Laos

Stato attuale dell’Asia sudorientale. Situato nella parte centrale della penisola indocinese e privo di sbocchi sul mare, confina con la Cina, la Birmania, il Vietnam, la Cambogia e la Thailandia.

  1. L'antichità
  2. Il periodo coloniale
  3. Il Laos indipendente
  4. La riforma costituzionale: verso il secondo millennio
1. L'antichità

Esposto all’influenza indiana nei primi secoli dell’era cristiana, legato alle vicende politiche della Cambogia e quindi alla costituzione dell’impero khmer fino al XII secolo, l’attuale territorio del Laos fu conquistato nel XIII secolo – insieme alle regioni che costituiscono l’odierna Thailandia – dalle popolazioni thai che si riversarono nella penisola indocinese in seguito alle pressioni esercitate da Qubilay Khan. Dopo essere rimasto per un breve periodo sotto il controllo del regno siamese del Sukhothai – iniziò allora la penetrazione del buddhismo – fu progressivamente occupato, nel corso del XIV secolo, da popolazioni lao (un gruppo thai che ha dato poi il nome al paese) le quali diedero al territorio laotiano una struttura politica unitaria e indipendente con la fondazione del regno di Lan Chang a opera del principe Phraya Fa Ngum (1353-73). Nel giro di pochi anni il Laos, la cui capitale fu posta a Luang Prabang, divenne uno stato guerriero e fu coinvolto, tra il XV e il XVI secolo, in una serie pressoché ininterrotta di conflitti con i paesi vicini. Nella prima metà del Cinquecento, dopo la conquista di Luang Prabang da parte del Vietnam (1478), riuscì a ingrandire il proprio territorio grazie all’opera del re Phothisarath; nel 1563 il re Setthathirath trasferì la capitale a Vieng Chan (l’attuale Vientiane) che fu tuttavia conquistata nel 1574 dalla Birmania, di cui il Laos divenne uno stato vassallo. Nel XVII secolo, dopo un periodo di anarchia e di rinnovati conflitti, Suliyavongsa (1637-94) riuscì a ricostituire l’unità territoriale, stabilendo anche i primi contatti con le missioni europee. Alla sua morte, dopo una lunga serie di guerre interne ed esterne, il Laos perdette nuovamente la propria indipendenza e subì una nuova scissione del nucleo territoriale originario con la divisione in tre stati rivali che divennero facile preda dell’espansionismo birmano e siamese: il Luang Prabang a nord, il Vieng Chan al centro e il Champassak nella parte meridionale del paese. Il Siam, in particolare, a partire dal 1778 riuscì a imporre il proprio controllo sul territorio laotiano, in specie sul regno di Vieng Chan, che venne direttamente conquistato e annesso nel 1828. Il controllo siamese sul regno di Luang Prabang andò tuttavia indebolendosi nel corso della seconda metà del secolo XIX, quando iniziò la penetrazione dei francesi in Indocina all’indomani della seconda e della terza guerra dell’oppio (1856-60).

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2. Il periodo coloniale

Dopo aver stabilito il proprio controllo sulle regioni settentrionali del Vietnam (1883) e dopo un intervento militare contro il Siam (1885), i francesi poterono creare un proprio protettorato sul Laos, che fu integrato a partire dal 1893 nell’Unione indocinese (o Indocina francese) e governato da funzionari alle dirette dipendenze di Parigi. In realtà il protettorato francese fu effettivo soltanto nel territorio del Luang Prabang: la divisione del paese in due parti segnò in profondità per tutto il periodo coloniale – fino al 1945 – la realtà politica e amministrativa laotiana. Durante il secondo conflitto mondiale, la situazione venne di nuovo messa in movimento dall’occupazione giapponese dell’Indocina (settembre 1940 – luglio 1941). In particolare, con il trattato di Tokyo dell’11 marzo 1941 – che aveva regolato anche la questione cambogiana e più in generale il problema delle relazioni della Francia con la Thailandia – il Laos dovette cedere importanti territori a quest’ultima, perdendo così nuovamente la propria integrità territoriale. Sorsero allora tre diversi gruppi indipendentisti e nazionalisti: il primo guidato da Boun Oum e favorevole ai francesi; il secondo (Lao Issarak) legato ai gruppi dirigenti di Vieng Chan, vicino al Siam (dal 1939 Thailandia) e orientato in senso antifrancese; il terzo (Lao Vietminh) appoggiato direttamente dal Vietnam. Nel 1945 il Lao Issarak riuscì a conquistare il potere, subito dopo che la monarchia, sotto la pressione dei giapponesi alla vigilia della sconfitta, aveva proclamato l’indipendenza. All’indomani della guerra, tuttavia, i francesi ripresero il controllo del paese che, restaurata l’integrità territoriale, fu trasformato nel 1947 in una monarchia costituzionale sotto il governo nominale e unitario della dinastia di Luang Prabang. Nel 1949 il Laos fu integrato nell’Unione francese e nella Federazione indocinese, subentrata nel 1947 alla vecchia Unione indocinese.

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3. Il Laos indipendente

Coinvolto nella guerra franco-vietnamita, riuscì a ottenere la piena indipendenza in seguito al ritiro dei vietminh e delle truppe dell’Unione francese e in base alle decisioni della conferenza di Ginevra del 1954, che ridisegnò il profilo complessivo della penisola indocinese. L’anno successivo divenne membro dell’ONU. Profondamente diviso in tre fazioni capeggiate rispettivamente da Boun Oum, da Souvanna Phouma (che divenne primo ministro e fu riconosciuto da Francia e Stati Uniti) e da Souphanouvong (il capo del partito comunista del Pathet Lao, che era riuscito ad assumere il controllo delle regioni settentrionali del paese), il Laos cercò la via della pacificazione interna. In seguito alle trattative iniziate all’indomani della conferenza di Ginevra, il governo riconobbe nel 1956 il Pathet Lao, ottenendo in cambio la sua smilitarizzazione e la restituzione delle province da esso conquistate durante la guerra d’Indocina; al tempo stesso perseguì un’ambigua politica di neutralità (com’era stato stabilito a Ginevra nel 1954), con aperture di fatto alla repubblica democratica vietnamita e alla Cina, che gli valsero una latente ostilità degli Stati Uniti. Nel 1958 divenne primo ministro Phui Sananikone, che diede al governo un indirizzo più apertamente anticomunista rompendo ogni rapporto con il Pathet Lao e con Souvanna Phouma. Due anni dopo quest’ultimo riprese il potere con l’obiettivo di coniugare una politica estera neutralista con il riconoscimento del Pathet Lao. Il suo ritorno alla guida del paese, tuttavia, coincise con l’inizio di un’aperta e violenta guerra civile – complicata dagli sviluppi della guerra del Vietnam – che vide contrapporsi alle due estremità dello schieramento politico le forze di destra coalizzate sotto Phoumi Nosavan, che alla fine del 1960 diedero vita a un controgoverno appoggiato dalla stessa monarchia, e le sinistre dirette dal Pathet Lao. Il paese si divise in due zone d’influenza: il nord, controllato dalle forze della sinistra, e la regione centromeridionale, controllata invece dal governo e sostenuta dai massicci aiuti economici e militari degli Stati Uniti, interessati a fare dal Laos una base d’appoggio per la guerra in Vietnam. L’insieme di questi conflitti aggravò ulteriormente una situazione di cronica arretratezza economica e rese di fatto assai fragile l’indipendenza recentemente conquistata, soprattutto dopo che la presenza americana in Indocina si fece più massiccia negli anni compresi tra il 1965 e il 1971. I vari tentativi di accordo tra le fazioni andarono più volte incontro al fallimento. Per iniziativa della Cambogia di Sihanouk, ma in un contesto estremamente teso per la contrapposizione internazionale tra i due blocchi, nella primavera del 1961 fu convocata a Ginevra una conferenza per discutere il problema laotiano. Nonostante il contrasto tra gli Stati Uniti e la Cina e la ferrea opposizione delle destre di Phoumi Nosavan e di Boun Oum, le tre fazioni riuscirono ad accordarsi nell’estate del 1962 per la creazione di un governo provvisorio unitario e neutrale da affidare a Souvanna Phouma. All’accordo, tuttavia, non seguirono i fatti: le destre scatenarono una nuova offensiva che si tradusse, nell’aprile del 1964, in un vero e proprio colpo di stato, sostenuto dagli USA. Lo stesso Souvanna Phouma promosse la fusione delle destre e dei moderati contro il Pathet Lao, che riprese la guerriglia su vasta scala. Nonostante i ripetuti bombardamenti americani – che si fecero sempre più pesanti a partire dal 1965 – e nonostante l’irruzione vietnamita nel paese nel febbraio del 1971, l’offensiva del Pathet Lao si fece sempre più irresistibile. Il governo fu costretto ad accettare nel febbraio del 1973 un progetto di pacificazione che prevedeva la fine delle ostilità, il ritiro dei militari e dei tecnici stranieri e la creazione di un governo di coalizione equamente diviso tra le fazioni. Con la fine della guerra del Vietnam sembrò profilarsi una situazione più favorevole alla pacificazione nazionale. Nell’aprile del 1974 il governo di coalizione fu affidato a Souvanna Phouma, affiancato dal capo del Pathet Lao Souphanouvong. Ma l’intransigenza anticomunista di Boun Oum diede nuovo alimento alla guerra civile e allo scontro con le forze filovietnamite del Pathet Lao che nel 1975 ebbe infine il sopravvento sui gruppi rivali. Tra il novembre e il dicembre dello stesso anno fu abolita la monarchia e instaurata la repubblica democratica popolare del Laos, una repubblica socialista a regime monopartitico che fino al 1986 ebbe in Souphanouvong il suo presidente. Fu allora avviato un intenso sforzo di collettivizzazione nelle campagne e di statalizzazione del commercio e del sistema bancario, che ottenne tuttavia successi molto limitati, anche in conseguenza del venir meno del sostegno economico degli Stati Uniti. Il governo si trovò così nella necessità non solo di reintrodurre la libera iniziativa ma anche, e soprattutto, di uscire dal pesante isolamento internazionale di cui era rimasto di fatto prigioniero legandosi in modo esclusivo all’Unione Sovietica e, soprattutto, al Vietnam: nel 1985 furono ripresi i contatti con gli Stati Uniti, che furono poi perfezionati da nuovi accordi stipulati nel 1990; nel 1986 furono avviate una serie di riforme economiche volte a liberalizzare l’economia e riallacciate le relazioni diplomatiche con la Cina, che si erano interrotte nel 1979, all’indomani della guerra cino-vietnamita; si normalizzarono anche i rapporti con la Thailandia, che erano divenuti estremamente tesi a partire dal 1984 in seguito a molteplici e sempre più gravi scontri di frontiera per il controllo di alcune zone contestate; nel 1989 infine – lo stesso anno in cui fu portato a compimento il ritiro delle truppe vietnamite dal paese – furono siglati importanti accordi economici e finanziari con il Giappone. In politica interna il governo si sforzò di reprimere ogni forma di opposizione, in particolare il movimento favorevole alla restaurazione della monarchia capeggiato da Phoumi Nosavan e la guerriglia organizzata tra le popolazioni meo e hmong dal nazionalista Vang Pao. Nell’ottobre del 1986, dopo che Souphanouvong rassegnò le dimissioni, subentrò alla guida del paese Phoumi Vongvichit. La costituzione dell’agosto 1991 ribadì il monopolio politico del partito al potere. Nello stesso mese divenne presidente della repubblica il segretario generale del partito Kaysone Phomvihane. Nonostante qualche relativo progresso il Laos rimase uno dei paesi più poveri del mondo, e continuò a sostenersi in modo quasi esclusivo su un’attività agricola di sussistenza condotta in assenza di qualsiasi tecnologia e di adeguate infrastrutture.

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4. La riforma costituzionale: verso il secondo millennio

Nel 1991 fu introdotta una nuova costituzione e nel 1995 firmato un accordo relativo alla regolazione delle acque con Cambogia, Thailandia e Vietnam. Nel 1997 entrò a far parte dell’Associazione delle nazioni del Sud-Est asiatico (ASEAN). Nel 1998 divenne presidente Khamtay Siphandon, il quale, senza introdurre riforme politiche strutturali, favorì ulteriormente la progressiva liberalizzazione dell’economia, che registrò significativi tassi di crescita. Negli anni Duemila, il partito comunista continuò a mantenere saldamente il potere, nonostante l’invecchiamento dei principali leader e il collasso dell’Unione Sovietica. Nel 2006 Khamtay Siphandon fu sostituito al vertice dello Stato da Choummaly Sayasone, che proseguì la linea di moderata apertura intrapresa dal predecessore.

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