Democrazie e dittature in Europa

totalitarismo

Derivante dall’aggettivo “totalitario” – usato per la prima volta in Italia negli anni Venti per descrivere positivamente o negativamente le caratteristiche dello stato fascista – il totalitarismo è divenuto verso la metà del XX secolo una categoria ricorrente, anche se più volte contestata, del linguaggio ideologico e scientifico-politico. Il termine indica genericamente una dottrina e, nel contempo, un sistema politico e statale fondati sul principio di un unico momento direttivo autoritario capace di plasmare con mezzi dittatoriali di varia natura lo stato e la società, facendo venir meno ogni distinzione tra sfera pubblica e privata, e organizzando la totalità così ottenuta a sua difesa e perpetuazione. Se per alcuni autori esso costituisce una forma di dominio completamente nuovo, per altri avrebbe invece, nell’accezione di “dittatura totalitaria” (F. Neumann), significativi precedenti storici, indicati per esempio nell’antica Sparta e nell’impero romano dell’epoca di Diocleziano. Lo stesso dispotismo asiatico, nella ricostruzione di K.A. Wittfogel, era presentato come un “potere totale”. In epoca moderna avrebbe avuto tratti totalitari, secondo B. Moore, il regime teocratico di Calvino a Ginevra. Occorre perciò tener a mente che si tratta di un termine non sempre accettato senza riserve, sebbene si possa convenire sul fatto che ormai rappresenta una categoria interpretativa importante della scienza politica (con analogie, ma non coincidente, con dittatura e dispotismo), rivelatasi adatta all’analisi di alcuni regimi politici del XX secolo, in particolare il fascismo, il nazismo e lo stalinismo. A sostenere la “novità” del totalitarismo – in quanto forma di dominio aberrante e distruttiva delle capacità politiche dell’uomo e della società, propria soprattutto del nazismo e dello stalinismo – fu H. Arendt nelle Origini del totalitarismo (1951). C.J. Friedrich e Z. Brzezinski si proposero la sistematizzazione e l’allargamento del campo d’applicazione (al fascismo, al franchismo e a tutti i regimi comunisti orientali) del concetto di totalitarismo nella Dittatura totalitaria e autocrazia (1956). I connotati salienti del totalitarismo furono così identificati ed elencati: 1) ideologia ufficiale; 2) partito unico di massa guidato da un dittatore carismatico o espresso da un ristretto gruppo dirigente; 3) dirigismo economico; 4) controllo capillare poliziesco e terroristico della società; 5) monopolio assoluto delle leve tecnologiche e dell’informazione; 6) creazione di un nemico assoluto e permanente. Varie critiche furono mosse, soprattutto dall’intellettualità comunista, a tali teorie con lo scopo di mostrare le differenze esistenti nelle motivazioni e finalità ideali tra nazionalfascismo e comunismo. Al di là delle osservazioni più o meno pertinenti provenienti da più parti, resta il fatto che il totalitarismo contemporaneo, reso possibile dal concomitante verificarsi di condizioni di avanzata industrializzazione e sviluppo tecnologico all’interno di una società massificata e conformista che realizza le previsioni più pessimistiche di Tocqueville e di Weber, si è manifestato nella pienezza della sua fenomenologia soprattutto nei sistemi hitleriano e stalinista. J. Talmon (Le origini della democrazia totalitaria, 1952) ha fatto infine osservare che, pur partendo dallo scopo della realizzazione più radicale ed estensiva dell’ideale della democrazia, soprattutto in riferimento al suo aspetto sostanziale da inverare all’interno di un progetto di armonia globale e/o di entità collettive quali la nazione, si è registrato l’affermarsi di regimi di “democrazia totalitaria” che, in realtà, sono veri e propri totalitarismi, che della democrazia non conservano altro che il nome. [Corrado Malandrino]