Il popolamento umano della Terra

popolazione La storia della popolazione

La consistenza della popolazione umana si misura con metro diverso a seconda dei differenti periodi storici: migliaia per l’era paleolitica, milioni per l’era neolitica, centinaia di milioni per l’inizio dell’era cristiana e miliardi per il periodo attuale. Forse il valore più incerto tra tutti è quello relativo alla dimensione della popolazione iniziale, quando l’uomo apparve per la prima volta, circa un milione di anni fa. Il paleolitico contava poche migliaia di uomini, che cominciarono a incrementarsi solo dopo l’evoluzione tecnologica e organizzativa portata dal neolitico. Una prima stima della popolazione mondiale si può fare per il periodo intorno al 7-8000 a.C., vale a dire da quando si data l’inizio dell’era agricola. La più frequente di diverse valutazioni è di circa 8 milioni. Si può quindi affermare che nei circa 990.000 anni (teorici) intercorrenti tra l’apparizione dell’uomo e l’inizio dell’attività agricola il tasso di incremento dell’umanità fu estremamente ridotto (meno di sette abitanti per ogni milione). Gli 8 milioni del 7-8000 a.C. divennero nel primo anno dell’era cristiana circa 300 milioni (punto centrale di una gamma di valutazioni oscillanti tra 200 e 400 milioni). Questo aumento corrisponde a un tasso di incremento medio annuo dello 0,4 per mille. Per tutto il primo millennio dell’era cristiana non ci furono fondamentali variazioni nell’ammontare della popolazione mondiale; oscillazioni di poco conto mantennero la consistenza attorno ai 250 milioni. Seguire l’evoluzione nel dettaglio continentale diventa possibile a partire dall’inizio del secondo millennio. Attorno all’anno 1000, la popolazione europea iniziò una fase di crescita destinata a durare tre secoli. Le notizie che abbiamo sono scarse e frammentarie ma servono a dare l’immagine di una solida crescita della popolazione, che passò da 30 a 74 milioni circa: chiaro segno di una grossa forza di espansione. Verso la fine del XIII secolo e gli inizi del XIV cominciò ad avvertirsi un rallentamento della fase di crescita. Le cause di tale fenomeno sono complesse, ma ciò che diede il colpo di grazia allo slancio positivo fu un evento devastante e di lunga durata prodottosi verso la metà del XIV secolo: la peste (epidemia). Essa provocò un netto declino del popolamento che sarebbe sceso di quasi 1/3 tra il 1340 e il 1400, per diminuire ulteriormente nella prima metà del secolo successivo, prima di iniziare un recupero che doveva riportare la popolazione ai livelli anteriori alla crisi solo verso la metà del XVII secolo. Nel secolo XVIII l’Europa entrò in una fase di trasformazione economica, demografica e sociale di grande importanza (rivoluzione industriale). Fu allora che mutarono radicalmente i fenomeni che regolano la crescita: nel giro di due secoli la natalità e la mortalità, generalmente molto elevate, si ridussero – secondo un processo definito “transizione demografica” – ai bassi valori che oggi conosciamo. Per “transizione demografica” s’intende un processo temporale di durata molto lunga (90-150 anni) che porta la popolazione da un regime di alta natalità e mortalità a un regime di bassa natalità e mortalità, in genere attraverso quattro fasi che vedono diminuire prima la mortalità e poi la natalità. Nel continente asiatico conobbero un importante sviluppo le popolazioni della Cina e del Giappone, le quali dopo avere passato fasi alterne nel primo millennio iniziarono ad aumentare con continuità. La Cina contava nel 1992 un miliardo e 200 milioni di abitanti; nell’anno 1000 erano 56 milioni, passati poi a 84 nel 1500 e a 415 nel 1900. Il Giappone aveva 4 milioni di abitanti nell’anno 1000, 10 nel 1500, 45 nel 1900 e 125 nel 1992. La popolazione dell’India rimase, invece, abbastanza stazionaria fino al 1800, successivamente anch’essa iniziò a incrementare. L’Africa ha certamente conosciuto dei periodi prosperi nell’antichità. Ciò è confermato dalle conoscenze che possediamo sull’Egitto e il Maghreb. Più difficile è esprimersi sul resto del continente. Più di due secoli e mezzo di tratta degli schiavi e di lotte tribali, seguiti dallo choc delle conquiste coloniali nella seconda metà del XIX secolo hanno sicuramente portato a una riduzione della popolazione. Attualmente, però, l’Africa sta vivendo una fase di crescita demografica estremamente rapida, spesso gravida di catastrofiche conseguenze. Nelle Americhe le conquiste europee ridussero quasi al nulla le popolazioni indigene. Dati abbastanza certi si hanno solo a partire dal XVI secolo. Per periodi anteriori si ipotizzano cifre tra i 20 e i 40 milioni attorno all’anno 1000 e 15-20 milioni per il 1750. Fino al 1750 l’incremento della popolazione mondiale è stato lento e abbastanza graduale con oscillazioni determinate essenzialmente dalle crisi di mortalità. In seguito è cominciata la vera fase di crescita. Dall’inizio dell’era volgare fino al 1750 la popolazione mondiale incrementò al tasso dello 0,56 per mille, aumentando di circa 500 milioni; dal 1750 al 1800 del 4,2 per mille, giungendo a un miliardo. Nel 1850 vi erano nel mondo 1,3 miliardi di persone e 1,6 miliardi nel 1900. Nel 1950 la popolazione mondiale era di 2,5 miliardi, valore che corrisponde a un tasso di incremento annuo dell’8,7 per mille nella prima metà del XX secolo. Gli ultimi dati delle Nazioni Unite fanno risultare pari a 5,9 miliardi la popolazione alla fine del 1997. Secondo le previsioni della World Bank saranno superati i 6 miliardi all’alba del terzo millennio. Appena altri vent’anni (2020) basteranno per arrivare a 8 miliardi. La prepotente crescita dei secoli XIX e XX ha ridotto drasticamente il tempo di raddoppio della popolazione. Rispetto alle migliaia di anni del passato, è bastato un secolo per duplicare l’ammontare del 1850; meno di quarant’anni, infine, ha impiegato il mondo per raddoppiare i 2,5 miliardi di abitanti del 1950. Nella storia della popolazione ha un importante rilievo l’enorme crescita delle città, che costituisce una caratteristica tipica dell’era moderna (urbanesimo). Le grandi metropoli sono da sempre appartenute al mondo europeo e ai paesi asiatici di storica civiltà (Cina, India, Giappone). Fino al XVIII secolo nessuna città aveva avvicinato la soglia del milione di abitanti. Nel 1900 il mondo contava quattro agglomerati con più di due milioni: Londra, New York, Parigi e Berlino. Oggi un centinaio di città superano tale soglia e ben 60 si trovano nei paesi meno sviluppati. Tokyo, Città del Messico e San Paolo arrivano a 20 milioni; Shanghai, Calcutta, Buenos Aires, Bombay, Seul e Rio de Janeiro si avviano ai 15 milioni, già superati da New York. Nel 1900 il 10% della popolazione del mondo viveva nelle città, nel 1990 il 47%. La popolazione urbana è passata dai 160 milioni del 1900 ai 2 miliardi e 300 milioni del 1990. Il XXI secolo vedrà emergere dei giganti demografici di più di 200 milioni di abitanti, cifra ora superata solamente da Cina, India, Comunità degli Stati Indipendenti (CSI) e Stati Uniti. Le previsioni per il 2025 portano la Cina e l’India attorno a 1,5 miliardi; a fianco delle potenze attuali emergeranno la Nigeria (340 milioni), l’Indonesia (250 milioni), il Brasile (250 milioni), il Bangladesh (220 milioni) e il Pakistan (210 milioni). Una popolazione raddoppiata di numero rispetto al presente è un’ipotesi verosimile per la fine del XXI secolo. [Mauro Reginato]