Burkina Faso

Stato attuale dell’Africa nordoccidentale. Sino al 1984 chiamato Alto Volta. Abitato principalmente dai mossi, comprendeva anche etnie meno numerose che nella zona occidentale del paese diedero vita a società senza stato. I mossi costituirono invece una serie di regni, la cui origine è legata a un capo leggendario, Tohagiye, che a partire probabilmente dall’XI secolo li avrebbe condotti dalle regioni intorno al Lago Ciad a quelle situate a sud del grande arco del fiume Niger. Qui essi riuscirono a imporsi senza difficoltà sulle popolazioni autoctone paleonegritiche grazie alla superiorità della loro organizzazione e al fatto di poter disporre di una forte cavalleria. Tra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo dal nucleo originario del regno di Tenkodogo si separarono vari gruppi che diedero vita a una serie di organismi statali – il regno di Zandoma, quello di Gourma e quello di Oubritenga – caratterizzati da una struttura fortemente gerarchica. Al loro interno il potere era esercitato da un sovrano (naba) eletto da un’assemblea di dignitari e coadiuvato da quattro ministri. Sussisteva inoltre una rudimentale suddivisione in province (nelle quali il sovrano veniva rappresentato da capi locali) e in feudi. La popolazione era divisa in caste e la religione animista – che si mantenne nonostante i tentativi di propagazione dell’islam – fungeva da elemento di coesione sociale. Nel corso del XV secolo si affermarono il regno di Ouagadougou, il regno di Yatenga (che inglobò quello di Zandoma) e, a est del Volta Bianco, sorse il regno di Riziam. Nella seconda metà del XV secolo il regno di Yatenga fu attaccato dall’impero di Songhai e dagli Askya. Fu il sultano del Marocco Ahmed al-Mansûr a liberare i regni mossi dalla minaccia del Songhai. Nel XVII secolo si ebbe la formazione del nuovo regno di Bobo-Dioulasso, in cui ai dioula e alle popolazioni autoctone si sovrapposero i mossi. Solo alla fine del XIX secolo questi regni ebbero i primi contatti con gli europei. Nel 1895 il capitano Destenave, emissario del governatore francese del Sudan, firmò con il naba di Yatenga un trattato che riconosceva la supremazia francese. Nel 1896 il regno di Ouagadougou venne posto sotto protettorato francese e l’anno successivo l’intero paese fu occupato ed entrò a far parte del Sudan francese. In seguito alle trasformazioni dell’assetto coloniale che i francesi imposero all’intera area, il territorio nel 1904 entrò a far parte dell’Alto Senegal-Niger e nel 1919 dell’Africa occidentale francese; nel 1932 il suo territorio fu ripartito fra le colonie della Costa d’Avorio, del Niger e del Sudan; nel 1947 fu nuovamente riconosciuto come entità autonoma, sulla base della sua omogeneità etnica. Nell’immediato dopoguerra frattanto incominciò a organizzarsi la vita politica. Il candidato del Raggruppamento democratico africano (RDA), Ouezzin Coulibaly, vinse le elezioni del 1946 e, dopo che nel 1956 gli oppositori riuniti nel Gruppo di solidarietà del Volta (GSV) ottennero la maggioranza, il RDA si impose nuovamente nel 1959. Il processo di decolonizzazione prese l’avvio dal referendum del 28 settembre 1958, che trasformò l’Alto Volta in una repubblica nell’ambito della Comunità francese, e si concluse con la proclamazione dell’indipendenza il 5 agosto 1960. Nel dicembre dello stesso anno Maurice Yaméogo, leader dell’Unione democratica dell’Alto Volta (UDV) fu eletto presidente. Negli anni successivi il paese si distinse per il suo attivismo nell’ambito di varie organizzazioni interstatali dell’Africa francofona e mantenne stretti legami con la Francia e con l’Occidente. La grave situazione economica e il malcontento diffusosi soprattutto fra i lavoratori del settore statale crearono tuttavia le premesse per il passaggio del potere nelle mani dei militari. Nel gennaio 1966, dopo che nell’anno precedente Yaméogo era stato rieletto a stragrande maggioranza, il colonnello Sangoulé Lamizana, presidente del Consiglio superiore delle forze armate, attuò un colpo di stato. Iniziò così una prima fase di regime militare dai caratteri piuttosto anomali nella storia africana: l’esercito e Lamizana mantennero il potere effettivo, lasciando tuttavia sussistere una certa libertà, soprattutto dal 1969, quando furono nuovamente autorizzati i partiti politici e i sindacati e fu approvata una nuova costituzione. Le elezioni del 1970 diedero la vittoria all’UDV il cui leader, Gérard Ouedraogo, divenne primo ministro. Nel 1974 la grave situazione economica e i dissensi all’interno dell’UDV determinarono una nuova svolta in senso autoritario: Lamizana assunse tutti i poteri e fu costituito un partito unico, il Movimento per il rinnovamento nazionale (MRN), finché, nel novembre 1977, una nuova costituzione ripristinò formalmente la democrazia. Le elezioni del 1978 riconfermarono Lamizana come presidente e diedero ancora la maggioranza dei seggi all’UDV, senza però che la situazione interna si evolvesse in senso autenticamente democratico. Nel 1980 e poi nel 1982 e nel 1983 nuovi colpi di stato (guidati, rispettivamente, dal colonnello Saye Zerbo, da Jean Baptiste Ouedraogo e da Thomas Sankara) si conclusero ridando il potere ai militari, che nel 1984 ribattezzarono il paese “Burkina Faso” (patria degli uomini integri). Sankara si trovò a dover fronteggiare una situazione drammatica per le tensioni sociali causate dalla disastrosa crisi economica e dalla siccità che fra il 1982 e il 1984 colpì il Sahel, a cui si aggiungevano la divisione all’interno delle stesse forze armate e i ripetuti tentativi destabilizzanti. Paralizzato nella logica della pura repressione e del controllo capillare della vita politica ed economica attraverso organismi rivoluzionari di base (sul modello libico) in un’area sempre più concretamente minacciata dalla desertificazione, Sankara non riuscì a impedire che il paese divenisse uno dei più poveri del mondo. In politica estera, nonostante un tentativo di riavvicinamento alla Francia di Mitterrand, il Burkina Faso si orientò sempre di più verso i paesi socialisti, rafforzando i legami con la Libia e il Ghana. Ucciso Sankara nell’ottobre 1987 nel corso di un colpo di stato, il nuovo Fronte popolare guidato dal capitano Blaise Compaoré, cercò aiuti internazionali alleggerendo nel contempo il condizionamento ideologico sulla società. Nell’aprile 1989 fu costituita l’Organizzazione per la democrazia popolare – Movimento del lavoro, nella quale avrebbero dovuto confluire tutti i partiti. Nel settembre dello stesso anno si ebbe un’ondata di arresti ai danni delle opposizioni. Eletto presidente nel 1992, Compaoré fu riconfermato nel 1998, nel 2005 e nel 2010, ma non per questo il suo regime fu privo di contrasti. Al contrario i provvedimenti economici impopolari e l’assassinio di Norbert Zongo, un giornalista vicino all’opposizione, furono la causa di ripetuti disordini, che nel 2011 spinsero Compaoré ad assumere anche l’incarico di ministro della difesa.