Eritrea

Stato attuale dell’Africa orientale. È situato a nord dell’Etiopia e sul Mar Rosso. Fece parte tra il III e il IV secolo d.C. del regno abissino di Aksum. La sua popolazione si convertì al cristianesimo nel IV secolo. Inglobata nell’XI secolo nell’impero etiopico, acquistò una relativa autonomia. Intorno alla metà del XVI secolo la sua zona costiera cadde sotto il controllo degli ottomani, che vi introdussero l’islam, mentre il resto del paese era sottomesso a signori sia cristiani sia musulmani. Approfittando dell’indebolimento dell’impero ottomano e della crisi dei signori feudali, a partire dalla metà del secolo XIX l’Etiopia cercò di ristabilire la sua antica influenza sull’Eritrea, entrando in conflitto con le ambizioni coloniali dell’Italia. La quale, dato inizio a un’opera di penetrazione nella baia di Assab (1869) e a Massaua (1885), nel 1890, in seguito al trattato di Uccialli del 1889, trasformò l’Eritrea in propria colonia. Da questa il regime fascista italiano iniziò nel 1935 la guerra contro l’Etiopia, che venne conquistata nel 1936. Il fascismo procedette quindi a unire Eritrea ed Etiopia, costituita in provincia, nel quadro dell’Africa orientale italiana. Nel 1941 l’Eritrea venne conquistata dalla Gran Bretagna, che ne mantenne l’occupazione fino al 1950, dopo un periodo di amministrazione fiduciaria per incarico delle Nazioni Unite cominciato nel 1947. Nel 1950 le Nazioni Unite stabilirono che l’Eritrea si unisse con un vincolo federale con l’Etiopia. La condizione di paese federato, divenuta effettiva nel 1952, mutò nel 1962, quando l’Assemblea eritrea votò a favore dell’unione con l’Etiopia. All’unificazione si opposero dapprima il Fronte eritreo di liberazione e in seguito anche le Forze popolari eritree di liberazione, che, in rivalità tra loro, diedero inizio alla guerriglia. I due schieramenti si unirono in seguito al colpo di stato che nel 1974 portò alla detronizzazione di Hailé Selassié e alla proclamazione della repubblica nel 1975. Il governo etiopico guidato dal filosovietico Menghistu, con il determinante aiuto militare sovietico e cubano, inflisse nel 1978 una dura sconfitta alle forze rivoluzionarie eritree, che si trovarono nelle più serie difficoltà. Il crollo del regime di Menghistu nel 1991, in seguito al disfacimento dell’Unione Sovietica, indusse in quello stesso anno le Nazioni Unite a indire in Eritrea per il 1993 un referendum, in seguito al quale essa divenne una repubblica indipendente. Nello stesso anno, entrò a far parte dell’ONU e il segretario generale del Fronte eritreo per la liberazione popolare (EPLF), Isaias Afwerki, assunse la guida del governo di transizione.
Nel 1997 fu approvata una nuova costituzione, ma, da allora, le elezioni furono costantemente posticipate e così il potere rimase nelle mani dell’EPLF di Afwerki.
Sul piano internazionale, nel 1995 l’Eritrea entrò in conflitto con lo Yemen per il possesso dell’isola Hanish al Kabir, che nel 1998, in seguito a un arbitrato internazionale, fu assegnata allo Yemen, mentre all’Eritrea furono assegnate isole minori. Nel 1998 ebbe inizio per motivi di confine una guerra con l’Etiopia che, divenuta sempre più aspra nel 1999, fu interrotta nel giugno del 2000 da una tregua siglata dai due paesi ad Algeri. Le Nazioni Unite inviarono un corpo di spedizione incaricato di promuovere la pacificazione del paese, ma, a seguito di crescenti tensioni con il governo eritreo, esso si ritirò nel 2008. I numerosi conflitti in cui fu coinvolta dal momento della sua indipendenza determinarono una grave situazione economica.