L'India al tempo dell'impero di Asoka

India Dal regno di Magadha all’impero Maurya (VI-II secolo a.C.)

A partire dal VI secolo tra i primi stati indiani venne acquistando una potenza sempre maggiore il regno di Magadha, situato nell’ampia zona compresa tra l’Indo e il Gange, che all’epoca del re Bimbisara (540-490) fu teatro della predicazione del Buddha e del Mahavira, i fondatori del buddhismo e dello giainismo. Per molto tempo, tuttavia, le regioni nordoccidentali dell’India rimasero esposte alle incursioni delle potenze straniere: dapprima quelle dei persiani di Dario I, che tra il 522 e il 486 riuscì a sottomettere all’impero achemenide la provincia di Gandhara e la valle dell’Indo; poi, due secoli più tardi, quelle di Alessandro Magno che, dopo aver assoggettato l’impero persiano, tra il 327 e il 325 conquistò nuovamente il Gandhara spingendosi fino alle foci dell’Indo. L’invasione dei greci – che dovevano esercitare ancora per diversi secoli una profonda influenza sulle regioni nordoccidentali – fu ridimensionata da Chandragupta, che fondò intorno al 321 l’impero dei Maurya, una delle strutture politiche più significative dell’India antica. Lo stesso Chandragupta consolidò il suo dominio sull’India settentrionale e riuscì a strappare ai Seleucidi alcuni territori situati nel Pakistan e nell’Afghanistan odierni. Suo nipote Asoka (271-32) unificò sotto il suo scettro tutta l’India – con l’eccezione dell’estrema parte meridionale del subcontinente – portando l’impero Maurya al massimo della potenza e dello splendore. Durante il suo regno il buddhismo divenne la religione dominante (fu esportato anche a Ceylon) e il paese conobbe un grande e pacifico sviluppo politico e culturale che fu tuttavia interrotto, a partire dal principio del II secolo, da una nuova serie di invasioni straniere e di disordini interni. Nel 185, con l’assassinio di Brhadratha, l’ultimo sovrano della dinastia, l’impero dei Maurya si dissolse in una molteplicità di piccole formazioni statali rette da dinastie minori. Venuto meno il sostegno del potente re Asoka e in assenza – per i suoi stessi principi – di una solida struttura organizzativa, il buddhismo cominciò allora a perdere in India la sua forza propulsiva.