Guatemala

Stato attuale dell’America centrale. Un tempo centro fiorente della civiltà maya, al momento della colonizzazione europea era abitato da popolazioni di stirpe maya, tra cui i quiché, stabilitisi nella regione degli altipiani attorno al 1200 d.C. La conquista del Guatemala fu opera di un luogotenente di Cortés, Pedro de Alvarado, partito nel 1523 dal Messico con una spedizione per porre fine alle continue ribellioni degli indiani del sud. Durante il periodo coloniale (1524-1821), la capitaneria del Guatemala costituì il centro amministrativo della audiencia de los confines (istituita nel 1542), posta alle dipendenze del viceregno della Nuova Spagna. Il successo della guerra di liberazione messicana portò nel 1821 alla dichiarazione di indipendenza del Centro America dalla Spagna. Nel 1822 le province della ex capitaneria si unirono all’impero messicano fondato da Agustin de Itúrbide, l’eroe della guerra di indipendenza. Caduto quest’ultimo, il Guatemala ebbe parte attiva nella creazione della Federazione dell’America Centrale (1823) con l’Honduras, El Salvador, il Nicaragua e il Costa Rica che si sciolse per contrasti interni nel 1838. Da allora agì di fatto come uno stato indipendente. L’alleanza tra plebi rurali indie, politicamente arretrate, e l’aristocrazia creola assicurò una relativa stabilità interna, posta all’insegna della continuità con il regime coloniale. Espressione di questa alleanza conservatrice fu Rafael Carrera (1839-65), un indio semianalfabeta che, forte dell’appoggio delle campagne, dominò la vita politica del paese fino alla sua morte. Nel 1871 una rivoluzione portò al potere il liberale Justo Rufino Barrios (1873-85), che impresse al Guatemala una svolta modernizzatrice. Convinto fautore dell’unione degli stati centroamericani, tentò di imporla con la forza ed entrò in guerra con El Salvador dove perse la vita in battaglia nel 1885. Seguì, dopo un breve periodo di instabilità, la lunga dittatura personale di Manuel Estrada Cabrera (1898-1920), più volte rieletto presidente, durante la quale sempre più marcata si fece l’influenza sulla politica interna degli Stati Uniti, a protezione degli interessi della United Fruit Company, divenuta proprietaria delle maggiori piantagioni di caffè e di banane del Guatemala. L’uscita di scena di Cabrera, costretto alle dimissioni nel 1920, coincise con una nuova fase di instabilità che si concluse nel 1931 con l’elezione alla presidenza di Jorge Ubico, che restò al potere fino al 1944. Ubico riuscì nell’opera di risanamento della finanza pubblica, diede al paese un’amministrazione efficiente, intraprese la costruzione di strade e ospedali, si atteggiò a difensore degli indiani; ma il carattere oppressivo del suo regime alimentò un’opposizione politica e sociale che crebbe fino a sfociare in ribellione aperta contro il suo regime. Nell’ottobre del 1944 una giunta rivoluzionaria assunse il potere e preparò libere elezioni che portarono alla presidenza prima Juan José Arévalo (1945-51) e quindi Jacobo Arbenz Guzmán (1951-54). Quest’ultimo, con l’appoggio del comunista Partito del lavoro, tentò di attuare la riforma agraria e di nazionalizzare le proprietà della United Fruit, provocando le reazioni del monopolio nordamericano, che rispose finanziando un colpo di stato e quindi una serie di giunte militari. Nel 1965, con l’entrata di vigore della nuova costituzione, si ebbe il ritorno a un governo civile sotto la presidenza di Julio César Méndez Montenegro (1966-70), ma il potere reale restò di fatto nelle mani dell’esercito, che dovette fronteggiare, a partire dai primi anni Sessanta, le azioni di guerriglia di varie formazioni di estrema sinistra in un clima di crescente violenza terroristica. Nel 1970, con una prassi incostituzionale, fu nominato presidente il rappresentante di una coalizione di destra, Carlos Manuel Arana Osorio, cui seguirono i generali Kjell Laugerud García (1974-78) e Fernando Romeo Lucas García (1978-82). Nel 1981 il Guatemala ruppe le già tese relazioni diplomatiche con la Gran Bretagna per la decisione di quest’ultima di concedere l’indipendenza al Belize (ex Honduras britannico), considerato dal Guatemala parte integrante del proprio territorio. Nel 1983 un ennesimo colpo di stato portò al potere il generale Oscar Humberto Mejía Victores il quale, anche per la pressione di numerose personalità statunitensi che auspicavano la “normalizzazione” del Guatemala, si impegnò a garantire le elezioni generali in un clima di legalità. Queste si tennero nel 1985 e diedero la maggioranza assoluta al Partito democratico cristiano (PDCG) il cui candidato, Marco Vinicio Cerezo Arévalo, fu insediato alla presidenza nel 1986. I tentativi di Cerezo di pacificare il paese e di attuare una politica moderatamente riformista fallirono per l’opposizione congiunta dell’establishment guatemalteco e della guerriglia marxista, attiva soprattutto nelle province settentrionali. Alle successive elezioni presidenziali del 1991, tanto il PDCG quanto i partiti della sinistra furono messi fuori gioco dai partiti di destra. La vittoria andò al candidato del Movimento di azione solidale (MAS) Jorge Serrano Elías, il primo presidente protestante dell’America Latina, che fu estromesso dai militari nel 1993, dopo il fallito tentativo di reprimere vaste agitazioni di lavoratori e studenti. Il successivo governo, guidato da Ramiro de Leon Carpio, nel 1996 raggiunse un accordo con l’Unione nazionale rivoluzionaria guatemalteca (URNG), sulla base di una modifica della costituzione che riconosceva nuovi diritti agli indios, ponendo così le premesse della fine di una guerra civile durata trent’anni e avvenuta di fatto nel 1997. Le elezioni presidenziali del 1995 segnarono la vittoria del Partito di avanzata nazionale (PAN) e del suo candidato Álvaro Arzú Irigoyen, che provvide ad allontanare dall’esercito capi corrotti e attuò un energico piano di privatizzazioni. Gli ultimi anni Novanta videro un acutizzarsi di azioni terroristiche a opera dei militari e di gruppi di estrema destra. Alle presidenziali del 1999 si affermò Alfonso Antonio Portillo Cabrera di un altro partito conservatore, il Frente Republicano Guatemalteco, che fu coinvolto in numerosi scandali di corruzione. Le successive elezioni del 2004 furono vinte ancora una volta da un conservatore, Óscar Perdomo, che incaricò il Premio Nobel per la pace Rigoberta Menchú di sviluppare gli accordi del 1996 e si impegnò a fondo nel rilancio economico del paese. Nel 2006 il Guatemala aderì al CAFTA-DR, rafforzando la cooperazione con gli Stati Uniti nella lotta al narcotraffico. Nel 2007 divenne presidente Álvaro Colom dell’Unione nazionale per la speranza, una coalizione di centro-sinistra. Nonostante gli sforzi attuati da Colom per fronteggiare il crimine organizzato e il traffico di stupefacenti, negli anni successivi il Paese conobbe un progressivo aggravamento della situazione interna. Nelle elezioni presidenziali del novembre 2011 fu eletto un generale, Otto Pérez Molina, del Partito patriottico.