palestinese, questione

  1. I palestinesi della diaspora
  2. Il riconoscimento tra Israele e l'OLP
  3. L'eredità di Arafat
1. I palestinesi della diaspora

La proclamazione dello stato di Israele nel 1948, la guerra arabo-israeliana del 1948-49 e le guerre successive determinarono un esodo massiccio di popolazione araba dalla Palestina controllata dagli ebrei. I palestinesi della diaspora, che non riconoscevano la legittimità del nuovo stato, cercarono appoggio presso gli stati arabi, entrati a loro volta in conflitto endemico con Israele. Parola d’ordine generale degli arabi, che svilupparono atteggiamenti di ostilità non solo verso lo stato ebraico ma anche forme di antisemitismo virulento, divenne la distruzione del nuovo stato. Per parte sua lo stato di Israele, dentro il quale era rimasta una piccola minoranza di arabi, soggetto a una condizione di permanente militarizzazione, vide svilupparsi al proprio interno atteggiamenti violentemente ostili a tutto ciò che era arabo e musulmano. Nel 1964 una svolta fu rappresentata dalla formazione dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP), il cui nucleo era costituito dal gruppo di al-Fatah. Yasir Arafat diventò nel 1968 presidente dell’OLP. Lo schieramento palestinese, deciso alla guerriglia e all’esercizio del terrorismo contro gli israeliani, era composto anche da altri gruppi di orientamento islamico e marxista. I palestinesi si appoggiavano agli stati arabi e all’Unione Sovietica. Nel 1974 le Nazioni Unite riconobbero l’OLP, che costituì un governo in esilio. Nei territori della Cisgiordania e di Gaza, occupati dall’esercito israeliano nel 1967, in relazione alle tensioni determinate dal controllo militare e agli insediamenti ebraici, si sviluppò un forte movimento di guerriglia urbana, alimentata soprattutto dai giovani (intifada). Dopo anni di scontro frontale, l’OLP, prendendo atto della impossibilità di distruggere lo stato di Israele, nel 1988-89 cambiò la propria strategia politica, affermando di riconoscere l’esistenza dello stato a patto che Israele riconoscesse a sua volta il diritto per i palestinesi di costituire uno stato indipendente, la cui esistenza venne proclamata nel 1988 dall’OLP, comprendente la Cisgiordania e Gaza. La nuova politica di Arafat andò incontro al totale rifiuto delle organizzazioni palestinesi estremistiche, in particolare del gruppo islamico di Hamas.

Top

2. Il riconoscimento tra Israele e l'OLP

Nel settembre del 1993 fu raggiunto a Oslo uno storico accordo tra Israele e l’OLP, che si riconobbero così reciprocamente. In base a tale accordo fu prevista la formazione di un Consiglio per l’autonomia palestinese cui sarebbero stati riconosciuti i poteri amministrativi nella zona di Gerico in Cisgiordania e nella striscia di Gaza, in vista di un definitivo trattato di pace. A partire dal 1994 l’Autorità palestinese diede inizio alla propria attività in un clima di tensioni che rallentarono l’attuazione delle intese. Nel 1996 si tennero nei territori autonomi le prime elezioni per il presidente, che videro la vittoria di Arafat, e per il Consiglio palestinese. I rapporti con Israele si inasprirono nuovamente in seguito all’elezione di Binyamin Netanyahu a primo ministro israeliano (1996) e ai numerosi attentati compiuti dai musulmani integralisti di Hamas. Il processo di pace fece tuttavia ulteriori passi in avanti dopo la formazione in Israele del governo Barak, succeduto a Netanyahu nel maggio 1999, e il ritiro di Israele dalla fascia di sicurezza nel Libano meridionale nel maggio del 2000. Nel settembre del 2000, una visita di Ariel Sharon, leader del Likud, sulla spianata delle Moschee a Gerusalemme scatenò tensioni e manifestazioni di protesta che sfociarono nella cosiddetta “seconda intifada” e nell’occupazione israeliana dei principali centri amministrati dall’Autorità nazionale palestinese (ANP). Accusato di essere il mandante degli attacchi terroristici contro Israele, Arafat rimase confinato nei suoi uffici a Ramallah sino all’ottobre del 2004, quando, in seguito a un aggravamento delle sue condizioni di salute, fu trasportato a Parigi, dove morì poco dopo. Nel frattempo, col proposito di riattivare le trattative con Israele, l’ANP istituì la carica di primo ministro, che fu assegnata al moderato Abu Mazen, il quale invocò la fine delle ostilità.

Top

3. L'eredità di Arafat

Alla morte di Arafat, Abu Mazen fu eletto segretario dell’OLP e presidente dell’ANP e nel 2005 Israele iniziò il progressivo ritiro delle proprie forze armate dalla Cisgiordania e dalla Striscia di Gaza. A dispetto delle speranze in vista del riavvio delle trattative con Israele, la stessa esistenza dell’ANP fu messa in questione all’indomani del 2006, quando, dopo le elezioni per il Consiglio legislativo palestinese, si radicalizzò lo scontro interno tra i sostenitori di Al-Fatah e quelli di Hamas fino al punto di sfociare di fatto nella divisione amministrativa tra la Cisgiordania, sotto il controllo dei primi, e la Striscia di Gaza, sotto il controllo dei secondi. Solo dopo prolungati negoziati, nell’aprile 2011 Hamas e Al-Fatah raggiunsero al Cairo un accordo in vista della formazione di un nuovo governo ad interim presieduto da Abu Mazen. Nel settembre dello stesso anno Abu Mazen avanzò la richiesta di ammissione dello Stato palestinese al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, suscitando però la ferma opposizione degli Stati Uniti e soprattutto di Israele.
Dopo il fallimento di questa prima iniziativa, nel 2012 Abu Mazen aggirò l’opposizione di Stati Uniti e Israele, presentando all’Assemblea generale dell’ONU una bozza di risoluzione attraverso la quale potesse essere concessa alla Palestina la qualifica di stato osservatore permanente. La risoluzione, approvata nel novembre dello stesso anno, permise allo stato palestinese di essere riconosciuto da parte di organismi internazionali quali la Corte internazionale di giustizia.

Top