Sierra Leone

Stato attuale dell’Africa centrosettentrionale. Il territorio della Sierra Leone fu scoperto nel 1462 dal portoghese Pedro de Sintra. Nel XVI secolo fu occupato da popolazioni mandé le quali, dopo essersi rapidamente integrate con le tribù autoctone, costituirono un regno con a capo Farama Tami, primo bai, cui succedette Filippo, battezzato dai portoghesi nel 1605. Notevole importanza ebbe il bai Borea il Grande (1630-64), che si alleò con gli inglesi. A partire dal XVI secolo si sviluppò la tratta degli schiavi fino a quando, a partire dal 1787, la Gran Bretagna iniziò a inviare in questa regione gli schiavi liberati che avevano partecipato alla guerra d’indipendenza americana. In quest’ultimo processo ebbe un ruolo fondamentale il “Comitato del povero negro”, che nel 1791 si trasformò in Sierra Leone Company. Dopo l’abolizione della tratta nel 1807, molti schiavi liberati si insediarono nella Sierra Leone e vennero convertiti al cristianesimo dalla chiesa anglicana e dai metodisti. Nel 1808 la Sierra Leone assunse lo status di colonia ed entrò a far parte dell’Africa occidentale britannica. Dopo la definizione dei confini con la Liberia nel 1885 e l’accettazione da parte della Francia della sovranità britannica sulla regione nel 1895, nel 1896 fu istituito il protettorato sull’entroterra. Nel 1924 e poi nel 1947 furono varate due costituzioni (la seconda entrò però in vigore soltanto nel 1951) che prevedevano una notevole partecipazione della popolazione al governo del paese. Sorse poi il Partito del popolo della Sierra Leone (SLPP) guidato da Milton Margai. Sotto la sua leadership, il paese conseguì nel 1958 l’autonomia interna e il 27 aprile 1961 l’indipendenza. Dopo la sua morte nel 1964, divenne capo del governo il fratello Albert Margai, che dovette affrontare una situazione di crescenti difficoltà economiche e sociali dovute al predominio dei creoli discendenti dagli schiavi liberati provenienti dall’America. Nel 1967 l’SLPP subì una secca sconfitta elettorale. Il partito di opposizione, il Congresso di tutto il popolo (APC), guidato da Siaka Stevens, formò allora il nuovo governo, ma fu rovesciato nel marzo 1967 da un colpo di stato militare. Gli subentrò Andrew Juxon-Smith a sua volta rimosso dal suo incarico nell’aprile 1968, in seguito a un nuovo pronunciamento militare che riaffidò il governo a Siaka Stevens. Dopo la nazionalizzazione, nel 1969, delle miniere di diamanti che costituiscono la principale fonte di entrate per il paese, la gravissima instabilità politica indusse Stevens a dichiarare lo stato di emergenza e a chiedere aiuti militari alla Guinea. Nell’aprile 1971 fu proclamata la repubblica e Stevens fu eletto alla presidenza. Dopo la vittoria elettorale dell’APC nel 1973 e la rielezione di Stevens nel 1976 ebbe inizio un processo di trasformazione che doveva condurre nel 1978 alla costituzione di un regime a partito unico, che si legò sempre più saldamente ai paesi arabi e ai paesi socialisti. La situazione economica agli inizi degli anni Ottanta andò ulteriormente aggravandosi, anche per il progressivo esaurimento delle miniere di diamanti. Stevens fu quindi costretto a fare concessioni sempre più ampie alle opposizioni. Alle elezioni presidenziali del 1985 fu poi eletto Joseph Momoh, che si sforzò di avviare il risanamento economico del paese attraverso rigide misure di austerità. Nel 1987 un nuovo tentativo di colpo di stato portò a un’ondata di arresti e di epurazioni che coinvolsero anche i vertici del governo: fu questo l’inizio di sempre più gravi disordini che si trasformarono, dal 1991, in guerriglia. Il golpe militare del 1992 portò al potere il capitano Valentine Strasser, il cui governo fu rovesciato nel 1996 da un nuovo golpe militare. Le successive elezioni furono vinte dal Partito del popolo e fu costituito un governo con a capo Ahmad Tejan Kabbah, che si trovò a fronteggiare la guerra civile, iniziata nel 1991 dal Fronte rivoluzionario unito (RUF), col quale giunse a una tregua nel 1996, non rispettata. Nel 1997 l’esercito rovesciò il governo, con la conseguenza di provocare l’intervento militare della Nigeria e di altri paesi africani che rimisero al potere Kabbah nel 1998. Il RUF riprese allora le armi e mise in atto una campagna terroristica. Nel 1999 furono avviati contatti per un accordo tra Kabbah e il Fronte. Solo dopo alcune fasi alterne e la cattura dei leader del RUF, la guerra civile sembrò così attenuarsi consentendo, nel maggio del 2002, la convocazione delle elezioni: il Partito del popolo vinse le legislative e il presidente Kabbah fu rieletto, impegnandosi immediatamente a favore della riconciliazione nazionale e del rilancio economico del paese. A tale scopo furono istituiti una Commissione per la Verità e la Riconciliazione e un Tribunale delle Nazioni Unite per i crimini di guerra. Nel 2007 fu eletto presidente Ernest Bai Koroma e il suo partito, il Congresso di tutto il popolo, ottenne la maggioranza parlamentare.
La sua amministrazione si impegnò nel risanamento dell’economia, nella lotta alla corruzione e, più in generale, nel miglioramento delle condizioni di vita della popolazione. Nel 2012 Koroma fu rieletto con un’ampia maggioranza. Nello stesso anno l’ex presidente liberiano Charles Taylor fu condannato a cinquant’anni di carcere per il diretto coinvolgimento nella guerra civile che negli anni Novanta devastò il paese.