Lituania

Stato attuale dell’Europa nordorientale. Tribù di balti si insediarono nei territori dell’odierna Lituania nel X secolo. Ampie zone del paese caddero poi sotto il dominio dei cavalieri teutonici nel XIII secolo. Spinti dall’esigenza di resistere alla loro pressione, i lituani diedero vita in quello stesso secolo a un forte stato unitario. Questo conobbe una notevole espansione, giungendo a comprendere la Bielorussia, una parte assai ampia dell’Ucraina, territori della Grande Russia, fino a toccare il Mar Nero. L’ascesa della potenza lituana iniziò con i granduchi Gedimino (1316-41) e Algirdas (1345-77). Il figlio di questi, Jagellone, salì al trono di Polonia nel 1386 con il nome di Ladislao II, realizzando l’unione tra Lituania e Polonia. Sotto il granduca Vitold (1392-1430), l’esercito lituano-polacco nel 1410 inflisse a Grunwald una disastrosa sconfitta ai cavalieri teutonici. Per far fronte alla pressione russa, nel 1569 la Lituania, in base all’Unione di Lublino, si pose sotto l’egemonia della Polonia, dando un chiaro segno del declino della sua passata potenza. Dopo aver subito numerose spartizioni nella seconda metà del Settecento, nel 1795 la Lituania diventò in gran parte un dominio russo, rimanendo tale fino alla prima guerra mondiale, e per il resto passò alla Prussia. Nel 1918, crollato l’impero zarista, la Lituania proclamò la propria indipendenza e divenne una repubblica. Se non che dovette resistere alle pretese polacche, tanto da restare in stato di guerra con la Polonia dal 1920 al 1927. Dopo gli anni iniziali di relativa democrazia, l’asse politico a partire dal 1926 si spostò in senso autoritario. Nel 1938 fu approvata una costituzione ispirata al corporativismo fascista. Sottoposta alle contemporanee pressioni polacche, tedesche e sovietiche, la Lituania, per effetto del patto nazi-sovietico del 1939, venne inglobata nell’Unione Sovietica nel 1940. Durante l’occupazione tedesca del paese tra il 1941 e il 1944, numerosi furono i lituani che combatterono a fianco della Germania contro i sovietici. L’antisemitismo era diffuso e la comunità ebraica in Lituania venne quasi interamente sterminata. Riconquistata dai sovietici nel 1944, la Lituania subì una dura politica repressiva. Nel 1990, nel quadro del collasso dell’Unione Sovietica, il paese proclamò la propria indipendenza, riconosciuta dai russi nel 1991. Le elezioni parlamentari del 1992 e quelle presidenziali del 1993 furono vinte dal Partito democratico del lavoro, formato dagli ex comunisti. Presidente divenne Algirdas Brazauskas. Il nuovo governo avviò un processo di privatizzazioni, favorì lo stabilirsi dell’economia di mercato e avviò l’integrazione del paese nelle strutture economiche e politiche dell’Europa. Dopo lo scoppio di numerosi casi di corruzione e l’aggravamento della recessione economica, nel 1996 le elezioni portarono al successo l’Unione patriottica, un partito di centrodestra, il cui governo avviò una politica economica di austerità che favorì lo sviluppo. Il candidato governativo Valdas Adamkus fu eletto presidente nel 1998. Nelle successive elezioni del 2003 si impose invece il populista Rolandas Paksas, leader del partito liberal-democratico, il quale, però, accusato dalla Corte costituzionale di aver ripetutamente violato la costituzione, fu costretto a dimettersi poco dopo. Nel 2004 tornò alla presidenza Adamkus e durante il suo mandato la Lituania entrò a far parte della NATO e dell’Unione Europea. Alle successive elezioni presidenziali del 2009 fu eletta per la prima volta una donna, Dalia Grybauskaite. Negli anni Duemila rimasero tese le relazioni con la Russia.