Togo

Stato attuale dell’Africa occidentale. Abitato dagli ewe (sottoposti agli ashanti) in epoca precoloniale, sin dal XIV secolo si costituì sul suo territorio il regno di Tado, dal quale prese l’avvio, nel corso del XVII secolo, una migrazione che portò alla fondazione dei regni di Nuatja e Agbogbomé, oltre ad alcuni regni nell’attuale Benin. Nella zona centrale e settentrionale, durante il XVIII secolo, fu fondato il regno di Sansanna Mango, che trasse origine dalla fusione di popolazioni mandé provenienti dalla Costa d’Oro. Raggiunta dai portoghesi alla fine del XV secolo, anche quest’area conobbe la tratta degli schiavi, soprattutto nel corso del XVII secolo, quando vi si stabilirono anche i danesi. Grazie alle esplorazioni di Gustav Nachtigal nel 1884 la Germania impose il protettorato sulle regioni costiere e intorno al 1890 completò la conquista dell’interno entrando così in conflitto con le mire francesi e inglesi sulla regione. La preminenza tedesca sull’area dell’attuale Togo fu comunque riconosciuta dalla conferenza di Berlino (1884-85) e fu ribadita dai trattati di Parigi (1897) e Samoa (1899). Nell’agosto 1914 il paese fu occupato dalle truppe franco-inglesi che si suddivisero il controllo del territorio; nel 1922 la Società della Nazioni affidò il mandato alle due potenze europee (la zona occidentale agli inglesi che l’amministrarono insieme alla Costa d’Oro, la zona orientale e la costa alla Francia). Nel 1946 le due zone furono poste sotto la tutela delle Nazioni Unite. Nel 1956 la parte britannica si unì alla Costa d’Oro (dando origine al Ghana). La parte francese si proclamò repubblica autonoma nell’ambito della Comunità francese, e raggiunse la piena indipendenza il 27 aprile 1960. Primo presidente della repubblica fu Sylvanus Olympio, leader del Partito dell’unità togolese (PUT). Questi fu assassinato il 13 gennaio 1963 a seguito di un colpo di stato militare che portò alla presidenza Nicolas Grunitzky, leader dell’Unione democratica delle popolazioni del Togo (UDPT), richiamato dall’esilio e poi confermato al potere dalle elezioni del maggio 1963. Grunitzky avviò un corso politico liberale e rispettò il multipartitismo, adottando in politica estera la strategia del non allineamento. Il 13 gennaio 1967, tuttavia, egli fu destituito da un nuovo colpo di stato guidato dal generale Gnassingbe Eyadéma, che dominò la vita politica del paese nei decenni successivi instaurando un regime a partito unico incentrato sul Raggruppamento del popolo togolese (RPT). Nel 1974 fu avviata una politica di nazionalizzazione del settore minerario. Eyadéma, riconfermato plebiscitariamente capo dello stato nel 1972 e nel 1979, il 30 dicembre 1979 fece approvare mediante referendum una nuova costituzione che sanciva il monopartitismo e instaurava una repubblica di tipo presidenziale. Dopo il successo alle elezioni legislative del 24 marzo 1985, che diedero la quasi totalità dei voti al RPT, Eyadéma dovette affrontare una crescente opposizione e sempre più pressanti richieste di democratizzazione: nel 1986 un tentativo di golpe portò alla chiusura delle frontiere con il Ghana, accusato di dare ospitalità agli oppositori del regime. Dal 1987 il presidente avviò allora una parziale liberalizzazione in ambito politico ed economico, che culminò con l’inserimento di candidati indipendenti nelle liste per il rinnovo dell’Assemblea nazionale alle elezioni del marzo 1990. Nel giugno 1991, in un paese scosso da violente dimostrazioni in favore della democrazia, Eyadéma fu costretto ad accettare l’introduzione del pluripartitismo. Grazie all’appoggio dell’esercito, Eyadéma poté comunque riaffermare il proprio potere anche negli anni successivi (fu rieletto per l’ultima volta nel 2003), in una situazione caratterizzata da ricorrenti momenti di crisi interna causati dalle sue inclinazioni autoritarie. La sua morte improvvisa, avvenuta nel 2005, fu seguita da un colpo di stato militare grazie al quale il figlio, Faure Gnassingbé, assunse la presidente dello Stato. Nel 2006, in seguito alla progressiva riapertura del dialogo tra governo e opposizione democratica, si giunse alla formazione di un governo di transizione. Ciononostante, le elezioni politiche dell’anno successivo e quelle presidenziali del 2010, registrarono il successo del partito di governo e la riconferma di Gnassingbé alla guida del paese.