La diffusione del cristianesimo

cristianesimo Cristianesimo, chiese e gruppi cristiani

Sin dai tempi più antichi la nuova religione si strutturò in gruppi o comunità chiamate “chiese” (ekklesìai = riunioni di credenti che si considerano “convocati” da Cristo), dapprima di carattere domestico, poi sempre più ampie: motivo per cui, secondo alcuni, la “storia del cristianesimo” non sarebbe che una “storia di chiese”. Il modello iniziale della chiesa cristiana fu la sinagoga giudaica (libera riunione di tipo “democratico” dedicata alla lettura della Bibbia e alla preghiera). A differenza della sinagoga – l’unica istituzione ebraica sopravvissuta alla distruzione del Tempio di Gerusalemme (70 d.C.) – la “chiesa” cristiana si diede un’organizzazione interna sempre più articolata. Ogni comunità-chiesa aveva a capo prima un gruppo di “anziani” (presbiteri, preti) e poi un sovrintendente chiamato epískopos (vescovo = sorvegliante), contornato da preti, da diaconi (diákonoi) a cui erano inizialmente demandati i servizi di assistenza ai poveri e dal popolo credente (l’insieme dei laikói). Le prime chiese furono fondate da Pietro (che appare aver assunto un ruolo di presidenza nel gruppo dei “dodici”, idealmente rappresentanti le dodici tribù di Israele), da Paolo di Tarso, voltosi essenzialmente alla missione presso i “gentili” (cioè i non ebrei, i pagani), e via via da altri apostoli e missionari. In ragione di questo fatto le chiese si affermarono come apostoliche, cioè fondate da apostoli o da loro emissari (uomini apostolici). Nelle riunioni di chiesa venivano fatte letture della Bibbia e si celebrava l’eucarestia o rinnovamento della cena del Signore. Chi presiedeva all’eucarestia (originariamente il vescovo) spiegava le Scritture, rivolgeva esortazioni ai presenti e distribuiva il pane e il vino consacrati. Da tali letture ed esortazioni e dalla celebrazione dell’eucarestia si sviluppò poi la “messa” (letteralmente: “invio, congedo” a conclusione di una cerimonia; termine antico: “frazione del pane”, klásis ártou). L’intensità di vita delle varie comunità cristiane antiche è testimoniata dal pullulare di scritti e di rivelazioni (per lo più presentantisi come segreti, apocrifi o favolosi e di tipo affabulatorio-popolareggiante), come pure dalla tendenza opposta di certi gruppi radicali e settari a rigettare non solo l’Antico Testamento, ma anche quanto di ebraico era presente negli scritti neotestamentari (così, ad esempio, Marcione intorno alla metà del II secolo). Per questo, dalla seconda metà del II secolo le chiese cristiane iniziarono a definire un catalogo (canone) degli scritti da prendersi in considerazione come ispirati e fondanti per la fede e l’etica cristiana. Il canone delle Scritture (46 scritti dell’Antico Testamento e 26 del Nuovo) diventò la base della fede e della tradizione cristiana successiva. La storia del cristianesimo nel suo sviluppo ha visto ben presto, accanto a quella che si definisce sempre più nettamente come la Grande Chiesa (cioè il complesso delle chiese variamente diffuse ma che riconoscevano, pur senza nessuna centralizzazione, un credo e un’etica comuni), il sorgere di gruppi minori per effetto di scissioni (“scismi”) o variazioni in materia di credo (“eresie” o dottrine giudicate tali dalla Grande Chiesa). Di qui la nascita di “nuove” chiese, variamente organizzate al loro interno, o di gruppi minori, alcuni sovente con marcata fisionomia settaria o indipendentista. Di fronte al sorgere di tali diversificazioni, già nel II secolo la chiesa di Roma – che si richiamava alla fondazione dovuta agli apostoli Pietro e Paolo – cominciò ad assumere una maggiore autorità. Accanto ad essa ebbero grande prestigio anche alcune antiche comunità o chiese: Alessandria, Antiochia e successivamente Costantinopoli (che costituirono poi con Roma i quattro grandi patriarcati, a cui se ne aggiunsero altri in epoche più recenti). Le maggiori chiese “nuove” o “diverse” (sorte cioè da eresie o scismi) furono nell’antichità quelle delle correnti dualistiche gnostiche e quelle che assunsero posizioni contrastanti rispetto alla maggioranza delle altre chiese su decisive questioni di carattere dogmatico (eresia). Con il crescente distacco della parte orientale dell’impero (capitale Costantinopoli, dal 330 d.C.) da quella occidentale (con capitale Roma, la cui chiesa, con i suoi vescovi, o papi, assunse un ruolo sempre più autorevole grazie al favore imperiale), i rapporti tra le due chiese si fecero sempre più tesi, dapprima all’epoca del patriarca Fozio (867-70) e poi con la completa rottura realizzatasi nel 1054, quando i legati papali depositarono la bolla di scomunica contro la chiesa di Costantinopoli. La chiesa greca si richiamava alla “ortodossia” (vale a dire, alla “vera fede”, avente come base i deliberati degli otto concili ecumenici dell’antichità). Essa si andò sempre più configurando come una costellazione di chiese, sulla base della sinodalità. Strettamente legata all’impero bizantino e poi, in Russia, all’autorità degli zar, si estese verso l’Oriente cristiano e svolse un’azione missionaria in direzione dei territori dell’impero bizantino e poi della Russia e verso l’Asia centrale e orientale. La chiesa romana invece, in cui l’autorità accentratrice dei papi fece grandi progressi, estese progressivamente la sua autorità sull’Occidente europeo, attraverso la conversione dei popoli barbarici (soprattutto franchi e longobardi) e i suoi rapporti con l’impero carolingio e poi ottoniano, di cui diventò anzi anima e ispiratrice, pur senza identificarsi con essi, rilanciando prima i concili di riforma interna e iniziando quindi una vasta azione di rinnovamento della chiesa stessa e della società nei confronti del potere imperiale, a cui era andata sempre più legandosi. Culmine di questa vicenda fu il concilio Lateranense IV (1215), sotto papa Innocenzo III, quando il papato si affermò come “arbitro del mondo”. Nel medioevo occidentale era già in atto a quel momento tutto un pullulare di movimenti che, sorti con intenti di riforma interna della chiesa, si trasformarono ora in ordini religiosi inglobati nella Grande Chiesa, ora in eresie e chiese eretiche. L’ultima grande scissione della cristianità occidentale si ebbe con la Riforma protestante (dal 1517) e con la successiva frammentazione del mondo riformato in chiese diverse: la luterana, la zwingliana, la calvinista, l’anglicana fino ai gruppi minoritari e settari del protestantesimo, che si riconoscono e si presentano quali forme ed espressioni autentiche di fede e di vita cristiana. In età moderna e contemporanea, al cristianesimo delle maggiori o minori chiese storiche si sono aggiunte correnti o movimenti cristiani che si vogliono indipendenti dalla “forma chiesa” (cristiani senza chiesa; cristianesimo aconfessionale; cristianesimo latente, ecc.), nonché “nuove religioni” in cui gli elementi dei vari “credo” cristiani convivono con forme sincretistiche di altre tradizioni religiose.