Finlandia

Stato attuale dell’Europa settentrionale.

  1. Dalle origini al XVIII secolo
  2. Dalla pace di Tilsit alla prima guerra mondiale: il granducato di Finlandia sotto l’egemonia russa
  3. La Finlandia fino all'adesione all'Unione Europea
  4. La Finlandia nel secondo millennio
1. Dalle origini al XVIII secolo

Già abitata dai lapponi, nei primi secoli dell’era cristiana la Finlandia fu raggiunta da tribù ugro-finniche che si stanziarono nelle zone sudorientali del paese. Nel corso del primo millennio l’organizzazione tribale vide definirsi al suo interno una stratificazione sociale basata su tre classi fondamentali: aristocrazia, contadini e servi. In questa fase la Finlandia entrò lentamente in rapporto con il resto dell’Europa settentrionale grazie agli scambi di carattere commerciale assicurati dai mercanti vareghi, che instaurarono alcune basi sul suo territorio. Cristianizzata nel XII secolo per opera del re di Svezia Erik IX il Santo, l’area finlandese fu poi contesa tra gli svedesi e i russi del principato di Novgorod fino al 1323, quando la pace di Pähkinäsåri sancì la sua appartenenza alla Svezia pur nel quadro del riconoscimento di una parziale autonomia. La Finlandia fu allora eretta a ducato, e nel 1362 la Svezia riconobbe ai suoi abitanti una sostanziale parità di diritti, concretizzatasi in particolare nella possibilità dell’aristocrazia finnica di partecipare all’elezione del sovrano di Svezia. Dopo la costituzione dell’Unione di Kalmar (1397) il paese, sempre legato alla Svezia, subì l’egemonia danese fino al 1523 (nonostante il tentativo di ribellione attuato nel 1430 dal finlandese K. Knutsson). Nel XVI secolo la Finlandia fu nuovamente posta sotto il dominio dalla Svezia che, uscita dall’Unione di Kalmar, sotto la dinastia Vasa si affermò rapidamente come la potenza egemone di tutta l’area del Baltico. Passata alla Riforma nel 1527 per volontà di Gustavo I Vasa, cercò invano di contrastare il processo di accentramento perseguito dal sovrano con frequenti rivolte nobiliari (a cui si aggiunsero scontri tra contadini e nobili, la cosiddetta “guerra dei randelli”). La dura repressione svedese portò alla soppressione del ducato finlandese (1581) e alla revoca di qualsiasi forma di autonomia. Nel XVII secolo, durante i regni di Gustavo II Adolfo (1611-32) e di Carlo XI (1660-97) la Finlandia fu ancora (come già nell’ultimo trentennio del Cinquecento) teatro di scontri fra Svezia e Russia. In questo secolo essa risentì comunque degli effetti positivi legati alla riorganizzazione seguita alla nascita dell’assolutismo svedese, quali il sorgere di una struttura burocratica moderna e razionale (di cui furono concreta espressione l’organizzazione del catasto e la fondazione dell’università di Turku) e il ridimensionamento della grande proprietà nobiliare latifondista. Il Settecento si aprì invece in modo drammatico per la Finlandia che, coinvolta nella grande guerra del Nord (1700-21), fu dapprima occupata dai russi e quindi privata della Carelia con la pace di Nystad (1721). Nuovamente contesa fra Svezia e Russia, con la pace di Turku (1743) perse infine gran parte dei suoi territori orientali (passati alla Russia). Nella seconda metà del XVIII secolo attraversò quindi una fase di gravissima crisi sociale ed economica, mentre iniziavano a manifestarsi fermenti antisvedesi (talora apertamente filorussi).

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2. Dalla pace di Tilsit alla prima guerra mondiale: il granducato di Finlandia sotto l’egemonia russa

All’inizio dell’Ottocento gli accordi che portarono alla pace di Tilsit (1807) e il trattato di Fredrikshamm (1809) consentirono allo zar Alessandro I di impadronirsi del paese, che divenne quindi un granducato dell’impero relativamente autonomo (comprendente anche i territori orientali precedentemente conquistati dagli stessi russi). Retta da un governatore generale russo e da una Dieta formata da rappresentanti della popolazione locale, la Finlandia conobbe nel corso del XIX secolo un certo incremento demografico e un relativo miglioramento delle sue condizioni economiche, parallelamente a un progressivo risveglio della coscienza nazionale. Momento culminante di questa fase fu, negli anni Sessanta, l’azione riformatrice dello zar Alessandro II, che riconobbe il finnico come lingua ufficiale e concesse ai finlandesi una moneta e un esercito nazionali, accettando nel contempo un sostanziale allargamento dei poteri della Dieta. I regni degli zar Alessandro III (1881-94) e soprattutto Nicola II (1894-17) segnarono invece una profonda involuzione in senso dispotico dei rapporti fra l’impero russo e il granducato. L’esercito nazionale fu soppresso nel 1901. Nel 1903 furono conferiti poteri dittatoriali al governatore generale, il generale Bobrikov. Seguirono allora una convulsa serie di azioni e reazioni, che resero sempre più inviso il potere zarista: l’assassinio del generale Bobrikov e la rivolta e lo sciopero generale dei finlandesi in concomitanza con la guerra russo-giapponese (1904-1905), il temporaneo ripristino della Dieta da parte di Nicola II (1906), l’affermazione elettorale dei socialdemocratici (1907), il nuovo scioglimento della Dieta con un seguito di dura repressione (1910). La prima guerra mondiale esasperò i sentimenti nazionalisti e antirussi e il 6 dicembre 1917, nel quadro dei grandi sconvolgimenti provocati dalla rivoluzione bolscevica, la Finlandia poté proclamare la sua indipendenza. Il diffondersi delle idee rivoluzionarie nel 1918 aprì una fase di guerra civile, che fu tuttavia stroncata dall’intervento delle “guardie bianche” guidate dal generale C.G. Mannerheim e affiancate da truppe tedesche che, entrate in Helsinki, attuarono a loro volta una “pacificazione” attraverso il ricorso al terrore bianco.

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3. La Finlandia fino all'adesione all'Unione Europea

Proclamata la repubblica nel 1919, l’anno successivo il paese fu riconosciuto dall’URSS (pace di Tartu) e ammesso alla Società delle Nazioni. Negli anni Venti e Trenta le istituzioni finlandesi iniziarono a consolidarsi, anche se il primo dopoguerra fu caratterizzato da un quadro politico piuttosto incerto (i conservatori, alla guida del paese in governi di coalizione, potevano contare su una debole maggioranza). Nel 1923 fu temporaneamente sciolto il Partito comunista finlandese; nel 1929 fece la sua comparsa il “movimento lappista”, di ispirazione fascista. I governi conservatori scelsero di seguire una politica estera neutrale, e in questo quadro fu firmato un patto di non aggressione con l’Unione Sovietica (1932); in politica interna cercarono invece di favorire la piccola proprietà contadina e di promuovere il processo di industrializzazione e di sfruttamento delle risorse minerarie e naturali del paese. Nonostante la prudenza della sua classe dirigente, che dichiarò subito la neutralità, la seconda guerra mondiale coinvolse quasi subito la Finlandia nelle operazioni militari. Invasa il 30 novembre 1939 dai sovietici, che intendevano così costringerla a cedere loro la Carelia, essa oppose una coraggiosa resistenza, impegnando i sovietici in una campagna che durò tutto l’inverno 1939-40. Con la pace di Mosca (12 marzo 1940), tuttavia, la Finlandia dovette cedere la Carelia e la base navale di Hango. Nel 1941, dopo l’aggressione tedesca all’Unione Sovietica, si determinò un clima confuso che perdurò fino alla fine del conflitto: la Finlandia, nella quale era forte la presenza di gruppi revanscisti, dichiarò guerra all’URSS sottolineando però, non senza ambiguità, di non essere alleata della Germania. Il bombardamento di Helsinki e l’offensiva russa del 1944 in territorio finlandese costrinsero poi il presidente Ryti alle dimissioni. Con il suo successore Mannerheim si giunse infine all’armistizio con l’URSS, alla costituzione di un governo di centrosinistra e alla dichiarazione di guerra alla Germania (3 marzo 1945). La pace di Parigi (10 febbraio 1947) riconobbe l’indipendenza del paese e confermò le condizioni dell’armistizio del 1944 (cessione della Carelia e del porto di Petsamo, sul Mare di Barents). La Finlandia fu allora guidata da un’alleanza di centrodestra (anche se al suo interno la presenza comunista era forte); fu eletto presidente della repubblica Paasikivi (marzo 1946), fautore di un realistico rapporto di buon vicinato con l’URSS pur nell’ambito della scelta di un sistema politico di tipo occidentale. In politica estera il paese si attenne da allora a una linea di neutralità fra i due blocchi e avviò stretti rapporti sul piano politico ed economico con l’Unione Sovietica, con la quale nel 1948 fu stipulato un trattato di amicizia, mutua assistenza e collaborazione riconfermato l’ultima volta nel 1983. La Finlandia ricercò anche la collaborazione degli altri stati della penisola scandinava, con i quali firmò nel 1953 l’Alleanza nordica, e degli stessi paesi occidentali (nel 1961 aderì all’EFTA e in seguito stabilì rapporti commerciali con la CEE). Nel 1956 entrò a far parte dell’ONU. Nel corso degli anni Sessanta e Settanta, nonostante la forte personalità di U. Kekkonen – presidente della repubblica dal 1956 al 1981 – la situazione interna finlandese fu segnata da una forte instabilità, per la presenza di numerose formazioni politiche gravitanti attorno ai conservatori e al Partito comunista (maggioritario nel 1958, ancora forte negli anni Settanta, ma sempre lacerato da profonde divisioni interne). Precari si rivelarono tutti i tentativi compiuti dal presidente per più di un ventennio (fino alla fine degli anni Settanta) di realizzare compagini governative composite, comprendenti le forze del centro e quelle del Partito comunista. Nel 1982 divenne presidente M. Koivisto. L’anno seguente il socialdemocratico K. Sorsa formò un governo di centrodestra (esclusi per la prima volta i comunisti), che si dimostrò fra i più stabili e durò l’intera legislatura. Alle elezioni del marzo 1987 i socialdemocratici e i conservatori del Partito di coalizione nazionale divennero le due forze politiche principali del paese. I comunisti frattanto, dopo la scissione del 1985 fra la componente moderata e riformista e quella più intransigente, videro ridursi fortemente il proprio elettorato. Si formò allora un governo di coalizione con a capo H. Holkeri, del PCN, poi sostituito dal gennaio del 1989 dal socialdemocratico P. Påsio. I rapporti della Finlandia con l’URSS di Gorbacëv furono improntati alla collaborazione su problemi specifici (quali il disarmo e la denuclearizzazione del Baltico). Fra il 1989 e il 1990 l’ala comunista più radicale, che aveva dato vita alla scissione del 1985, confluì, insieme alle altre forze della sinistra, in un unico partito denominato Alleanza di sinistra, su posizioni riformiste. Il crollo dell’URSS favorì uno spostamento del paese in senso moderato, con la vittoria alle elezioni del 1991 di una coalizione di centrodestra guidata da Esko Aho, capo del nuovo governo.

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4. La Finlandia nel secondo millennio


Ma nel 1994 fu eletto presidente il socialdemocratico Martti Ahtisaari. In quello stesso anno la Finlandia divenne membro dell’Unione Europea. La difficile situazione economica, segnata da un elevato tasso di disoccupazione, determinò un ulteriore spostamento a sinistra, che portò alla vittoria dei socialdemocratici e a un governo presieduto da Paavo Lipponen, confermato dalle elezioni del 1999. Nel 2000 fu eletta alla presidenza della repubblica la socialdemocratica Tarja Halonen, che fu riconfermata per un secondo mandato anche nel 2006. Nel 2003 divenne capo del governo Matti Vanhanen del partito di centro. Riconfermato all’indomani delle elezioni parlamentari del 2007, fu tuttavia costretto a dimettersi nel 2010 in seguito allo scoppio di alcuni scandali interni al partito. Fu sostituito alla guida del partito e del governo da Mari Kiviniemi.


Nelle successive elezioni della primavera 2011, il partito di centro fu sconfitto a fronte della netta affermazione del Partito della coalizione nazionale di Jyrki Katainen, che divenne così la prima forza politica finlandese, e della sorprendente ascesa del Partito dei veri finlandesi, xenofobo ed euroscettico.
Katainen formò quindi un governo di coalizione insieme ai socialdemocratici. Nel gennaio 2012 Sauli Niinisto divenne il primo esponente del partito conservatore ad assumere l’incarico di presidente dello stato.

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