Guyana, repubblica di

Stato attuale dell’America meridionale. Scoperta da Cristoforo Colombo che ne esplorò le coste nel 1498, fu occupata dagli olandesi i quali, tra la fine del XVI e la prima metà del XVII secolo, fondarono le colonie di Essequibo, Demerara e Berbice. Contese a lungo tra francesi, inglesi e olandesi, queste passarono definitivamente alla Gran Bretagna nel 1814, col congresso di Vienna, e furono unificate a partire dal 1831 nella Guyana Britannica. L’economia del paese, basata essenzialmente sulla coltivazione della canna da zucchero, iniziò il suo declino con l’abolizione del commercio degli schiavi (1807) e la loro emancipazione (1834). Gli schiavi, infatti, abbandonarono in massa le piantagioni, che da allora soffrirono di una cronica carenza di manodopera. Solo un secolo dopo la popolazione tornò lentamente a crescere, anche per effetto di una consistente immigrazione dall’India, ma la debolezza demografica costituì un limite allo sviluppo del paese. La Guyana ottenne l’autonomia nel 1961 e la piena indipendenza nel 1966. Dapprima monarchia parlamentare nell’ambito del Commonwealth, si diede una costituzione repubblicana nel 1970. Nel 1973 aderì alla Comunità economica caraibica (CARICOM), formata dalle ex colonie britanniche dei Caraibi. Nel 1980 una nuova costituzione introdusse il sistema presidenziale al posto di quello parlamentare. La vita politica del nuovo stato fu dominata da due partiti di orientamento socialista: il Congresso nazionale del popolo (PNC) e il Partito progressista del popolo (PPP), di ispirazione marxista-leninista. Il primo ottenne la maggioranza alle elezioni del 1964 e venne riconfermato in tutte le tornate successive fino al 1992. Per risollevare le sorti dell’economia, il PNC sotto la guida di Forbes Burnham procedette, tra il 1975 e il 1976, alla nazionalizzazione delle piantagioni di riso e di zucchero e delle miniere di bauxite, controllate da compagnie straniere. Dopo alcuni successi iniziali, la situazione tornò a peggiorare e si imposero misure di austerità che crearono forti tensioni sociali nel paese. Una svolta nella politica economica del governo si ebbe con l’elezione alla presidenza di Desmond Hoyte (1985). Questi riprivatizzò parte dei terreni agricoli, incoraggiò l’iniziativa privata, favorì gli investimenti esteri e tentò di rivitalizzare la CARICOM, rendendo operativa la zona di libero scambio tra i paesi membri. Le elezioni generali, due volte rinviate per controversie relative ai meccanismi di registrazione dei voti, si tennero nel 1992, alla presenza di osservatori del Commonwealth, invitati da Hoyte in risposta alle accuse di brogli elettorali mossegli dalle opposizioni. La vittoria andò al PPP e al suo leader storico Cheddi Jagan, già primo ministro dal 1953 al 1964. Abbandonate le originarie posizioni statalistiche, Jagan adottò una politica sostanzialmente simile a quella del suo predecessore, pur manifestando l’intenzione di procedere con maggiore cautela nel programma delle privatizzazioni. Dopo la morte di Jagan nel 1997, divenne presidente Samuel Hinds, capo del governo, che passò il proprio incarico alla moglie di Jagan. Quest’ultima vinse le elezioni presidenziali nel 1997 e riaffidò il governo a Hinds. La situazione interna divenne critica per le agitazioni di piazza suscitate dall’opposizione, composta principalmente da neri. Nel 1999 la Jagan rassegnò le dimissioni e fu sostituita da Bharrat Jagdeo del PPP. Alle elezioni del 2001 il PPP si riconfermò partito di maggioranza e Jagdeo fu rieletto alla presidenza per altri due mandati consecutivi. Nonostante le continue tensioni etniche e la criminalità diffusa, Jagdeo si impegnò a fondo nel rilancio dell’economia del paese e nel 2008 firmò un importante accordo commerciale con l’Unione Europea. In occasione delle elezioni generali del novembre 2011, il candidato del PPP, Donald Ramotar, fu eletto presidente, ma il partito non riuscì tuttavia a raggiungere la maggioranza assoluta.