Cipro

Stato attuale dell’Asia occidentale. Situata nel Mediterraneo orientale tra la Turchia e la Siria, l’isola di Cipro fu esposta fin dall’epoca più antica alla duplice influenza dei popoli del Mediterraneo e del Vicino Oriente. Luogo di insediamenti neolitici fra il 4000 e il 3000 a.C., controllata dall’Egitto e poi dai cassiti dopo il 2000, cadde sotto il dominio dei fenici intorno alla metà del II millennio. Colonizzata dai micenei tra il XV e il XIII secolo, fu conquistata dagli assiri nel 709, di nuovo dai fenici nel 640 e quindi dagli egiziani nel 528. Nel 525 fu integrata nell’impero persiano, da cui tentò di rendersi indipendente partecipando nel 497 alla rivolta ionica. Raggiunta una parziale autonomia con il regno di Evagora (411-380), fu conquistata da Alessandro Magno nel 333. Annessa all’Egitto tolemaico nel 295, nel corso del I secolo a.C. cadde sotto l’influenza di Roma, che la unì alla Cilicia (58) trasformandola poi in una provincia autonoma (22 a.C.). Centro del culto di Afrodite, conobbe una prima diffusione del cristianesimo durante l’impero di Claudio (41-54 d.C.) e quindi all’epoca di Adriano (117-38), che cacciò gli ebrei dall’isola. Dopo la dominazione di Teodosio (379-95) – durante la quale si era venuta affermando la chiesa greco-ortodossa – passò sotto la giurisdizione di Costantinopoli in seguito alla divisione dell’impero romano tra Onorio (Occidente) e Arcadio (Oriente). Da allora, e fino al 1191, nonostante la pressione degli arabi che stabilirono più volte il proprio dominio sull’isola tra il VII e il X secolo, rimase sostanzialmente sotto il controllo bizantino. Nel 1191, durante la terza crociata, fu conquistata da Riccardo Cuor di Leone, che la cedette al re di Gerusalemme Guido di Lusignano (1192). Trasformata in regno per concessione dell’imperatore Enrico VI (1196), rimase per quasi tre secoli sotto il dominio dei Lusignano, che introdussero il sistema feudale e favorirono l’affermazione della chiesa latina. Aperta alla penetrazione commerciale e poi anche politica di Genova, che nel 1384 stabilì la propria signoria su Famagosta, nel 1488 divenne un possedimento della repubblica di Venezia. Fu quindi conquistata nel 1570 dai turchi, che ne mantennero il possesso nonostante la sconfitta di Lepanto (1571). Iniziò allora un periodo di profonda decadenza, complicato dai difficili rapporti con Costantinopoli e dai violenti contrasti tra la comunità greco-ortodossa e la minoranza turca insediatasi nell’isola all’indomani della conquista ottomana. Dopo il congresso di Berlino (1878), pur restando formalmente un possedimento turco, fu posta sotto l’amministrazione britannica. Definitivamente annessa dagli inglesi nel 1914, divenne ufficialmente una colonia della Corona nel 1925. Da allora il principale focolaio di tensione fu il contrasto tra i due opposti nazionalismi della comunità greca e di quella turca, la prima favorevole all’unione di Cipro con la Grecia (énosis), la seconda incline a una spartizione dell’isola tra la Grecia e la Turchia. Questo contrasto assunse dimensioni drammatiche nel secondo dopoguerra, quando l’arcivescovo Miriartis Makarios, leader del nazionalismo greco-cipriota, raccolse ampi consensi a favore dell’énosis (1950). Di fronte alle esitazioni della Grecia, che cercò una soluzione di compromesso promettendo al governo inglese il mantenimento delle basi militari (1951), e all’intransigenza di quest’ultimo, i nazionalisti greco-ciprioti nel 1954-55 scelsero la strada della lotta armata. A ciò gli inglesi reagirono proclamando lo stato d’emergenza, procedendo a una spietata repressione e facendo leva sul nazionalismo turco-cipriota. Al tempo stesso furono avviate importanti trattative tra la Gran Bretagna, la Grecia e la Turchia sulla futura configurazione politica dell’isola, che culminarono negli accordi del 1959: in base ad essi Cipro ottenne l’indipendenza, fu introdotto un complicato sistema di divisione dei poteri tra la comunità greca e quella turca e fu autorizzata la presenza delle basi militari inglesi sull’isola. Divenuta ufficialmente indipendente il 16 agosto 1960, sotto la presidenza di Makarios e la vicepresidenza di Fazil Küçük Cipro entrò nel Commonwealth e nelle Nazioni Unite (1961). Nel 1964, tuttavia, riprese la guerra civile che portò, l’anno successivo, all’intervento di un contingente militare dell’ONU e alla delimitazione di due diverse zone d’influenza. Il colpo di stato del 1967 in Grecia diede nuovo vigore alla lotta armata, che riprese nella prospettiva dell’énosis – una prospettiva che divenne concreta quando il 15 luglio 1974 Atene diede il proprio appoggio a un colpo di stato che portò alla deposizione di Makarios e alla sua sostituzione con Nikos Sampson. Per reazione la Turchia inviò truppe sull’isola (20 luglio). L’invasione accelerò la caduta del regime dei colonnelli e portò alla deposizione di Sampson, che fu sostituito da Glafkos Clerides. Nonostante l’imposizione di un cessate il fuoco da parte delle Nazioni Unite (22 luglio) e l’apertura a Ginevra di un negoziato tra la Turchia, la Grecia e Cipro, i turchi continuarono ad avanzare nell’isola, scatenando il 14 agosto una violenta offensiva contro le posizioni dei greco-ciprioti, che diedero vita a un esercito di liberazione nazionale. Nonostante il ritorno di Makarios (dicembre 1974), nel febbraio del 1975 la Turchia riuscì a ottenere, con un colpo di mano legittimato da un successivo plebiscito (giugno 1975), la divisione dell’isola in due parti distinte – una parte turca al nord, una parte greca al sud – ognuna delle quali si diede istituzioni politiche autonome. Alla morte di Makarios (1977) divenne presidente della comunità greco-cipriota Spyros Kyprianou, che fu successivamente rieletto nel 1978 e nel 1983. Negli stessi anni la comunità turco-cipriota accentuò la propria autonomia costituendo la repubblica turca di Cipro del nord, che non fu però riconosciuta a livello internazionale. Nel gennaio del 1985 e poi, per la seconda volta, nel marzo del 1986 il segretario generale delle Nazioni Unite Pérez de Cuellar tentò di riavvicinare le due comunità dell’isola proponendo la costituzione di una repubblica federale. In entrambi i casi, tuttavia, la mediazione ONU si rivelò inefficace. Anche in seguito agli evidenti progressi intervenuti nel 1988 con l’elezione di George Vassiliou alla presidenza della repubblica greco-cipriota, la tensione tra i due stati rimase molto forte e conobbe una nuova brusca impennata nel luglio del 1989, traducendosi in alcuni gravi incidenti di frontiera. Nel 1998 Vassiliou fu riconfermato alla guida del paese e nello stesso anno, sotto la pressione dell’ONU, incontrò il leader della comunità turco-cipriota Rauf Denktash. Nel 2002 l’Unione Europea accettò la candidatura di Cipro a condizione che entro un anno fossero avviate trattative per risolvere la questione della riunificazione tra la parte greca e quella turca dell’isola. Nel 2003 fu eletto Tassos Papadopoulos che, l’anno successivo, spinse la comunità greco-cipriota a respingere il piano di riunificazione proposto dall’ONU, col risultato che la sola parte greca dell’isola entrò a far parte dell’Unione Europea. Nel 2006 fu introdotto l’euro e nelle elezioni del 2009 divenne presidente Dimitris Christofias, leader del partito comunista cipriota, che raggiunse un importante accordo con Mehmet Ali Talat, leader della comunità turco-cipriota. Nel 2010 Talat fu poi sostituito dal più intransigente Dervish Eroglu, che tuttavia si impegnò nella continuazione delle trattative con la parte greco-cipriota.
Nelle successive elezioni legislative del 2011, l’affermazione del partito d’opposizione, il Raggruppamento democratico, fu interpretato come un segnale di disaffezione degli elettori
nei confronti delle trattative in vista della riunificazione dell’isola. Sotto la spinta della crisi dell’eurozona, nel 2011 il governo introdusse severe misure di controllo della spesa pubblica e nel giugno dell’anno successivo fu costretto a richiedere un prestito all’Unione europea e al Fondo monetario internazionale.
In un clima fortemente segnato dalle difficoltà economiche, le elezioni presidenziali del 2013 registrarono il successo di Nicos Anastasiades, candidato del centro-destra, che si impegnò, in vista della concessione dei prestiti internazionali, nella ristrutturazione del sistema bancario cipriota.