olocausto (Shoah)

Dal greco “holòkauston” (“tutto bruciato”, in ebraico: “olah”), il termine indicava nell’antichità il sacrificio in cui una vittima – generalmente un toro o un agnello – era bruciata in onore della divinità. Nel XX secolo il termine è stato usato per indicare lo sterminio degli ebrei perpetrato con crudele sistematicità dal nazismo durante la seconda guerra mondiale, quando Hitler, tra il 1941 e il 1942, decise di risolvere la “questione ebraica” con la cosiddetta “soluzione finale”. Gli ebrei tedeschi e quelli dei territori occupati (tra cui più di tre milioni di ebrei polacchi) furono deportati in massa nei circa novecento campi di concentramento disseminati nell’impero nazista, molti dei quali furono trasformati in campi di sterminio. Il genocidio fu attuato anche al di fuori dei campi, in tutti i territori occupati dai nazisti: il massacro del ghetto di Varsavia (1943) fu il più noto ma non l’unico caso. Al termine della guerra erano stati soppressi tra i cinque e i sei milioni di ebrei.
Per indicare lo sterminio degli ebrei ad opera dei nazisti si è progressivamente imposto il termine biblico Shoah, che non ha connotazioni religiose ed esprime il concetto di disastro, catastrofe.