Guerre e tensioni nel mondo dal 1995 al 2008

guerra Guerra e storia

Fin dalla formazione dei primi raggruppamenti umani la guerra, come forma di soluzione delle controversie, è stata la via normalmente percorsa dai gruppi organizzati per realizzare i propri fini. Ma sarebbe eccessivamente generico considerare che la guerra primitiva sia analoga a quella del mondo contemporaneo: se non cambia il genus, certo sono estremamente differenti le modalità del suo svolgimento nel tempo e nello spazio, tanto da suggerire che trattazioni differenziate debbano essere dedicate alle diverse manifestazioni storiche di questo fenomeno. Va innanzi tutto precisato che le conoscenze nei confronti della guerra risultano sovente molto meno ricche di quanto si potrebbe immaginare: è addirittura la stessa identificazione del numero preciso della guerre nella storia a essere continuamente messo in discussione, tanto che non esiste al mondo un solo elenco delle guerre della storia che sia consensualmente adottato dalla comunità internazionale degli studiosi (si può comunque ragionevolmente argomentare che il numero complessivo delle guerre strettamente intese assommi a circa un migliaio, indipendentemente dalla gravità e dalla distruttività del singolo caso). La storicità della guerra può essere ragionevolmente ricondotta a una scansione in quattro tempi (che corrispondono ad altrettanti tipi): la guerra primitiva, la guerra antica, la guerra moderna, la guerra contemporanea. Mentre la prima forma è contraddistinta dall’inesistenza di precise delimitazioni territoriali dei gruppi combattenti e dalla rozzezza degli strumenti militari (armamento, tecniche di conduzione delle ostilità, ecc.), la seconda fa riferimento principalmente al movimento di consolidamento delle cosiddette città-stato (guerre del Peloponneso) e alla costituzione dei primi grandi imperi (guerre persiane, espansionismo romano nel bacino mediterraneo; scontro tra Roma e Cartagine). La terza forma corrisponde all’innovazione forse più drastica, essendo legata alla nascita dello stato moderno (cioè quell’istituzione contraddistinta dalla contemporanea operosità dei diversi poteri di governo politico territoriale, di amministrazione della giustizia, di potestà di prelevare imposte, di capacità di organizzare eserciti più o meno permanenti). La quarta forma, infine, trova il suo elemento distintivo nel parossismo delle sue capacità distruttive (mentre la seconda guerra mondiale raggiunge una mortalità di più di quaranta milioni di vittime, l’immaginario della guerra nucleare consente di ipotizzare addirittura la distruzione totale di ogni forma di vita sul pianeta). La storia delle guerre potrebbe consentire anche altre tipologie. Due di esse meritano di essere almeno citate: la prima legata alla dimensioni spaziali e la seconda alle sue motivazioni ideologiche. Dal primo punto di vista si deve tener presente che la portata geografica dei singoli conflitti è stata sempre strettamente connessa alle conoscenze tecnologiche a disposizione (si pensi, per non fare che un solo esempio, all’influenza che ebbe la costruzione dei cannoni e della corazzatura per le navi da combattimento) nonché alle capacità logistiche (la sottovalutazione delle quali costò a Napoleone la sconfitta nella campagna di Russia del 1812). In conseguenza di ciò le guerre si sono trovate a essere sempre meno limitate, raggiungendo la dimensione continentale nella prima guerra mondiale e coprendo addirittura tre continenti nella seconda (Europa, Africa, Asia). Dal secondo punto di vista, una svolta determinante fu introdotta dalle circostanze che fecero seguito alla Rivoluzione francese. Fece allora la sua comparsa l’idea di nazione, contraddistinta dai cosiddetti “confini naturali”, per la difesa dei quali la guerra ha visto abbattuti i principi del risparmio delle forze e della conduzione strategica rivolta alla vittoria con la minor distruzione possibile e con il minor numero di scontri armati possibili (teorizzati e praticati specialmente nel XVIII secolo). Si è invece imposto quello che Clausewitz definì il fine dell’“atterramento” del nemico, realizzabile soltanto attraverso “la tensione estrema delle forze” (Della guerra, I, I, 5), che ha raggiunto il suo acme nei bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki del 6 e 9 agosto 1945, i quali nello spazio di pochi secondi causarono la morte di decine di migliaia di persone.