Le invasioni e migrazioni dei popoli germanici all’inizio del V secolo

barbari Le migrazioni

Gli unni, bellicoso popolo di cavalieri nomadi stanziatisi lungo il Danubio e nella Russia meridionale, dopo aver sottomesso alcune popolazioni di stirpe germanica e forse slava, fondarono tra i secoli IV e V un vasto ma effimero impero modellato con ogni verosimiglianza su quello sasanide. Di conseguenza parte dei germani fu costretta a migrare verso il territorio imperiale. Sotto la guida di Attila (395-453 circa) gli unni devastarono gran parte dell’Europa sino a imporre la propria supremazia su ostrogoti, gepidi, rugi, eruli, sciri. Solo la morte del re pose fine al dominio unno su tali genti, che si dimostrarono allora pronte e determinate nel ricuperare la propria autonomia. I visigoti, spostatisi sulla riva destra del Danubio per sfuggire alla minaccia degli unni, inizialmente cercarono e ottennero dall’impero un’alleanza che tuttavia non era destinata a durare nel tempo. Essi riuscirono inizialmente a sconfiggere nel 378 ad Adrianopoli l’imperatore Valente, ma dovettero poi subire la violenta reazione dei senatori di Costantinopoli sicché, cacciati dall’Oriente, dilagarono in Illiria penetrando in seguito in Italia. Qui guidati da Alarico I (360-410 circa), saccheggiarono Roma: episodio poco significativo sul piano politico, dato che la capitale era stata trasferita a Ravenna, ma di alto valore simbolico. Quasi contemporaneamente vandali, suebi e alani, oltrepassato il Reno e invasa la Gallia nel 409, in qualità di federati e alleati di Roma si stanziarono nella penisola iberica, dove i visigoti circa un decennio dopo, impadronitisi dell’Alvernia e della Provenza, fondarono il primo regno latino-germanico dell’Occidente romano. A loro volta i vandali, guidati da Genserico (390-477 circa) si trasferirono dalla Spagna in Mauritania e in Numidia da dove nel 455 e nel 472 saccheggiarono nuovamente Roma, benché fin dal 435 avessero ufficialmente ottenuto il riconoscimento della propria sovranità sull’Africa settentrionale da parte di Valentiniano III, imperatore d’Occidente. I burgundi infine tra il 457 e il 458 diedero origine lungo la Saona a un terzo regno federato a quell’impero che, privato del sostegno dei sovrani romani orientali, fu anche costretto proprio allora a fronteggiare nei territori della Loira e della Somme movimenti separatistici guidati da alcuni generali gallo-romani. Vero è che in Gallia si trovavano anche i franchi, da tempo insediatisi nella zona renana. Questi, già fedeli alleati dell’impero, distrutto nel 486 il regno gallo-romano di Siagrio, diedero vita anch’essi a una nuova dominazione germanica. In Italia un gruppo di eruli, di rugi e di sciri si impadronì del potere sotto la guida di Odoacre (433-93 circa) che, eliminati Oreste e Romolo Augustolo (ultimo imperatore romano d’Occidente deposto nel 476), non esitò a inviare all’imperatore d’Oriente Zenone le insegne regie ricostituendo così – seppur solo formalmente – la tradizionale unità imperiale. Odoacre resse l’Italia per circa un ventennio sino a che il re degli ostrogoti Teodorico (455-526 circa), inviato in Occidente dallo stesso Zenone, riuscì a sua volta a sottomettere la penisola. Soprattutto dopo Teodosio I (379-95) anche l’impero romano d’Oriente subì gli attacchi degli unni e dei germani, ma grazie alle sue fortificazioni, ai tributi pagati alle genti barbare, alle terre concesse loro in base al diritto di hospitalitas, affrontandoli direttamente in campo aperto, era riuscito a contenere gli invasori così da dirottarli, seppure senza un piano predeterminato, verso la parte occidentale. Nel secolo VI, erano dunque quattro nella pars Occidentis i regni barbarici, ciascuno con strutture proprie e peculiari capacità politiche: in Gallia, dove i franchi avevano sottomesso i burgundi; in Spagna, dove prosperavano i visigoti; in Italia, dove maturava la straordinaria esperienza del regno ostrogoto teodoriciano; infine sulle coste meridionali del Mediterraneo, dove i vandali contendevano ai berberi l’egemonia sull’antica Africa proconsolare. In altre aree i barbari, pur avendo occupato territori anche consistenti, non furono in grado di costituire una vera compagine statale. A queste prime grandi ondate migratorie altre ne seguirono tra i secoli VI e VIII, destinate tutte a mutare l’instabile panorama europeo. Furono fondamentali quelle degli avari e dei longobardi. Quest’ultima, soprattutto, fu decisiva per l’evoluzione della penisola italica che da poco, grazie all’imperatore Giustiniano, era stata ricondotta nell’alveo del dominio bizantino.