Carta raffigurante la situazione dell’Arabia nel VI secolo

arabi Gli arabi e l’islam

La diffusione del monoteismo trovò nel VII secolo d.C. un innovatore locale, che, convinto di essere il tramite dell’ulteriore e ultima rivelazione divina, in continuità con l’ebraismo e il cristianesimo, giunse a fondare una nuova religione: l’islam. Muhammad (questo è il nome arabo del profeta che noi chiamiamo Maometto) non fu soltanto il fondatore di una nuova religione. Fu anche un grande uomo politico, che tra il 622 e il 632, riuscì a unificare sotto la sua guida le indipendenti tribù arabe. L’unificazione delle tribù arabe attraverso il superamento dei particolarismi di clan e l’adesione all’islam fu il fatto storico determinante per l’espansione degli arabi al di fuori della loro penisola e per la fondazione dell’impero arabo-islamico, che sotto la dinastia omayyade (661-750) si estendeva dall’Oceano Atlantico alla valle dell’Indo e dalle zone sahariane dell’Africa fino ai Pirenei in Europa. Con l’islam la lingua araba divenne sacra (per i musulmani il testo arabo del Corano contiene la parola stessa di Dio) e, in conseguenza della conquista, universale. Grazie a questo suo duplice carattere l’arabo ha potuto mantenere fino a oggi la sua struttura originale. Nella lingua araba il sostantivo “arabo” subì notevoli variazioni semantiche. Mentre non si hanno sufficienti informazioni sull’uso del termine in epoca preislamica, all’epoca di Muhammad gli arabi erano i beduini del deserto; nel Corano il sostantivo “arabo” è usato solo in questo senso e mai per designare gli abitanti delle oasi. I nomadi e i sedentari erano tuttavia accomunati dalla lingua, che nello stesso Corano viene detta “araba”. Con la conquista e la fondazione dell’impero musulmano, la distinzione tra i nomadi e i sedentari originari della penisola arabica perdette di importanza. Il fattore discriminante divenne l’appartenenza alla stirpe dei conquistatori piuttosto che a quella dei popoli conquistati; l’area semantica del termine si estese dunque a tutti gli individui parlanti la lingua araba e discendenti da tribù originarie dell’Arabia. Il primato arabo cessò nell’epoca abbaside (iniziata nel 750), quando a partire dall’inizio del X secolo il califfato di Baghdad cadde sotto il controllo politico di dinastie straniere (gli iraniani Buyidi, i turchi Selgiuchidi). Nello stesso periodo si verificò la frammentazione dell’impero con la proclamazione di un califfato fatimita in Nordafrica e di uno omayyade in Spagna, concorrenziali rispetto a quello abbaside di Baghdad. Allora il principale criterio di distinzione divenne religioso (i musulmani distinti dai non musulmani), mentre il sostantivo “arabo” ritornò a designare i nomadi, i beduini, che potevano anche essere non arabi, per esempio curdi o turcomanni. L’arabo rimase tuttavia la lingua utilizzata nell’impero islamico, la cui cultura è detta araba, anche se questo aggettivo è messo in discussione da chi intende sottolineare il contributo preponderante dato alla cultura “araba” dai non arabi.