Madagascar

Stato attuale dell’Africa sudorientale.

  1. Dalle origini alla colonizzazione europea
  2. La dominazione francese
  3. La repubblica malgascia
1. Dalle origini alla colonizzazione europea

L’isola conobbe successive sovrapposizioni di popolazioni africane e indonesiane. Intorno al XII secolo si insediarono lungo le coste gli antaloti, popolo di religione islamica costituito dalla fusione di arabi, malgasci e africani, culturalmente vicino alle popolazioni delle Comore. Menzionata da Marco Polo, fu raggiunta il 10 agosto 1500 dal navigatore portoghese Diogo Diaz: fu allora chiamata “isola di San Lorenzo”. Divenuta nel corso del XVI secolo base navale per portoghesi, inglesi e olandesi lungo la rotta verso le Indie, solo nel 1643 conobbe un primo stanziamento europeo con la fondazione da parte francese di Fort Dauphin (dal nome del delfino di Francia, futuro Luigi XIV). Temporaneamente colonizzata fra il 1667 e il 1674 per volere di Colbert, fu poi abbandonata dai francesi per l’ostilità degli indigeni e le sue coste rimasero a lungo in balìa dei pirati. Fino al XVIII secolo nell’isola si susseguirono numerosi regni fra cui quello costiero di Menabe e quello di Boina, sulla costa occidentale, mentre nell’interno si formarono i regni dell’Isandra, del Lalangina e soprattutto quello Merina, che nell’Ottocento avrebbe unificato il Madagascar. Fu Radama I (1810-28) a portare il regno Merina alla sua massima espansione territoriale e alla sua compiuta organizzazione attraverso un’abile politica di alleanza con gli inglesi (dai quali ottenne armi per la sua azione di conquista): nel 1817 venne riconosciuto re dell’isola. Furono vani invece tutti i tentativi di riconquistare il Madagascar intrapresi dai francesi fra il Sette e l’Ottocento (rimase loro solamente la piccola isola di Sainte-Marie, acquisita nel 1750). Alla morte di Radama I seguì un trentennio di incertezza della corte merina, divisa fra l’intento di ergersi a baluardo contro la penetrazione europea e il desiderio di evitare le ritorsioni delle potenze coloniali: mentre la regina Ranavalona I iniziò una fase di persecuzioni contro i cristiani e gli europei, Radama II, succeduto alla madre nel 1861, volle riprendere i contatti con gli inglesi, ma non poté portare a compimento il suo progetto per l’ostilità della corte e nel 1863 venne ucciso. Vero ispiratore della politica malgascia divenne allora il primo ministro Rainilaiarivony, rimasto al governo durante il regno delle regine Rasoherina (1863-68), Ranavalona II (1868-83) e Ravanalona III (1883-97): fu allora favorita la modernizzazione del paese e vennero ristabiliti rapporti privilegiati con l’Inghilterra, come testimonia anche la conversione all’anglicanesimo della corte e di buona parte della popolazione. Intorno al 1840 i francesi ebbero nuovamente l’opportunità di intervenire direttamente nell’isola, appoggiando i capi sakavala ostili ai Merina. In Francia il governo di Jules Ferry nel 1883 poté quindi pretendere il controllo della parte settentrionale del Madagascar, e il trattato del 17 dicembre 1885 stabilì il protettorato francese sull’isola. Vana fu la resistenza opposta dal regno Merina: lo sbarco nel gennaio del 1895 di truppe francesi, che dopo accesi scontri occuparono la capitale, costrinse il 1° ottobre Ranavalona III a siglare il trattato che istituiva il protettorato.

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2. La dominazione francese

Dopo un’insurrezione l’isola venne annessa il 6 agosto 1896 alla Francia e nell’arco di un decennio furono prese energiche misure volte a riportare l’ordine e a stabilire l’effettivo dominio francese. Fu abolita la schiavitù, avviata la riorganizzazione amministrativa dello stato, sviluppata un’embrionale rete di comunicazioni e potenziata la produzione agricola, anche se ancora alla vigilia della seconda guerra mondiale gran parte delle risorse del paese non erano sfruttate. Dopo l’occupazione nazista della Francia, il Madagascar passò sotto l’amministrazione della repubblica di Vichy, ma nel 1942 fu occupato dalle truppe inglesi e affidato all’esercito di liberazione francese. Alla fine della seconda guerra mondiale furono creati organismi di rappresentanza e nel 1946 l’isola fu dichiarata territorio d’oltremare, mentre acquisivano forza sempre maggiore i movimenti nazionalisti, fra cui il Movimento democratico del rinnovamento malgascio (MDRM) e le società segrete Jina e Panamá. La rivolta antifrancese scoppiata fra il marzo e l’aprile 1947 determinò una durissima repressione, con un bilancio di circa ottantamila morti, l’imprigionamento dei rappresentanti dell’MRDM e la messa fuori legge di quest’ultimo. Solo nel 1956 fu tolto lo stato d’assedio e venne formato il primo governo malgascio, guidato da Philibert Tsiranana.

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3. La repubblica malgascia

Dopo la creazione della repubblica malgascia il 14 ottobre 1958, il Madagascar raggiunse l’indipendenza il 26 giugno 1960, restando tuttavia nell’ambito della Comunità francese. La prima fase del nuovo stato fu dominata dalla figura del presidente della repubblica, Tsiranana, fautore di una linea fortemente autoritaria all’interno e filo-occidentale. Dalla fine degli anni Sessanta la politica di Tsiranana suscitò un crescente malcontento, esploso nelle proteste studentesche e sindacali del 1971-72. Dopo la proclamazione dello stato di emergenza e la caduta di Tsiranana nel 1972, il Madagascar abbandonò la Comunità francese e si avviò verso una politica di non allineamento, mentre persistevano nel paese gravi difficoltà di carattere economico e si acuiva la conflittualità fra l’esercito e le forze civili. Il 14 giugno 1975 Didier Ratsiraka venne nominato presidente del Consiglio supremo della rivoluzione e capo dello stato: nel dicembre fu promulgata una nuova costituzione, che instaurava la seconda repubblica e confermava Ratsiraka alla presidenza e a capo dell’Avanguardia della rivoluzione del Madagascar (AREMA). Con l’avvicinamento all’Unione Sovietica si inaugurò una politica di carattere socialista, fondata sui fokonolona, antiche strutture comunitarie di villaggio, che dal 1977 divennero i nuclei di una nuova organizzazione amministrativa. Ratsiraka, rieletto nel 1982 e nel 1989, intervenne soprattutto in campo economico mediante una maggiore apertura verso l’Occidente (nel 1990 furono riprese anche le relazioni diplomatiche con il Sudafrica) e il tentativo di avviare una politica di contenimento della crescita demografica. Tuttavia il regime dovette far fronte a una nuova ondata di proteste, acuitesi dopo il giugno 1991, e alle richieste di abolizione della costituzione socialista. Nel 1992 fu approvata una nuova costituzione e le elezioni del 1993 presidenziali e legislative videro il successo del Comitato delle forze vive (CFV), un cui esponente, Albert Zafy, divenne presidente. Il risultato fu però rovesciato nel 1996, allorché Ratsiraka fu nuovamente eletto presidente. Il suo partito ottenne successivamente la maggioranza assoluta alle elezioni per l’assemblea nazionale (1998) e per il senato (2001). Alle presidenziali del 2002 si aprì una grave crisi politica e istituzionale dopo che Marc Ravalomanana, in testa al primo turno delle elezioni presidenziali, si autoproclamò presidente. Dopo una fase di tensione e scontri armati, Ravalomanana ottenne l’appoggio dei militari e costrinse Ratsiraka a ritirarsi e ad andare in esilio. In risposta all’indebolimento complessivo del paese causato dall’instabilità politica, Ravalomanana adottò un’energica strategia di risanamento economico che fu ben presto coronata da successi. Nonostante i periodici disordini e i tentati colpi di stato del 2003 e del 2006, Ravalomanama fu riconfermato presidente alle successive elezioni del dicembre 2006. A partire dal 2008, tuttavia, l’opposizione guidata da Andry Rajoelina accusò Ravalomanama di esercitare un potere dittatoriale sul paese, invitandolo perciò a dimettersi. Lo scontro degenerò nel corso del 2009, quando Ravalomanama fu costretto, a seguito di un colpo di stato condannato dalla comunità internazionale, a cedere il proprio potere a Rajoelina, nel frattempo autoproclamatosi presidente della Repubblica. Nonostante le pressioni internazionali e le numerose trattative, Rajoelina riuscì a mantenere saldamente il potere e, nel 2010, a far approvare una nuova costituzione.

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