Lettonia

Stato attuale dell’Europa nordorientale. Il paese fu colonizzato nel XIII secolo dai cavalieri teutonici, che vi introdussero il cristianesimo. Forte fu così l’impronta germanica, che si fece sentire sia sul piano commerciale per l’influenza della Lega anseatica sia per il predominio incontrastato acquistato dalla nobiltà tedesca. Estesa su parte della Livonia e della Curlandia, nel 1629 la Lettonia fu quasi completamente inglobata dalla Svezia, che la cedette nel 1721 alla Russia, la quale tra il 1772 e il 1795 si impadronì dell’intera Livonia e della Curlandia. La dominazione russa non scosse il primato economico, sociale e culturale dell’aristocrazia germanica, tanto che solo nel 1885 il russo sostituì il tedesco come lingua ufficiale. La precoce emancipazione dei servi, che fu un fatto compiuto nel 1819, mentre in Russia fu realizzata solo nel 1861, creò le condizioni per un notevole sviluppo economico nell’agricoltura e nell’industria. Nell’Ottocento andò mettendo radici la coscienza nazionale. A sua volta si sviluppò tra la fine del secolo e gli inizi del Novecento il movimento operaio, sicché quando scoppiò la rivoluzione del 1905 i lettoni vi ebbero una parte molto attiva. Il crollo dell’impero russo creò le condizioni per l’indipendenza del paese nel 1918. Se non che la Lettonia, tra il 1918 e il 1920, divenne un campo di battaglia dei corpi franchi tedeschi e dei bolscevichi russi. Nel 1920 il paese, vista riconosciuta la propria indipendenza dalla pace di Riga, si diede una costituzione democratica e furono messe in atto misure per espropriare le grandi proprietà terriere. Negli anni Trenta le istituzioni democratiche entrarono in crisi e nel 1936 fu instaurato un regime autoritario a opera di Karlis Ulmenis. Il patto nazi-sovietico del 1939 creò le condizioni perché il paese nel 1940 venisse incorporato nell’Unione Sovietica. Occupata dai nazisti nel 1941, la Lettonia, dove molto esteso fu l’appoggio dato ai tedeschi per ostilità verso i russi, nel 1944 si trovò nuovamente inglobata nell’URSS. All’indomani della dissoluzione di quest’ultima, nel 1990 la Lettonia rivendicò la propria indipendenza, che fu formalmente riconosciuta anche dalla Russia nel 1991. Nel 1995 la Lettonia fu riconosciuta come stato associato dall’Unione Europea. Alla fine di quell’anno Andris Skele formò un debole governo di coalizione, che cadde due anni dopo anche perché travolto da accuse di corruzione. Le elezioni del 1998 confermarono la debolezza del sistema politico, segnato da una eccessiva frammentazione partitica.
Nel 2004 la Lettonia entrò a far parte a pieno titolo della Nato e dell’Unione Europea e, negli anni successivi, guidata da ampie coalizioni di centro-destra, conobbe un’intensa fase di crescita economica sino alla gravissima crisi finanziaria del 2008-2010, che la costrinse a richiedere assistenza al Fondo Monetario Internazionale. L’introduzione di severe misure di riduzione della spesa sociale scatenò un’ondata di malcontento sociale che, nel 2009, determinò la caduta del governo guidato da Ivars Godmanis. All’indomani delle elezioni parlamentari del 2010 seguì la formazione di un altro governo di centro-destra, guidato da Valdis Dombrovskis. Sul piano sociale restò ragione costante di tensioni la questione dello status della minoranza russa (all’incirca un quinto della popolazione totale), cui fu riconosciuta la cittadinanza solo nel 2007, quando fu posta fine a una pluridecennale disputa sui confini. Nel 2012, in occasione di un referendum, la maggioranza dei lettoni si espresse negativamente rispetto all’ipotesi di rendere il russo la seconda lingua ufficiale dopo il lettone. Più, in generale, i rapporti con la Russia rimasero tesi per tutti i primi anni Duemila.