Haiti

Stato attuale dell’America centrale. Occupa la parte occidentale (circa un terzo della superficie complessiva) dell’isola di Hispaniola, la seconda per estensione delle Grandi Antille. Ceduto dalla Spagna alla Francia col trattato di Rijswijk nel 1697, l’attuale territorio haitiano, col nome di Saint-Domingue, divenne nel XVIII secolo una delle più ricche colonie del Nuovo Mondo. Tipica economia di piantagione (zucchero, cotone, indaco, caffè, cacao), la sua prosperità si basò essenzialmente sullo sfruttamento brutale di una manodopera di schiavi africani da parte di una élite molto ristretta di proprietari terrieri bianchi e mulatti (chiamati affranchis). La Rivoluzione francese, con le sue parole d’ordine di libertà ed eguaglianza, agì quale detonatore di una rivoluzione contro la dominazione coloniale che scoppiò nel 1791 allorché neri e mulatti, sotto la guida di uno schiavo liberato, Pierre Dominique Toussaint Louverture, si sollevarono contro la minoranza bianca, saccheggiando e uccidendo, in una guerra che assunse i caratteri di un vero e proprio conflitto razziale. Nel 1801 Toussaint Louverture, che riuscì per oltre un decennio a tener testa alle truppe francesi, inglesi e spagnole, promulgò una costituzione autonominandosi governatore generale. Napoleone inviò allora dalla Francia un esercito, con a capo il generale Leclerc, il quale sconfisse, dopo una dura resistenza, gli insorti. La guerra con la Francia riprese poco dopo e nel 1804 un altro ex schiavo nero, Jean Jacques Dessalines, cacciati definitivamente i francesi, proclamò l’indipendenza dell’intera isola, ribattezzata Haiti secondo l’antica denominazione indiana, e ne divenne imperatore col nome di Giacomo I. L’uccisione di Dessalines (1806) precipitò il paese in una guerra civile tra i mulatti e i neri. I primi diedero vita a una repubblica del sud e i secondi, nel nord, a una monarchia. Soltanto nel 1820 le due parti furono di nuovo unificate da un mulatto, Jean Pierre Boyer, il quale approfittò della rivolta dei dominicani contro gli spagnoli (1822) per estendere il proprio controllo anche su Santo Domingo. La proclamazione della Repubblica Dominicana (1844) segnò la separazione definitiva tra i due stati. Haiti, dopo una parentesi segnata dalla dittatura di Faustin Souloque (1847-59), proclamatosi imperatore col nome di Faustino I, cadde in preda all’anarchia, con gravi conseguenze sul piano economico e sociale. Nel 1915, in seguito a un’ennesima sommossa popolare, gli Stati Uniti, la cui influenza negli affari interni di Haiti tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo era andata crescendo parallelamente alla penetrazione del capitale americano, occuparono il paese sostenendo il potere dell’élite mulatta sulla maggioranza nera. Solo nel 1934 il presidente Roosevelt ordinò la fine dell’occupazione militare. Il ritiro degli americani, salutato come l’inizio di una seconda emancipazione, non significò l’indipendenza reale. Di fatto il paese continuò a essere governato da uomini di paglia di Washington, con l’appoggio di forze militari addestrate direttamente negli Stati Uniti. Nel 1957, in un clima di forte tensione sociale e politica, venne eletto presidente il nero François Duvalier (“papa Doc”) il quale, servendosi del Movimento di rinnovamento nazionale, instaurò un regime del terrore che resistette a numerosi tentativi messi in atto per abbatterlo da parte delle opposizioni. Duvalier installò membri della sua famiglia nei posti chiave dello stato espellendone i mulatti, che erano stati fino ad allora l’élite dominante. Alla sua morte (1971) gli succedette il figlio Jean-Claude Duvalier. Sotto la sua presidenza si aggravò la già precaria situazione economica del paese e si acuirono i conflitti all’interno della classe dirigente tra gli opposti clan dei neri e dei mulatti. Nel 1986 le pressioni degli Stati Uniti e degli altri paesi latinoamericani affinché venisse liquidato un regime ormai screditato spinsero il generale Henry Namphy a organizzare un colpo di stato militare che costrinse alla fuga il clan Duvalier. La caduta della dittatura fu accompagnata da manifestazioni di gioia da parte delle masse popolari e da una caccia spietata alle guardie duvalieriste, i famigerati “tonton macoute”, resisi responsabili di efferati delitti. Ristabilito l’ordine, Namphy formò una giunta militare provvisoria e per assicurarsi l’appoggio degli Stati Uniti, preoccupati di un ritorno al passato, promise il ripristino della legalità democratica. Una nuova costituzione fu preparata e sottoposta a referendum nel marzo del 1987; per contro, le elezioni, indette per il mese di novembre, furono annullate per il clima di violenza che ne accompagnò lo svolgimento. Ripetute nel gennaio 1988, esse videro la vittoria del solo candidato che aveva accettato il programma dei militari, il moderato Leslie Manigat. Il nuovo presidente tentò di avviare un programma di lotta alla corruzione e al traffico di droga, di riforma agraria e apertura del paese agli investimenti esteri, ma incontrò l’opposizione della casta militare, che lo destituì con un colpo di stato. Nel settembre prese il potere il generale Prosper Avril, il quale rilanciò il processo di normalizzazione consentendo la riorganizzazione dei partiti e dei sindacati e arrivando alla formazione di un governo civile moderato. Avril ristabilì la costituzione del 1987, sospesa da Namphy, e annunciò le elezioni per il 1990, ma le sue esitazioni, attribuite all’influenza dell’esercito, gli alienarono del tutto la fiducia delle forze di opposizione al vecchio regime che ottennero, con grandi manifestazioni di protesta, la sua destituzione e la nomina a presidente provvisorio di Ertha Pascal Trouillot (marzo 1990). La Pascal, sostenuta da una vasta coalizione di partiti democratici e grazie alla presenza di osservatori esterni dell’ONU e dell’Organizzazione degli Stati Americani, ottenne infine lo svolgimento di elezioni regolari (dicembre 1990). I risultati videro la vittoria schiacciante di padre Jean-Bertrand Aristide, un ex sacerdote salesiano, che fu insediato nel febbraio del 1991, ma, già dopo pochi mesi, rovesciato dai militari e quindi costretto a rifugiarsi negli USA. Questi ultimi, il Canada e gran parte degli stati dell’Europa occidentale sospesero ogni aiuto economico e non riconobbero il nuovo governo, che reagì mettendo in atto una repressione terroristica responsabile della morte di migliaia di sostenitori di Aristide. Un intervento militare americano nel 1994 provocò la caduta del governo militare e il reinsediamento di Aristide, che sciolse l’esercito sostituendolo con una forza di pubblica sicurezza. Alle elezioni legislative del 1995 una coalizione patrocinata dal presidente vinse le elezioni in maniera clamorosa e fu eletto capo dello stato René Preval. Nel 1997 la coalizione entrò tuttavia in crisi, determinando un vuoto di potere che, agli inizi del 1999, indusse il presidente a governare per decreto. Alle elezioni del 2000 si affermarono largamente l’ex presidente Aristide e il suo partito Fanmi Lavalas. Il secondo mandato presidenziale di Aristide fu tuttavia segnato da una intensa instabilità politica e da forti tensioni sociali, che nel 2004 lo costrinsero infine ad abbandonare il paese. Lo scatenamento delle violenze tra opposte fazioni spinse gli Stati Uniti a inviare, sotto l’autorizzazione dell’ONU, un contingente militare incaricato di riportare l’ordine, garantire il rispetto dei diritti umani e instaurare un governo provvisorio. Nelle successive elezioni del 2006 fu riconfermato Preval, il quale tuttavia non riuscì a impedire il periodico riaccendersi delle tensioni sociali. Nel 2008 l’incarico di primo ministro fu assegnato, per la prima volta, a una donna, Michèle Pierre-Louis, cui seguì appena un anno dopo Jean-Max Bellerive. La già precaria condizione dell’isola fu poi ulteriormente aggravata dai devastanti effetti del terribile terremoto del gennaio 2010, che causò oltre 300.000 vittime e lo scoppio di una successiva epidemia di colera. Nelle elezioni presidenziali del 2010 si impose al secondo turno Michel Martelly, che, nel 2011, affidò l’incarico di capo del governo a Gary Conille. La nuova amministrazione si impegnò a fondo nella ricostruzione del paese.