I principali viaggi di esplorazione tra XV e XVI secolo

scoperte geografiche

Il concetto di “scoperta geografica” ha nella storiografia un significato relativo, non assoluto: non allude cioè al ritrovamento di terre prima disabitate dall’uomo, ma all’incontro con luoghi il più delle volte già popolati, per cui la scoperta è relativa al punto di vista del viaggiatore. Ancor oggi si fa risalire comunemente la scoperta dell’America al 1492, quando il continente era già abitato da antichissima data. Nella storiografia occidentale il concetto di scoperta è pertanto relativo all’orizzonte geografico della civiltà europea, a partire dalle sue origini greche. Le dimensioni del mondo si ampliarono continuamente, anche se con diversa intensità a seconda dei periodi, grazie ai viaggi e alle spedizioni legati a motivazioni commerciali, politiche, militari, talvolta religiose o puramente esplorative e scientifiche. Tra il secondo e il primo millennio a.C. i navigatori avevano messo in comunicazione le coste dei mari Mediterraneo, Nero e Rosso. I fenici avevano già superato le “colonne d’Ercole” dello stretto di Gibilterra e viaggiatori del primo millennio a.C. si avventurarono lungo le coste atlantiche dell’Africa. Le spedizioni di Alessandro Magno (IV secolo a.C.) aprirono un’era di viaggi che incrementarono le conoscenze dei continenti asiatico e africano (con frequenti navigazioni nell’Oceano Indiano). Negli stessi secoli spedizioni lungo le coste dell’Atlantico misero in contatto i popoli mediterranei con l’Europa settentrionale, che entrò pienamente nell’orizzonte europeo durante l’età romana. Nel medioevo i viaggi non cessarono, ma lasciarono scarse tracce, come quelli dei normanni, o arricchirono il patrimonio di altre civiltà, come la bizantina e l’araba, ma non dell’europea occidentale, economicamente e culturalmente chiusa. L’Europa occidentale riprese a viaggiare nel XIII secolo, quando i suoi commerci tornarono ad avere per orizzonte il mondo. Protagonisti del processo furono mercanti-viaggiatori come i genovesi Polo, che soggiornarono a lungo in Estremo Oriente. La stagione di viaggi più importante della storia fu quella dei secoli XV e XVI, che portò alla progressiva integrazione economica del mondo e costrinse la civiltà europea a rivedere, con un tormentato e contraddittorio processo, le proprie concezioni geografiche, cosmologiche, filosofiche e antropologiche. La ricerca di nuove rotte per i commerci con l’India e l’Estremo Oriente, regioni ricche di spezie, indusse i portoghesi, sollecitati e sorretti dal principe Enrico il Navigatore, a percorrere le coste atlantiche dell’Africa e a riprendere l’idea dei fratelli genovesi Vivaldi (XIII secolo) di tentare la circumnavigazione del continente. Stimoli non meno importanti a tali esplorazioni provennero dalla ricerca di oro, schiavi e terre adatte (come le già note Canarie) a colture specializzate (zucchero, vino speziato). Il contributo finanziario del principe Enrico fu determinante per sostenere l’alto costo delle spedizioni e per consentire il progresso tecnico necessario a simili imprese, che richiedevano vascelli efficienti (come le nuove caravelle), buone conoscenze astronomiche e tecniche avanzate (come la “navigazione a bolina” per andare in direzione contraria ai forti venti africani). Il sostegno del potere politico ai mercanti-navigatori fu indispensabile, perché agli altissimi costi non corrispondeva un’immediata remuneratività. Dopo le scoperte delle isole del Capo Verde, del golfo di Guinea e dell’estuario del Congo, nel 1487 Bartolomeo Diaz doppiò il Capo di Buona Speranza e nel 1497-99 Vasco de Gama proseguì nell’Oceano Indiano fino a Calicut, in India, aprendo una nuova rotta commerciale di enorme importanza per la successiva storia dell’economia. Nel 1492 Cristoforo Colombo, con le tre caravelle (Niña, Pinta e Santa Maria) messegli a disposizione dalla corona spagnola, provò a mettere in pratica la teoria di Paolo Dal Pozzo Toscanelli che l’Asia fosse rapidamente raggiungibile navigando in direzione occidentale. Il viaggio approdò nell’arcipelago delle Bahama, nell’isola che Colombo, convinto di essere arrivato in Giappone, chiamò San Salvador. Fu l’inconsapevole scoperta, per la civiltà europea (che non conservava traccia dei viaggi dei vichinghi in Nordamerica del X secolo), di un nuovo continente, dal 1507 chiamato (su proposta del cartografo tedesco Martin Waldseemüller) “America”, in onore di Amerigo Vespucci, il quale con i suoi viaggi capì per primo di non aver a che fare con l’Asia, ma con una terra sconosciuta. I viaggi di Colombo inaugurarono un’intensa stagione di esplorazioni nel nuovo continente. Nel 1497 il veneziano Giovanni Caboto scoprì Terranova e le coste dell’America del nord. Nel 1500 il portoghese Cabral sfiorò casualmente le coste del Brasile. Nel 1519 Fernando Magellano, portoghese al servizio della Spagna, guidò la spedizione che compì per la prima volta nella storia la circumnavigazione del globo (nel 1522, dopo che Magellano era morto nel 1521 nelle Filippine), superando il continente americano da sud, dalla Terra del Fuoco. Fu Magellano a chiamare Pacifico l’oceano che separa l’America dall’Asia. Nel 1523 il fiorentino Giovanni da Verrazzano raggiunse la baia di New York e nel 1534 il francese Jacques Cartier quella di San Lorenzo. Alla scoperta seguì la conquista e la colonizzazione, che sottomise per secoli l’America latina alla penisola iberica (soprattutto alla Spagna) in uno spietato sfruttamento incurante degli enormi costi pagati dalla popolazione autoctona, vittima di una sorta di genocidio. Anche l’Asia fu sottoposta, dove possibile, alla conquista coloniale o a forme di sfruttamento commerciale da parte prima dei portoghesi, poi di olandesi, inglesi e francesi (colonialismo). Nei secoli successivi (XVI-XVIII) furono esplorati sia l’interno del nuovo continente, a opera di avventurieri, conquistatori, missionari e commercianti delle principali potenze europee, sia le regioni ancora sconosciute dell’Asia (la Siberia fino allo stretto che prende il nome dal danese Bering, che l’attraversò nel 1728 su incarico dello zar di Russia Pietro il Grande; il Giappone). Viaggi estremamente avventurosi permisero la scoperta dei numerosi arcipelaghi del Pacifico e dell’ultimo continente sconosciuto, l’Oceania. Nel XVII secolo gli olandesi Janszoon, Hartogszoon e soprattutto Tasman (che diede il nome alla Tasmania) raggiunsero l’Australia e la Nuova Zelanda, che però non ritennero interessanti per uno sfruttamento economico. Furono gli inglesi che, alla fine del XVIII secolo, in seguito alle tre spedizioni di James Cook, avviarono l’esplorazione e la colonizzazione del continente oceanico, destinato al principio a essere una colonia penale britannica. Dal XVIII al XX secolo si ebbero ancora le esplorazioni dell’interno dell’Africa, seguite da un intensissimo sfruttamento economico e dominio imperialistico da parte delle potenze europee, e delle regioni artica e antartica.