La diffusione dell’agricoltura

neolitico Le grandi trasformazioni del neolitico

Con il neolitico l’uomo muta la sua base alimentare trasformandosi da cacciatore-raccoglitore in agricoltore-allevatore. L’acquisita capacità di produrre cibo muta completamente i suoi rapporti con il mondo circostante. Il controllo delle fonti di approvvigionamento alimentare, sia vegetali che animali, portano come conseguenza l’introduzione di nuove tecniche e manufatti, quali l’invenzione della ceramica e degli strumenti in pietra levigata. La progressiva sedentarizzazione delle comunità comporta una variazione dei modelli di insediamento, con la presenza di grandi villaggi stabili con strutture abitative e sociali sempre più complesse. Si sviluppa il commercio per via terrestre e marina. In relazione a tali trasformazioni, nel 1925 lo studioso australiano Gordon Childe elaborò per la prima volta il concetto di “rivoluzione neolitica”. Secondo questo autore, il processo di neolitizzazione si sarebbe sviluppato in modo abbastanza repentino, in alcune aree geografiche specifiche del Vicino Oriente a seguito di un periodo di forte crisi climatica e ambientale. Anche se oggi, grazie a una quantità di lavori portati avanti in particolar modo nella cosiddetta Mezzaluna Fertile e nei territori adiacenti, sappiamo con certezza che il processo di neolitizzazione fu lungo e progressivo (e non repentino come suggerito da Childe) e attraversò una serie di stadi durante i quali i rapporti fra le comunità umane e il mondo vegetale e animale si intensificarono costantemente sino a portare alla domesticazione completa di alcune specie, le tesi di Childe restano un capitolo fondamentale negli studi di preistoria moderna. È chiaro che tale processo poté svilupparsi solo in quelle regioni dove erano presenti gli elementi essenziali perché la nuova condizione potesse affermarsi: vale a dire in quei territori dove erano presenti in natura delle specie vegetali e animali potenzialmente domesticabili.