunsero la forma di vere e proprie “chiese” laiche animate da radicalismi ideologici intransigenti e settari (totalitarismo) – aprirono un capitolo totalmente nuovo per il cristianesimo delle varie confessioni. In Unione Sovietica non solo il cristianesimo, ma ogni forma di religiosità, anzi ogni forma di ideologia dissidente rispetto a quella di stato, fu fatta oggetto di campagne propagandistiche e di persecuzioni estreme e sanguinose. Una situazione che, con alti e bassi, si ripeté dopo la seconda guerra mondiale (1939-45), quando nei paesi ormai entrati nell’area del comunismo sovietico, se le chiese ufficialmente costituite ottennero di fatto a loro vantaggio situazioni di tolleranza, furono i cristiani non conformisti o appartenenti a sette e gruppi minori a divenire oggetto di spietate persecuzioni, proseguite fino ad anni recenti. Le gravi prove subite dai cristiani di diverse confessioni specialmente durante e dopo la seconda guerra mondiale, hanno reso sempre più evidente l’anacronismo delle contrapposizioni confessionali. Mentre in area protestante già a partire dal 1910 (conferenza di Edimburgo) era andato sviluppandosi il movimento ecumenico, questo fu rilanciato con vigore con la conferenza di Amsterdam del 1948, a cui seguirono vari incontri di unionismo confessionale. Si sviluppò così il movimento ecumenico di riavvicinamento fra i cristiani di confessioni diverse. Con il concilio Vaticano II (1962-65) anche la chiesa cattolica fu progressivamente coinvolta in questo sviluppo, pur non integrandosi ancora nel movimento come tale (ecumenismo). Nel mondo occidentale peraltro, dove i cristiani di diverse confessioni hanno goduto di ogni libertà, il cristianesimo, che ha mostrato segni di tenuta e di vitalità sotto le persecuzioni dei regimi comunisti, è andato incontro a forme sempre più generalizzate di crisi, dovute al progredire del processo di secolarizzazione, al crescere dell’indifferenza religiosa in un mondo largamente dominato dalla tecnica, dalla scienza, dalla ricerca del benessere che si esprime nella cosiddetta “civiltà dei consumi”. In questo quadro più generale si spiegano i fenomeni di reazione in atto in tutte le grandi chiese cristiane, con ritorni anche minoritari ma assai significativi a forme ascetiche di vita cristiana, iniziative rievangelizzatrici, rilancio della catechesi e progetti di cultura cristiana. Accanto a queste forme di rinnovamento, emergono peraltro fenomeni molto diversi di neo-integralismo, oltre a carismatismi e ad attivismi solidaristici. Non deve poi essere dimenticato o sottovalutato lo sviluppo che hanno assunto le sette, le rinascite del “sacro” di contenuto sincretistico e, ancora, la singolare fortuna di cui godono, in certe aree geografico-culturali, l’islam e il buddhismo. [Franco Bolgiani]

Top