Le campagne di Germania durante il principato di Augusto

Augusto, Gaio Giulio Cesare Ottaviano

(Roma 63 a.C., † Nola 14 d.C.). Primo imperatore di Roma dal 27 a.C. al 14 d.C. A lui si deve la ristrutturazione dello stato repubblicano e la nuova organizzazione politico-costituzionale del principato. Dopo circa un secolo di guerre civili riportò a Roma pace e unità e diede avvio a un’epoca di prosperità e sviluppo. Originariamente chiamato Gaio Ottavio come il padre, ricco finanziere, e pronipote di Giulio Cesare per parte di madre, venne accolto, all’età di sedici anni, nel collegio dei Pontefici, quindi tentò, senza riuscirvi per motivi di salute, di seguire lo zio nella campagna in Spagna nel 46 a.C. Quando Cesare fu assassinato nel 44 a.C., si trovava in Illiria, dove era stato inviato in qualità di magister equitum, al seguito di Lepido, per preparare una spedizione militare in Oriente. Ritornato in Italia, apprese che Cesare l’aveva adottato, lasciandolo erede di gran parte del suo patrimonio. Di conseguenza assunse il nome di Gaio Giulio Cesare, a cui venne aggiunto l’appellativo di Ottaviano. Nella situazione di caos che l’uccisione di Cesare aveva determinato in Roma, Ottaviano si mostrò subito desideroso di vendicare il padre adottivo e di assumere in sua vece il controllo dello stato, divenendo in questo modo diretto concorrente di Marco Antonio. Dopo un periodo di schermaglie sia politiche sia militari fra i due, Ottaviano, che nel frattempo aveva ottenuto il consolato, fu il primo a rendersi conto dell’opportunità di arrivare a un accordo con il rivale. Alla fine del 43 a.C. fu stipulato fra Ottaviano, Antonio e Lepido un patto di governo a tre (secondo triumvirato), sancito da una legge apposita che prevedeva la divisione dell’impero in tre zone di influenza. Primo effetto del triumvirato furono massicce proscrizioni che portarono all’eliminazione di circa 300 senatori e 200 cavalieri, giudicati ostili dai triumviri. Fra le vittime di tale repressione vi fu anche Cicerone. Contemporaneamente Ottaviano e Antonio si prepararono a combattere in Oriente contro i cesaricidi Marco Giunio Bruto e Gaio Cassio. La guerra iniziò nell’estate del 42 a.C. e si concluse con la disfatta di Filippi in Macedonia, dopo la quale Bruto e Cassio si suicidarono. A partire dal 40 a.C. i triumviri procedettero a una nuova spartizione dello stato romano: a Ottaviano andò il controllo della maggior parte delle province occidentali; Antonio ebbe il dominio dell’Oriente, mentre a Lepido toccò l’Africa. Il patto trovò ulteriore sanzione nelle nozze fra Antonio e Ottavia, la sorella di Ottaviano. Nel 36 a.C., anche Sesto Pompeo, ultimo grande nemico sopravvissuto dei triumviri, venne eliminato. Subito dopo Ottaviano, mentre Antonio era impegnato a combattere i parti, provvide a esautorare ed esiliare Lepido. Lo scontro tra i due triumviri superstiti era imminente: nel 33 a.C. Antonio ripudiò Ottavia e si legò apertamente a Cleopatra, che Cesare aveva a suo tempo posto sul trono d’Egitto, mentre egli stesso andava assumendo in Oriente atteggiamenti da sovrano assoluto. Su ciò fece leva la propaganda di Ottaviano per ottenere l’appoggio del senato di Roma. Nella guerra che di lì a poco scoppiò, Ottaviano ebbe la meglio in una grande battaglia navale combattuta nel mar Ionio presso Azio, nel settembre del 31 a.C. Nel 29 a.C. Ottaviano ritornò a Roma in trionfo: all’età di 34 anni egli era l’unico padrone del mondo romano. Nel 27 a.C. il senato attribuì a Ottaviano l’appellativo onorifico-sacrale di “Augusto”. Accanto a tale titolo, che da allora in poi avrebbero assunto tutti gli imperatori romani, e al patronimico “figlio del dio Cesare”, Ottaviano non accettò altri appellativi oltre a quello di princeps, che già in passato era stato utilizzato per designare personaggi benemeriti dello stato. Iniziò allora l’attività di riforma di Augusto tesa a creare uno stato in cui, senza che venisse stravolto l’impianto istituzionale repubblicano, il potere fosse ridistribuito in una sorta di diarchia compromissoria fra il senato da una parte e Augusto stesso dall’altra. Nel medesimo anno 27 a.C. Augusto pose mano a una grande riforma amministrativa: delle 41 province che componevano l’impero quelle nelle quali era necessaria la presenza costante di truppe furono poste sotto il diretto controllo dell’imperatore. Le province già pacificate, prive di truppe, rimasero invece sotto il controllo del senato. Mediante tale riforma Augusto acquisiva di fatto il comando di tutto l’esercito, poi sancito nel 23 a.C. dall’attribuzione dell’imperium proconsulare maius, e non scontentava i senatori. Nello stesso 23 a.C. il principe assunse anche la tribunicia potestas, secondo cardine del suo potere; essa comportava l’attribuzione alla sua persona di tutte le prerogative proprie degli antichi tribuni della plebe: l’inviolabilità, diritto di veto, diritto di convocare il popolo in assemblea. Imperio proconsolare massimo e potestà tribunizia consentivano ad Augusto di dirigere lo stato da posizioni di forza, senza rivestire direttamente cariche magistratuali. Il nuovo ordinamento fu completato con il riassetto delle carriere pubbliche e degli uffici amministrativi centrali e provinciali. Egli procedette anche a una profonda trasformazione delle carriere senatoria ed equestre, concepita secondo il principio della suddivisione e del bilanciamento dei poteri. L’azione riformatrice e pacificatrice di Augusto determinò una forte ripresa economica e portò alla diffusione di un discreto benessere presso tutti i ceti. La pace – le imprese militari di Augusto furono estremamente limitate nel numero e comunque esterne ai confini romani – e altre realizzazioni di grande impatto psicologico su larghissimi strati dell’opinione pubblica, nonché l’azione propagandistica culturale e politica sostenuta dagli intellettuali al servizio del principe, aggregarono attorno ad Augusto un consenso sociale di proporzioni plebiscitarie. Egli morì nell’agosto del 14 d.C., a 76 anni, mentre si recava a Napoli per celebrare i giochi quinquennali. [Sergio Roda]