I principali centri dell’Etruria propria e dell’Etruria padana

etruschi Provenienza e aree di insediamento

Sulle origini degli etruschi le fonti antiche e gli studiosi moderni hanno avanzato diverse ipotesi. La prima, accreditata fin da Erodoto, è che gli etruschi siano originari della regione mediorientale della Lidia, da cui sarebbero poi migrati fino alle coste tosco-laziali in seguito ai grandi sconvolgimenti prodotti dalla guerra di Troia. In età moderna prevalse invece la tesi – accennata in un passo di difficile interpretazione dell’opera di Livio e sostenuta poi da alcuni studiosi tedeschi quali B.G. Niebuhr e K.O. Müller – dell’origine settentrionale degli etruschi (fatti discendere dai reti, ai quali sarebbero strettamente legati): a partire dalla regione del Norico essi si sarebbero progressivamente spinti nell’area padana e nell’Italia centrale, stabilendovi la propria egemonia. Dionigi di Alicarnasso fu il primo a prospettare l’idea del carattere autoctono degli etruschi. Tale ipotesi è stata criticamente ripresa dalla moderna etruscologia, che considera la civiltà etrusca come il risultato di un processo di sviluppo e di “assestamento” etnico-culturale intervenuto in seno alla civiltà villanoviana dell’Italia centrale fra il X e l’VIII secolo a.C. Si spiegherebbero così i molteplici elementi di origine italica (evidenti soprattutto in campo linguistico) presenti nella zona di insediamento propriamente etrusca lungo tutto l’arco di sviluppo di questa civiltà. “Etruria” in senso stretto fu dall’VIII secolo l’area della Toscana meridionale e dell’alto Lazio, dove si svilupparono le città di Tarquinia (la principale della regione e forse anche la più antica) Veio, Cere, Vulci, Roselle, Vetulonia, Populonia, Volsinii, seguite in un secondo tempo dai centri dell’interno di Chiusi, Perugia, Cortona, Arezzo, Fiesole, Volterra. Dal VII secolo, in relazione all’aumento demografico e alla ricerca di nuove risorse, gli etruschi avviarono un consistente moto espansionistico e colonizzatore giungendo a stabilirsi nel Lazio meridionale e in Campania a sud, nella pianura Padana a nord, all’Elba, in Sardegna e in Corsica a ovest (il flusso in quest’ultima direzione fu determinato dall’intento di sfruttare le risorse minerarie delle isole). Si trattò di un fenomeno rilevante che fece degli etruschi – secondo la testimonianza di Livio – l’etnia più diffusa in Italia tra il VII e il VI secolo, nello stesso periodo in cui si dispiegò la potenza della loro flotta nel Mediterraneo. L’assenza di un solido apparato statale e il particolarismo cittadino, tuttavia, diedero un carattere relativamente effimero alla presenza di questo popolo al di là dei confini dell’Etruria propriamente detta. Il Lazio rimase sotto l’egemonia etrusca fino al VI secolo quando anche a Roma furono cacciati i re etruschi (509, secondo la cronologia tradizionale). È tuttora fonte di discussione la precisa definizione del contributo etrusco alla nascita della civiltà romana, che risulta peraltro innegabile. In Campania alcune colonie etrusche (fra le quali la principale fu quella di Capua) sopravvissero fino alla metà del V secolo, ma dopo la sconfitta navale di Cuma (474) e l’inizio dell’espansione sannitica esse persero rapidamente importanza e venne meno ogni carattere “nazionale”. Nella pianura padana – che era stata l’area di maggiore colonizzazione fra il VI e il V secolo con centri di primaria importanza quali Felsina (l’odierna Bologna), Spina, Mantova – fu invece la pressione celtica a determinare nel IV secolo il crollo del fragile sistema politico etrusco. Infine, lo stesso nucleo storico più antico, l’Etruria propriamente detta, fu travolto dall’espansionismo romano. A partire infatti dalla capitolazione di Veio (396), alterne e anche drammatiche vicende – la ribellione dopo la prima guerra sannitica e la sconfitta nella battaglia di Perugia (310), l’insurrezione durante la terza guerra sannitica e la sconfitta presso il lago Vadimone (283) – portarono all’inquadramento dell’area tosco-laziale nel sistema politico-amministrativo dell’Urbe.