Albania

Stato attuale dell’Europa meridionale.

  1. Dalle origini al medioevo
  2. Dal dominio ottomano all’indipendenza
  3. L’Albania contemporanea
1. Dalle origini al medioevo

Il territorio dell’odierna Albania fu abitato nell’antichità dagli illiri e da gruppi di greci localizzati soprattutto nei porti di Apollonia e di Epidamno. Intorno al III secolo a.C., fu sede del regno illirico di Skodra (odierna Scutari), che raggiunse il massimo sviluppo sotto il re Agron (250-31) e la regina Teuta. Sconfitto una prima volta dai romani nel 229 a.C., questo regno fu totalmente assoggettato nel 169 a.C. e nel 27 fu inglobato nella provincia dell’Illirico. Iniziò allora un periodo di sviluppo per la regione, che nel III secolo diede a Roma diversi imperatori. Passato nel 395 sotto il controllo dell’impero romano d’Oriente, il paese fu poi teatro delle migrazioni di goti, unni e bulgari, e vide instaurarsi piccole signorie locali. La frammentazione lo rese quindi oggetto di contesa da parte dei regni limitrofi (in particolare dei bulgari e dei serbi). Sulle coste si insediarono anche gli Angioini di Napoli (dal 1272 a Durazzo) e Venezia, che nel XIV secolo estese il proprio controllo su tutta la costa adriatica. Nella seconda metà del XV secolo, nonostante la strenua difesa guidata dall’eroe nazionale Skanderbeg, i turchi procedettero alla conquista di quasi tutto il territorio albanese riuscendo a estromettere i veneziani (Durazzo cadde nel 1501), che vi conservarono solo alcuni porti.

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2. Dal dominio ottomano all’indipendenza

La popolazione si convertì progressivamente all’islam e la nobiltà albanese entrò nella gerarchia della Porta. L’indebolimento dell’impero ottomano permise dal XVIII secolo un processo di graduale affrancamento politico dell’Albania e lo sviluppo di una forte aristocrazia locale. Solo a partire dagli inizi del XIX secolo il nazionalismo trovò espressione politica. La dominazione ottomana, scossa da ripetute rivolte fra il 1830 e il 1847, si protrasse tuttavia fino al primo decennio del Novecento. Nel congresso di Berlino (1878) fu stabilita la spartizione del territorio albanese fra Serbia, Montenegro e Grecia. Contro tale progetto si costituì la Lega albanese (1878-81), decisa a lottare per l’integrità del territorio. Lo sviluppo di una notevole coscienza nazionale non poté tuttavia impedire che, a seguito delle guerre balcaniche (1912-13) e del disfacimento dell’impero ottomano, il paese venisse invaso dalle tre nazioni confinanti. La conferenza di Londra (iniziata nel dicembre 1912) stabilì che solo una parte del territorio popolato da albanesi divenisse regno indipendente (luglio 1913), sotto la sovranità del principe tedesco Guglielmo di Wied (marzo 1914). Una parte consistente della popolazione si trovò così a vivere come minoranza all’interno della Grecia, della Serbia e del Montenegro. Il clima di guerra civile determinò la fuga del sovrano (settembre 1914), che lasciò che la regione fosse spartita fra le potenze vicine. Nel dicembre 1914 truppe italiane sbarcarono a Valona, preludio all’occupazione della zona meridionale del paese. Alla fine della prima guerra mondiale l’Albania fu sgomberata dalle truppe italiane e la conferenza di pace di Parigi ribadì la sua indipendenza (1919) con gli stessi confini fissati nel 1913, contro le mire di Grecia, Serbia e Montenegro (che riconobbero tali confini solo nel 1926). Dal 1925 la vita politica fu egemonizzata da A. Zogu, dapprima capo dello stato (con poteri quasi dittatoriali consentiti dalla costituzione emanata in quello stesso anno) e poi, dal 1928, re degli albanesi con il nome di Zog I. Nel primo dopoguerra il paese fu strettamente legato all’Italia: nel 1927 fu firmato a Tirana un trattato di alleanza che avrebbe dovuto avere durata ventennale; nel 1934, di fronte alla minaccia di invasione, il governo albanese dovette sottoscrivere un nuovo accordo che prevedeva ancor più strette relazioni in campo commerciale e militare. Il 7 aprile 1939 il paese fu occupato dagli italiani. Il re Zog fuggì e un’assemblea nazionale votò l’unione con l’Italia. Vittorio Emanuele III fu proclamato nuovo re d’Albania. Base strategica per l’invasione della Grecia e della Iugoslavia durante la seconda guerra mondiale, l’Albania fu teatro di una lotta di resistenza partigiana contro gli occupanti, che si fece sempre più dura dopo il 1943. Emerse allora Enver Hoxha, fondatore nel 1941 del Partito comunista albanese.

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3. L’Albania contemporanea

L’11 gennaio 1946 fu proclamata la repubblica popolare d’Albania, guidata da Hoxha. La vita politica fu egemonizzata dal Fronte nazionale, vincitore assoluto alle elezioni del 1945 e del 1950. In questo stesso anno fu promulgata una nuova costituzione, sul modello sovietico. Dopo la rottura con la Iugoslavia di Tito (1948), nel 1955 il paese entrò nel Patto di Varsavia e fu anche ammesso all’ONU. Alla fine degli anni Cinquanta i rapporti con l’URSS si deteriorarono: l’Albania si rifiutò di procedere sulla strada segnata dalla destalinizzazione. I rapporti diplomatici fra i due paesi furono interrotti (1961) e l’Albania uscì dal Patto di Varsavia (1968). L’alleanza con i sovietici fu allora sostituita da quella con la Cina, che divenne la principale fornitrice di materie prime e di consulenti militari al paese, peraltro fortemente isolato sul piano internazionale e rigidamente inquadrato all’interno da un regime repressivo e immobilistico. Nel 1978, a seguito delle divergenze sul nuovo corso della politica estera cinese, Tirana ruppe però anche i legami con il grande stato asiatico, mentre all’interno il regime di Hoxha si mantenne saldamente arroccato su posizioni staliniste fino alla morte del vecchio leader (1985). Il suo successore Ramiz Alia, segretario del Partito del lavoro e già capo dello stato dal 1982, pur inaugurando una linea di politica estera meno isolazionista (vennero stabiliti rapporti commerciali con la Iugoslavia e avviate relazioni diplomatiche con alcuni paesi occidentali) rimase inizialmente legato a una concezione marxista-leninista dello stato. Solo nel 1990, nel contesto della crisi dei comunismi nell’Europa centro-orientale e a fronte di una situazione interna sempre più grave sul piano economico-sociale, Alia si pose a capo dell’ala riformista del partito, in contrasto con i conservatori guidati dalla vedova di Hoxha. Fra il dicembre 1990 e il febbraio del 1991 si sviluppò per la prima volta l’azione di un movimento studentesco e di formazioni politiche indipendenti in un clima confuso, contraddistinto dall’ambiguo comportamento delle forze di polizia. Il 31 marzo 1991 si tennero le prime elezioni libere, che videro ancora l’affermazione dei comunisti, in una situazione economica drammatica che spinse molti cittadini a emigrare. Nelle elezioni del marzo 1992 i comunisti furono sconfitti. Il nuovo presidente Sali Berisha, leader del Partito democratico, costituì un governo di coalizione e dichiarò fuori legge il partito comunista. Nel paese andò determinandosi una crescente situazione di caos politico, di anarchia e di penuria estrema, che favorì l’azione di bande armate della malavita organizzata. Aiuti economici e assistenza tecnica di notevole importanza vennero forniti specie dall’Unione Europea e in particolare dall’Italia. Nel 1994, in conseguenza della grave crisi economica, crebbero le proteste popolari. E si fecero sempre più intensi i flussi migratori, soprattutto verso l’Italia. Nel 1996 il Partito democratico conseguì una nuova vittoria elettorale, contestata dalle forze di opposizione con accuse di corruzione e di brogli. Dopo l’emergere di scandali di enorme proporzione di cui si erano rese responsabili società finanziarie che avevano raggirato decine di migliaia di risparmiatori e il riesplodere della violenza, Berisha e il suo partito furono cacciati dal potere. In una situazione di recupero della normalità, facilitata dall’invio di un corpo multinazionale a forte partecipazione italiana, le elezioni del 1997 venero vinte dal Partito socialista con la formazione di un governo presieduto da Fatos Nano. L’assassinio di uno stretto collaboratore di Berisha gettò l’Albania nel 1998 in una ennesima gravissima crisi interna. In seguito a un’ondata di violenze, di cui fu reso responsabile, Berisha fu incriminato. Le dimissioni di Nano portarono alla guida del governo il socialista Pandeli Majko. Nello stesso anno il paese si trovò in una tensione via via crescente con la Iugoslavia di Milosevic a causa della situazione determinatasi nel Kosovo, dove il conflitto sempre più acuto tra la maggioranza albanese e la minoranza serba andò degenerando per la volontà serba di attuare nei confronti degli albanesi una “pulizia etnica” diretta a stabilire la definitiva supremazia dei serbi. Una simile situazione provocò scontri aperti tra le truppe iugoslave e i guerriglieri dell’UCK (Esercito di liberazione del Kosovo), decisi a provocare la secessione della regione e a formare una “Grande Albania”. La decisione della NATO del marzo 1999 di intervenire militarmente contro la Iugoslavia a sostegno degli albanesi del Kosovo causò un’imponente ondata migratoria verso l’Albania, costretta a fronteggiare un’emergenza di colossali proporzioni, potendo però contare sull’aiuto internazionale e in specie dell’Italia. La guerra determinò la rottura delle relazioni diplomatiche tra la Iugoslavia e l’Albania. La sua fine nel giugno del 1999 creò le condizioni per un relativo ripristino della normalità e un parziale ritorno degli esuli kosovari nelle loro terre. Alle elezioni politiche del 2001 fu riconfermata la maggioranza del Partito socialista. Nel 2005 tornò al potere il Partito democratico e Sali Berisha divenne primo ministro, il quale, in vista dell’adesione del paese all’Unione Europea, si impegnò a fondo nella lotta contro il crimine, la corruzione e, più in generale, nel rilancio economico del paese. Nelle successive elezioni politiche del 2009, avvenute all’indomani dell’ingresso nella NATO, la coalizione guidata dal Partito democratico ottenne la maggioranza e Sali Berisha fu riconfermato a capo del governo.
Le forti tensioni tra governo e opposizione, sfociate nel 2011 in violenze, furono all’origine del mancato ingresso dell’Albania nell’Unione europea.

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