Camerun

Stato attuale dell’Africa equatoriale. Il Camerun fu abitato originariamente dai sao, provenienti dalla regione ciadiana, e dai pigmei, stanziati nella foresta equatoriale. La zona nordoccidentale del paese vide, fra il XV e il XIX secolo, la sovrapposizione di numerosi gruppi etnici sudanesi che diedero vita a strutture sociali relativamente organizzate. L’area nordorientale fra il XVI e il XVIII secolo fece parte dell’impero di Kanem-Bornu (Ciad). Entrambe furono poi conquistate dai fulbe. Raggiunta dal navigatore portoghese Fernando Póo sin dalla seconda metà del XV secolo (quando venne denominata Rios dos Camaraos), l’area costiera divenne nel XVII secolo un centro della tratta degli schiavi e del commercio dell’avorio. Nel 1837 parte della costa fu ceduta a coloni inglesi; nel 1860 vi si insediarono commercianti tedeschi di Amburgo, che estesero progressivamente il controllo sull’interno sino al 1884, quando quasi tutto il paese divenne protettorato tedesco. Colonia nel 1902, fra il 1911 e il 1919 le fu unita anche la valle della Sangha. Nel 1916 la colonia tedesca del Camerun fu occupata da francesi e inglesi. Nel 1919 la Francia ottenne dalla Società delle Nazioni il mandato sulla zona centromeridionale, mentre la Gran Bretagna quello sulla zona settentrionale del paese. Il processo di indipendenza, iniziato negli anni Cinquanta, ebbe come prima tappa l’autonomia di governo concessa nel settembre 1958 al Camerun francese (che costituiva la maggior parte del territorio): nel gennaio 1960 esso poté poi conseguire l’indipendenza. Più complessa la sorte della zona inglese: una parte di essa si unì infatti nel 1961 alla Federazione della Nigeria (entrando così a far parte di quello stato), mentre la restante fu integrata nel Camerun indipendente. Il 1° ottobre 1961 fu così creata la repubblica federale del Camerun, della quale divenne presidente Ahmadou Ahidjo, leader dell’Unione camerunese (UC), la maggiore organizzazione politica del paese insieme al Partito nazionale democratico del Camerun (CNDP). Frattanto l’Unione delle popolazioni del Camerun (UPC), di ispirazione marxista, messa al bando nel 1955, iniziò una lunga fase di guerriglia, che sarebbe durata fino al principio degli anni Settanta. Nel 1966 venne instaurato un regime monopartitico dominato dall’Unione nazionale camerunese (UNC), sorta dalla fusione dei due partiti maggiori (l’UC e il CNDP). Un forte intervento dello stato nell’economia e la disponibilità di materie prime permisero comunque una certa crescita economica negli anni Sessanta, in un quadro politico di sostanziale stabilità. Nel 1972 fu varata una riforma costituzionale che segnava il passaggio dall’unione federale alla repubblica unitaria, alla presidenza della quale fu confermato lo stesso Ahidjo (sempre rieletto ogni cinque anni dal 1960 al 1980). Agli inizi degli anni Ottanta la situazione economica e politica del paese andò rapidamente deteriorandosi. Le dimissioni di Ahidjo nel 1982 e l’elezione alla presidenza di Paul Biya aprirono una fase di instabilità, culminata con il tentato colpo di stato dell’aprile 1984, che comportò una dura repressione e una profonda epurazione dei vertici dell’esercito e del governo. Nel marzo 1985 il partito unico al potere, l’UNC, mutò il proprio nome in Raggruppamento democratico del popolo (RDPC) e riconfermò la leadership di Biya, che promise una progressiva introduzione del pluralismo. La ripresa delle relazioni diplomatiche con Israele nel 1986, dopo la rottura del 1973 a causa della guerra del Kippur, e la rielezione di Biya alla presidenza nel 1988 segnarono l’inizio di una breve fase di stabilità. Tuttavia uno dei maggiori problemi del Camerun rimase quello di garantire l’unità nazionale del paese attraverso il mantenimento dell’equilibrio fra le diverse componenti etniche (a nord i fulbe, a sud i bantu e i pigmei, a ovest i bamileke) e le diverse confessioni religiose (musulmani a nord, cattolici e animisti a sud, oltre a una forte componente atea legata all’ideologia marxista nella zona occidentale). La politica di Biya fallì per l’atteggiamento spiccatamente favorevole del presidente nei confronti delle regioni meridionali. Si ebbero allora frequenti scontri di piazza dal maggio 1990 e nel dicembre 1992, quando Biya vinse nuovamente le elezioni presidenziali. La contestazione dei risultati da parte di John Fru Ndi diede inizio a una fase di guerra civile. Nel 1994, in conseguenza di un contrasto sui confini con la Nigeria le truppe nigeriane invasero la penisola di Bakassi, ricca di risorse petrolifere. Una mediazione dell’ONU pose temporaneamente fine al conflitto nel 1996. Biya risultò vincitore nelle elezioni del 1997 per il parlamento e per la presidenza, in un clima di aspre accuse di brogli da parte delle forze di opposizione. Nel 1998 ripresero gli scontri armati con la Nigeria per il controllo della penisola di Bakassi, che cessarono solo nel 2004, all’indomani di un accordo siglato sotto la pressione della comunità internazionale e si tradussero infine nel 2008 nella rinuncia definitiva da parte della Nigeria al controllo della regione. Nel 2004 Biya fu riconfermato alla presidenza e nel 2008 l’assemblea nazionale approvò un controverso emendamento costituzionale che abolì il limite di mandati presidenziali consecutivi, sì da permettere a Biya di ripresentarsi, e vincere, nonostante le proteste delle opposizioni, le successive elezioni del 2011.