L'mpero persiano e la sua organizzazione

Iran Dalle origini fino alla dissoluzione dell’impero achemenide

Popolato fin dall’VIII millennio a.C. nelle zone del litorale caspico e dell’altopiano iranico, dove sono stati trovati i resti di antichissimi insediamenti, legato all’area di influenza mesopotamica e sede dalla metà del III millennio della civiltà dell’Elam, il territorio dell’attuale Iran fu raggiunto intorno alla metà del II millennio a.C. da popolazioni di stirpe ariana appartenenti al ceppo indoeuropeo, che riuscirono ad assimilare i popoli precedentemente stanziati sul territorio dividendosi poi in due gruppi principali: i medi e i persiani. Nel VII secolo a.C. i medi, dopo essersi più volte scontrati con gli assiri, i cassiti e i persiani, diedero vita alla prima grande formazione politica della regione, l’impero medo, che comprendeva tutta la parte settentrionale dell’altopiano iranico e stabilì la sua capitale a Ecbatana. A essi subentrarono, verso la metà del VI secolo a.C., i persiani che, stanziati dapprima nelle regioni meridionali del paese e diventati poi vassalli dei medi, crearono un impero di grande potenza, destinato ad assumere un ruolo di primaria importanza nella storia del mondo antico. Fondato da Ciro il Grande, capostipite della dinastia degli Achemenidi, l’impero persiano sorse dopo la sconfitta dell’ultimo re dei medi, Astiage, nel 550 e riuscì a sottomettere, nel giro di pochi anni, il regno di Lidia (546), le province orientali della Persia (540) e il secondo impero babilonese (539). Alla morte di Ciro (529), esso si estendeva dal Mediterraneo all’Asia centrale, dal Caucaso fino all’Oceano Indiano e rappresentava il più grande organismo politico dell’antico Oriente. Dopo la conquista dell’Egitto (525) da parte di Cambise II, figlio di Ciro, e dopo un periodo di violente lotte per il potere in cui lo stesso Cambise venne assassinato (522) salì al trono Dario I (521-486), discendente di un ramo cadetto degli Achemenidi, che portò l’impero persiano all’apogeo della sua potenza. Sul piano interno, Dario introdusse il sistema delle satrapie, vale a dire una divisione amministrativa dell’impero in province governate da satrapi incaricati di raccogliere i tributi dovuti al sovrano e di amministrare la giustizia. A loro volta, le satrapie – che funzionarono più da centri autonomi di potere che da cinghia di trasmissione tra il centro e la periferia dell’impero – furono poste sotto il controllo di speciali ispettori regi, “gli occhi del re”. Con questo sistema, che si fondava sul rispetto dell’autonomia politica e delle tradizioni religiose delle diverse province, Dario intraprese una sistematica politica espansionistica, spingendosi, a est, fino all’Indo (512) ed entrando in conflitto, a ovest, con gli sciti (514). Dopo aver occupato la Tracia e la Macedonia e dopo aver sedato, tra il 499 e il 493, la rivolta ionica, Dario coinvolse l’impero in un lungo conflitto con i greci, le guerre persiane. Sconfitto nella battaglia di Maratona (490), morì durante i preparativi di una nuova spedizione in Grecia nel 485. Gli succedette il figlio Serse I che, ripreso il progetto di espansione in Grecia e sconfitto a Salamina (480) e a Micale (479), cadde vittima di una congiura di palazzo nel 465. Dopo la morte di Serse I, la dinastia degli Achemenidi rimase ancora al potere per oltre un secolo: con Artaserse I, re dal 465 al 424, che dopo aver riportato l’ordine all’interno del paese pose fine alle guerre persiane stipulando con i greci la pace di Callia (449); con Dario II, un figlio illegittimo di Artaserse I, che usurpò il potere nel 423 e coinvolse l’impero nella guerra del Peloponneso; con Artaserse II, re di Persia dal 404 al 358, che si scontrò con il fratello Ciro il Giovane per il controllo dell’impero e che, dopo aver combattuto con l’Egitto e con gli ateniesi, riuscì a ottenere il pieno controllo delle colonie greche dell’Asia Minore con la pace di Antalcida (386); e ancora con Artaserse III, al potere tra il 358 e il 338, che fu costretto a combattere contro le province ribelli e a contenere la volontà di rivincita dei greci. In questo lungo periodo la monarchia achemenide manifestò i segni di una profonda crisi e, lacerata da continui conflitti dinastici, andò progressivamente dissolvendosi nelle sue diverse satrapie. E ciò proprio mentre cominciava a emergere, sotto Filippo II di Macedonia, la realtà di una Grecia unificata (337) e decisa ad aver ragione dell’antico nemico orientale. All’epoca di Dario III, l’ultimo re della dinastia degli Achemenidi (335-30), l’impero fu conquistato da Alessandro Magno, che sconfisse l’esercito persiano a Isso (333) e a Gaugamela (331).