Il terremoto in Emilia-Romagna

Emilia-Romagna

Regione della repubblica italiana. Abitata fin dal paleolitico, nel primo millennio a.C. ebbe un’evoluzione complessa: dal IX secolo ospitò la civiltà villanoviana, integrata nel VI da quella degli etruschi, che fondarono città come Felsina (l’odierna Bologna); nel V fu invasa dai galli boi e nel 222 a.C. cadde sotto la dominazione romana, ricevendo il nome di Aemilia dal console M. Emilio Lepido (187 a.C.), che fece costruire la via Emilia, da Rimini a Piacenza. Grande importanza in età tardoantica e medievale ebbe la città di Ravenna, che fu capitale dell’impero romano d’Occidente dal 402, poi del regno ostrogoto (493) e dell’esarcato bizantino (553). L’invasione longobarda (568) divise la regione nella Romania (oggi Romagna) bizantina e nell’Emilia longobarda. Le vittorie franche sui longobardi e la donazione di Pipino al papa Stefano II (756) crearono le premesse per la fondazione dello stato pontificio, al quale gran parte dell’Emilia-Romagna appartenne per molti secoli, in una vicenda comunque complessa e movimentata. La regione conobbe infatti la frammentazione politica del periodo feudale (X-XI secolo), l’autonomia dei comuni (XII secolo), che proprio a Fossalta, nel modenese, sconfissero le truppe imperiali di Federico II (1249); le signorie cittadine, dal XIII al XV secolo, come i Bentivoglio a Bologna, i Da Polenta a Ravenna, i Malatesta a Rimini, gli Estensi a Ferrara; le contese territoriali quattrocentesche tra i principali stati regionali italiani (papato, Firenze, Milano, Venezia); esperienze di nepotismo come la breve avventura di Cesare Borgia, figlio del papa Alessandro VI, all’inizio del XVI secolo, e la più duratura istituzione del ducato di Parma e Piacenza, istituito per il nipote del papa Paolo III Farnese (1545). La pace di Cateau-Cambrésis (1559) stabilì la situazione che perdurò, salvo la parentesi napoleonica, fino all’unificazione italiana, con Bologna e la Romagna governate dal papa, mediante legati pontifici, e con i ducati di Modena e Reggio, sotto gli Estensi, e di Parma e Piacenza, prima sotto i Farnese, poi sotto i Borbone (1731) e infine sotto Maria Luisa d’Austria dopo il congresso di Vienna (1814-15). L’età napoleonica – nella quale la regione fu integrata nella repubblica cispadana (1796), in quella cisalpina (1797), in quella italiana (1802) e nel regno d’Italia (1805-14) – fu importante per la formazione di idee democratiche, laiche e repubblicane, che si radicarono profondamente nella mentalità collettiva della popolazione. Dopo i fallimenti del tentativo unitario di Gioacchino Murat (proclama di Rimini, 1815) e del moto del 1831 promosso da Ciro Menotti e dalla carboneria modenese, l’Emilia-Romagna fu annessa al regno sabaudo nel 1860 ed entrò nel regno d’Italia (1861). Regione prevalentemente agricola dopo la crisi secentesca dell’artigianato tessile, in seguito all’unificazione nazionale, soprattutto con le bonifiche del ferrarese, sviluppò un consistente bracciantato che aderì presto alle idee socialiste, dando vita alle leghe rosse e a un imponente movimento cooperativo. Duramente represso dal fascismo, il movimento socialista si risollevò negli anni della Resistenza e dopo la Liberazione, garantendo un ampio e stabile consenso elettorale al Partito comunista e introducendo elementi di cooperativismo nell’organizzazione dell’agricoltura e del settore edilizio. L’industrializzazione, che si sviluppò soprattutto dagli anni Cinquanta (prima era presente solo nel settore agroalimentare), si integrò armoniosamente con l’agricoltura, seguendo un modello fondato prevalentemente su piccole e medie imprese diffuse nel territorio e sulla specializzazione produttiva in distretti industriali: settori chimico e petrolchimico a Ravenna e Ferrara (Anic, Montedison), metalmeccanico nel modenese (Ferrari), tessile a Carpi, e così via. Importante risorsa regionale è anche il turismo costiero.